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Posts Tagged ‘felicità’

Tergiverso, prendo tempo, rimando.

Perché scrivere di Raffaella Carrà al passato mi risulta alquanto difficile e doloroso. Farlo implica infatti tagliare il filo del palloncino colorato che mi lega al tempo della spensieratezza inconsapevole. Quello in cui bambina (ne avevo già scritto) ripetevo fino allo sfinimento, insieme a mia sorella, i passi dei suoi balletti, sperando che anche il mio caschetto tornasse subito a posto come il suo firmato Vergottini. E le sue canzoni sprigionavano immediatamente bollicine di felicità istantanea. Da bambina, da ragazza, da adulta. Fino all’altro ieri, a quella notizia-pugno che ti stende il cuore a terra e i pensieri volano altrove cercando di trattenere quanto è stato.

Sarà arduo sentire ancora il frizzo delle bollicine aprendo una di quelle mitiche “lattine” di Raffaella Carrà, in cui energia inesauribile e gioia sincera ti arrivavano dentro in modo talmente vigoroso da contagiarti, regalandoti appunto l’ebbrezza di una felicità immediata.

Grazie Raffaella, per i doni che ci hai fatto, per la leggerezza che hai emanato. La terra non può che esserti lieve.

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Hanno appena compiuto settant’anni i Peanuts, le “noccioline” di Charles Schulz. E non li dimostrano. Forse perché ritroviamo nelle loro intuizioni e debolezze quelle di tutti noi.

Come intuì Umberto Eco nel 1963 all’uscita della prima raccolta italiana delle strisce di Schulz: “Il mondo dei Peanuts è un microcosmo, una piccola commedia umana sia per il lettore candido che per quello sofisticato.”

E i lettori, tutti, si riconoscono nella necessità di avere “la coperta di Linus”, appoggiata ad una gota, per lenire malinconie e insicurezze. Ritornando poi, confortati, a camminare per il mondo.

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A volte la felicità, oltre ad essere una piccola cosa, è rivedersi felici.

Magari in una foto, in cui si era bambini, e spensieratamente leggeri e felici. Senza averne consapevolezza. Che c’è mentre si riguarda quella foto nel presente. E per brevi istanti, pur non ricordando, attraverso insondabili vasi comunicanti si è nuovamente felici. Dell’esserlo stati. Grati a chi tanto ci ha permesso.

A me succede con una foto di montagna in cui, due anni e tanti punti di domanda, sono in braccio a mio papà e sono felice. Chissà cosa scatenò quel mio sorriso pieno. Comunque, a rivedere quel mio stato, in modo misterioso io sorrido nuovamente. Grata al mio papà di aver reso eterno un momento di grazia.

Frammento affettuoso a cui sometimes ritorno. Per ricordarmi quale mondo mi girava intorno…

A papà Sergio e a quel tempo azzurro

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Il primo bagno marino di stagione  è come la prima sorsata di birra.

Il resto della bottiglia è piacevole, ma è l’inizio a ricordarci la felicità minima e quasi infinita, seppur fuggevole, delle piccole cose.

Così il primo ri-contatto con l’acqua salata. Gioia in effervescenza. Forse per l’inconsapevole traccia mnestica dell’ambiente primigenio.

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Ah, il primo bagno di stagione…

Mi sono sentita come una tartaruga marina che torna nel suo equoreo elemento dopo un periodo, sempre troppo lungo, di forzata cattività sulla terraferma.

Felice, semplicemente. In profondità di me.

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“Hygge” è tra le parole trendy dell’anno.

Praticamente intraducibile, questo termine danese rimanda alla felicità. O meglio, alla chiave per accedervi.

Fatta di benessere, atmosfera, calore, intimità, comfort, armonia, condivisione. Concetti che prendono forma attraverso oggetti concreti: dalla luce calda delle candele al profumo goloso dei dolci, dal piacere di una conversazione intima al calore di una coperta di lana, dal conforto di una zuppa calda al benessere dato dagli oggetti in legno. Tutto vissuto in semplicità e presenza.

Parola di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen, che ha passato anni a studiare la magia della vita danese e che ora ci regala in un libro alcuni pratici consigli per avviarci ad un’esistenza hygge. Ovvero più confortevole. Quindi più felice.

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Perché questa canzone piace tanto, diventando il tormentone musicale dell’estate 2017?

Il ritmo è accattivante, ma sono i giochi di parole il marchio vincente di fabbrica Gabbani.

L’enigmistica è già nel titolo col cambio di vocale, granite/granate, ovvero il nostro liquido tempo che inghiotte tutto in un informe blob.

E la citazione dantesca del “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, dopo aver detto che siamo “In fuga dall’Inferno”, è strepitosa.

Nel ritornello poi il gioco continua tra la stagione “estate” e l’interrogativo/imperativo “state”.

Questa è “Antologia della vacanza intelligente”, in cui “non partiamo mai, ci allontaniamo solo un po’ ” ,”non andiamo mai oltre le nostre suole”.

Il succo della vacanza nel pensiero “gabbano”? “Dietro le spalle, un morso di felicità / Davanti il tuo ritorno alla normalità”.

Allegro, sincero. Ma si respira aria di fine impero.

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Ieri sott’acqua ho visto, quasi per caso, due pesciolini che sul fondo sabbioso giocavano a rincorrersi facendo girotondo.

Zampillavano a rimpiattino umani sentimenti: spensieratezza, gioia, leggerezza. Con un brindisi naturale di bollicine salate.

E io, di nascosto, a spiare quella semplice felicità. Con un brindisi adorante di limitate bollicine mie.

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E’ un libricino leggero leggero. Di misura e di pensiero. Acquatico-filosofico. Chi ama l’arte del nuoto e dell’immersione si riconosce. Per gli altri è fresca scoperta. A tutti regala quel volo ebbro ed elegante del tuffatore di Paestum che campeggia in copertina.

Un uomo che l’artista aveva fermato a mezz’aria, mentre sta per entrare in quel meraviglioso elemento di cui siamo fatti. L’acqua che leviga corpo e pensieri. In modo primordiale, non complesso. Perché, come ci ricorda l’autrice filosofa Carola Barbero citando Jean-Claude Izzo, “di fronte al mare la felicità è un’idea semplice”.

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Da qualche giorno il mio risveglio mattutino beneficia della lieta compagnia dei primi voli dei rondinini.

Garruli, come solo chi respira la spensieratezza.

Spericolati, come solo chi sperimenta la vita.

Felici, come solo chi incontra la libertà.

E così per qualche frame, attraverso un interposto strumento, sbatto le ali anch’io.

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