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Posts Tagged ‘etica’

Accade di rado che un libro ci sposti da dove siamo, ma quando succede è festa per i propri interni circuiti.

Non è sufficiente che la storia sia avvincente e scritta bene. Per spostarti un libro deve raccontarti qualcosa che metta in discussione il tuo “centro di gravità permanente”, regalandoti nuove possibilità di comportamento o anche solo di visione.

“Eleanor Oliphant sta benissimo” di Gail Honeyman è uno di questi libri, rari, che compiono il miracolo di “spostarti”, ricentrandoti attraverso nuove coordinate di viaggio. Ma in senso concreto, per e con i passi di ogni giorno intorno al mondo, anche quello piccolo, concentrico a noi.

Storia magmatica e fagocitante quella di Eleanor, per cui già dalle prime righe la odori, la respiri, la tocchi. E sei con lei in ufficio, per strada, in casa. Fastidiata con lei, incalzante come lei, protettiva per lei.

Il resto sta intorno. A lei, a chi legge, a cosa siamo diventati. All’apparenza senza possibilità di vasi comunicanti. Anche se è sufficiente un singolo ed inaspettato evento perché tutto possa essere posto in discussione. Attraverso spaesamento e gentilezza. Due parole oggi poco usate, forse perché agli antipodi delle certezze e delle prepotenze del mondo nuovo 2.0.

Vi auguro che Eleanor Oliphant, indubitabilmente mia amica, diventi anche amica vostra. Spostandovi irrimediabilmente.

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La firma del regista, Clint Eastwood, si sente, più potente che mai. Nell’attenzione per la fotografia e il montaggio, ma soprattutto per la scelta della storia, vera, e il taglio impresso, realistico. Magistrali poi le interpretazioni, da Paul Walter Hauser, un candido quasi sprovveduto Richard Jewell, a Kathy Bates,  sua toccante “madre coraggio”.

Eppure sono le implicazioni etiche a guidarci nel racconto, tra informazione manipolata, macchina del fango, processo sommario. E un comportamento umano che può diventare miserrimo.

“Richard Jewell”, è un uomo semplice, a tratti ingenuo, dedito a svolgere il proprio dovere, quello di vigilanza della pubblica sicurezza. Durante un concerto per le Olimpiadi di Atlanta del 1996, Richard si accorge di uno zaino sospetto e grazie al suo intervento l’esito dell’esplosione è contenuto seppur tragico. Un eroe per tutti, da subito. Ma c’è bisogno di un colpevole, e invece di cercare sembra più facile fabbricare prove su Jewell. Che nella sua purezza viene quasi stritolato dal sistema, il “pesce vorace” verghiano. Sistema a cui si oppone un avvocato indipendente e coraggioso per tentare di salvare Richard Jewell dalle infamanti accuse, colpevole solo di aver fatto il proprio dovere, senza voltarsi dall’altra parte.

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Un gioiellino del cinema spagnolo.

Un meccanismo perfetto e del tutto inaspettato. Un thriller alla Hitchcock, con una storia alla Patricia Highsmith. Un intreccio che sembra qualcosa, ma anche l’esatto contrario. Dipende dal punto di vista. E dalla bravura dimostrativa di un avvocato. Sembra una caccia al tesoro. In realtà è una corsa alla verità. Con l’etica che grida vendetta. E vince. Nonostante tutto.

Perché un contrattempo porta con sé una cascata di eventi. E non è quasi mai un semplice contrattempo.

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La scelta di Papa Francesco di rinunciare alla tenuta di Castel Gandolfo quale luogo di residenza papale estiva, alias di vacanza, è un po’ più di una notizia. Non essendo mai accaduto prima, è di portata storica.

E pur già abituati alle “prime” volte di Francesco (residenza in Santa Marta, desco condiviso, utilitaria pro berlina), la scelta è spiazzante per la simbologia che ne consegue.

Il Papa non ha necessità di residenza estiva perché non fa vacanza. O meglio non ci va. Perché, mentre noi mortali abbiamo urgenza di “mancare”-vacare sottraendoci sometimes all’obbligo del quotidiano e del dovere, il Pontefice è di continuo nel ruolo assegnatogli dall’Alto. Egli non può essere in vacanza, perché non può “mancare” agli uomini in nessun momento.

Notevole lezione. Persino più etica che teologica. Con buona pace del Pope di Sorrentino.

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E’ stato un pezzo d’Italia, Ettore Scola.

