
Amo da sempre la letteratura perché, come diceva Antonio Tabucchi, è ” qualcosa che coinvolge i desideri, i sogni e la fantasia “.
Ricordo quanto mi colpì, anni fa, il titolo di un suo romanzo, “La testa perduta di Damasco Monteiro”, con quella testa che sembra vagare in ogni dove.
Divenni sua assidua lettrice incontrando ancora un Monteiro, questa volta un Monteiro Rossi, in quel libro di rinascita che è “Sostiene Pereira”, in cui il ripetitivo astio per l’intera storia, appunto sostenendoti.
Mi incuriosì poi molto quanto Tabucchi ha pensato e tradotto e scritto Fernando Pessoa, al punto da averne segnato l’amore per Lisbona. E così iniziai, per interposto scrittore, ad amare gli eteronimi in cui scriviamo Pessoa e quella città così bianca e decadente che è Lisboa.
Quando arriva a Lisbona, il suo “Requiem”, prezioso e incantato viatico per aggirarsi senza tempo tra i vicoli abbaglianti della città del Fado.
I suoi ultimi libri mi sono poi venuti incontro come segni invitanti per il mio percorso, da “Il tempo invecchiato in fretta” a “Viaggi e altri viaggi”. Con quella sua scrittura unica, immaginifica e incantatrice sempre.
Stavo per avviarmi alla scoperta di quel suo piccolo libretto edito dalla Sellerio, “Racconti con figure”, in cui ogni storia è preceduta da un quadro che ne è spunto o pretesto. Leggerlo ora assumerà una sfumatura diversa. Mi verrà più spesso in mente una frase del suo romanzo: ” Le persone sono lontane quando ci sono accanto, figurarsi quando sono lontane davvero. “
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