E non solo per un tipo di cinema davvero superlativo. Bensì per una narrazione particolare, come quella sua “Giornata”, capace di raccontare e vedere ad ampio raggio la storia italiana nel secolo breve. In fondo la storia di una “Famiglia” in cui ci si è “Tanto amati”. E dove anche “Ballando, ballando” si diventa grandi.

Con la Poesia per colonna sonora e l’Etica quale bussola di cammino.

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Nei giorni in cui spopola la parola “Scuola”, chi ci lavora cerca di capire il “piatto” che sta per essere cucinato.

Già, perché lo stesso slogan adottato dal governo odora alquanto di ristorante da gourmet. Chissà se poi all’assaggio si rivelerà tale.

La riflessione si scatena proprio da quell’aggettivo “buona”, che linguisticamente presenta tre possibili declinazioni. Il concetto di “buono” si può infatti associare al gusto, o all’etica o alla resa. Un elemento può infatti essere “buono” al palato, oppure “caritatevole” verso gli altri, o ancora “economico” nei risultati.

E dopo le prime indiscrezioni sul Ddl del governo intorno alla scuola, il timore, tra Presidi manager e bilanci aziendali e offerte strategiche, è che sia chiaro il significato dell’aggettivo “buona”. Una “buona” scuola sembra per ora dover assomigliare ad una “scuola-azienda” in cui alcune parole, da relazione a comprensione, da ascolto a curiosità, da dialogo a responsabilità, cioè parole da sempre fondamentali nell’educazione, rischiano di dover sbiadire sullo sfondo. Di un declinante orizzonte.

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Auguri a Brigitte Bardot, icona di sensualità e bellezza descritta con abile maestria ed incondizionato amore dal regista Roger Vadim, suo mentore e primo marito, in quel film Et Dieu… créa la femme che scomodò la divinità per giustificare un simile dono per la Terra.

Se ci soffermiamo sull’operato di un tale Dio non si può che pensarlo un Dio Estetico, quindi ingiusto. Ovvero non etico.

Poi però, colpo di mano e di scena, improvvisamente B.B. lascia il mondo di celluloide per entrare, restandoci, in quello animale, divenendo fattivamente paladina di quel regno.

E’ allora, in quel gesto della donna Brigitte Bardot, che consegna i panni dell’icona sexy ai posteri, che possiamo scorgere il Segno di un Dio che è anche e sempre, coi tempi Suoi si intende, Etico.

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L’uovo è semplicemente perfetto. Quindi bello.

Perché anche buono.

Etica ed estetica che stanno bene insieme.

Ps: Dovremmo ricordarci più spesso delle unioni ben congegnate.

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Vedere questo documentario realizzato dall’ex direttore dell’ Economist Bill Emmott e da Annalisa Piras è come assistere in velocità agli ultimi vent’anni dell’Italia. Anni che hanno visto questa bella e capace girlfriend di tutti noi preda di mani sporche, pensieri disonesti, azioni delittuose. Fino all’attuale coma in cui versa.

E’ triste vedere, fotogramma per fotogramma, respiro per respiro, quanto oltraggio abbia subìto e subisca il nostro Paese. Da manovalanza malavitosa e da stanze di potere colluse, da burocrazia elefantiaca e da immobilismo atavico a riconoscere talenti e capacità a chi non appartiene a caste-lobbies-corporazioni e a chi agisce civilmente per interessi posti oltre la propria bottega.

Perché siamo così spaventosamente scesi nelle graduatorie mondiali di merito? Perché il nostro patrimonio sociale-artistico-culturale l’abbiamo dato per scontato fino a dimenticarcelo? E perché l’etica è diventata parole straniera?

Dopo aver visto questo potente e drammatico j’accuse, atto d’amore di uno straniero verso la penisola bella, da italiano senti di non dover cedere, non ora. Ora che la nostra girlfriend ha bisogno delle forze, ancorché residue, di ciascuno di noi. Affinché possa riprendersi, ma anche perché nessuno osi violarla mentre è così sofferente. Del resto, sarebbe atto di turpe vigliaccheria voler approfittare di una nave senza nocchiere in gran tempesta.

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A sessant’anni dalla sua scomparsa resta un faro nella nebbia che avvolge sempre più tutti noi.

Penso in particolare ad una sua riflessione: “L’etica è l’estetica di dentro“.

Forse da qui si dovrebbe ricominciare.

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