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Posts Tagged ‘docenti’

Il “disco” comincia a risuonare, sempre uguale e ormai desueto, nell’ultima settimana di scuola. Ripetendosi poi, vero tormentone estivo, per tutta la stagione caliente. “Che pacchia, adesso per voi docenti cominciano tre mesi di vacanza! Beati voi!“.

Ricominciamo.

1. Se tanto piace, perché non farlo? Accomodatevi, con tanti cari auguri, soprattutto per la tenuta fisica e la stabilità mentale. Specie in tempo post-pandemico, in cui la slatentizzazione di fragilità e aggressività pregresse è ormai elemento noto e dimostrato. Spesso sulla pelle, e non in senso figurato, dei docenti.

2. Tra chiusura dell’anno scolastico, scrutini, incontri coi genitori, supporto agli studenti, collegi docenti, varie ed eventuali, scorre via come un fiume in piena il bel mese di giugno. E fortuna che le giornate sono lunghe (oltreché calde, quando non torride) così c’è tutto il tempo per espletare le pratiche burocratiche, dai programmi svolti alle relazioni sulle classi. Qualche piacevole ricorso su una o più bocciature non manca mai, anzi ora lo si fa anche per le materie date in debito da colmare nei mesi estivi. Del resto perché i ragazzi dovrebbero assumersi le proprie responsabilità su quanto non studiato o non compreso, quando anche gli adulti sono ormai in continua sottrazione a riguardo?

3. E siamo a luglio, mese in cui l’Esame di Stato (la “vecchia” maturità, sob!) giunge al suo apice di calore con gli orali che, va ricordato a chi punta a tale “privilegiato” lavoro, non prevede alcuna aria condizionata negli ambienti preposti all’espletamento degli stessi. Eppure i docenti, secondo la vulgata corrente, nei giorni più afosi di luglio sono in vacanza. Già, ma non tutti, si sente replicare, sono impegnati negli Esami di Stato. Vero, lo sono però per i corsi di recupero estivi, o per l’ultima intuizione del Ministero, il “Piano Scuola Estate” attivo da giugno a settembre, per rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari, sostegno della relazionalità, etc. Con buona pace di chi invidia l’estate lunga dei professori.

3. Giungiamo così al mese di agosto, in cui lo sfinito e ormai boccheggiante prof ha diritto, come tutti per legge, ai suoi giorni di “ferie”, non propriamente “vacanza”. Perché l’insegnante (che lamentazione però…) non dimentica mai il proprio lavoro/missione, e i suoi studenti restano, come è naturale e auspicabile, nella sua testa e nel suo cuore. A volte anche nelle sue mail, perché quando lo studente scrive, anche d’estate, il prof c’è, si sa. Per un consiglio, uno sfogo, un dubbio. Su un libro, un amore, un dolore. E comunque, tra una nuotata e un tramonto, il prof comincia a prefigurarsi l’anno che verrà, i percorsi didattici che affronterà coi “suoi” studenti. E già pensa a quanto “la bella estate” li avrà cambiati. Consegnandoli a settembre al prof, in parte nuovi, ma ancora “suoi”.

Se a qualcuno sembrano ancora tre mesi di “vacanza”, è utile forse ricordare che “vacare” vuol dire “mancare al consueto”, “sottrarsi al quotidiano”. Difficile per un docente, perché la “scuola” resta con lui comunque. Anche d’estate.

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E così riapre in presenza la scuola (superiore, l’altra lo è quasi sempre stata). Più per partito preso che per completa convinzione. Così almeno appare.

Riunioni infinite, convocazioni urgenti, decreti governativi e sentenze di Tar, ordini e contro ordini, forse sì forse no. E alla fine si va in scena. O meglio, dopo che gli impresari hanno deciso ora tocca ai teatranti: studenti, docenti, operatori scolastici. In nuova ondata pandemica con diverse varianti del virus ad allarmare. Chissà se anche in completa sicurezza.

Dipenderà da quanto succede nei trasporti e nelle attività extrascolastiche, dicono. Ma anche da quanto accade nelle scuole, all’interno delle aule, dico. Perché la maggior parte delle scuole vedrà sì nell’edificio il 50% delle classi, ma nelle singole aule il 100% degli studenti. Stanze per la maggior parte piccole e poco aerabili, anche per la stagione fredda.

A tal proposito, chiedendo ad una mia collega “cosa faremo con le finestre?”, le ho scritto “cosa faremo con le ginestre?”. Lapsus leopardiano, predittivo della mia/nostra voglia di natura versus chiusura.

Che poi proprio la ginestra, simbolo di resistenza, si sia affacciata al davanzale del mio inconscio, lo rende un lapsus al quadrato…

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Felice Casorati, “Gli scolari” – 1927/1928

La scuola oggi ricomincia. Tutto pronto? Tutto a posto? Mah…

Dipende dalle regioni, dipende dalle singole scuole, dipende dalle regole applicate.

C’è infatti chi comincia oggi, chi ha già cominciato, chi posticipa le lezioni a dopo le elezioni, e chi pone in dubbio l’inizio anche dopo il suffragio.

Ci sono poi scuole con tutti gli studenti in presenza (e il distanziamento si fa minimo, replicando come sempre la classe pollaio), altre con i doppi turni (ma i docenti non sono raddoppiati), altre ancora con didattica mista (invece che “didattica a distanza” si chiama “didattica digitale integrata”).

Ancora, a proposito di uniformità nazionale, c’è il dilemma temperatura (a casa e registrata su diario o a scuola con termoscanner), il ruolo della mascherina (sempre e ovunque, oppure solo fuori banco e in movimento), il rebus ingressi (tutti insieme da accessi diversi o scaglionati da un unico portone).

Per tacere dei docenti, in numero minore rispetto all’effettivo bisogno, preoccupati perché in fondo alle preoccupazioni del ministero, sfiduciati per la scarsa considerazione del Paese. Nonostante abbiano continuato ad istruire, educare, sostenere gli studenti anche in lockdown, anche a distanza, anche in vacanza.

Tanto che, nonostante tutto, saranno ai nastri di partenza come sempre, col sorriso che quasi per magia ricompare nei loro occhi in prossimità degli allievi. Anche quando provano a piegarli. È il caso dei docenti fragili che per il ministero non hanno altra opzione che essere dichiarati temporaneamente “inidonei” alla mansione (neanche fossero sovversivi o psicopatici) ed essere ricollocati in archivio o in segreteria, oppure continuare ad essere definiti “idonei” quali sono e andare comunque in classe, con una mascherina più filtrante (e meno aerante per parlare), ma rischiando un po’ di più di tutti gli altri.

La scuola oggi ricomincia. Tutto pronto? Tutto a posto? Mah…

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Scuola, su cosa sorvolare?

Forse sui nuovi banchi con le rotelle. Anche se… Davvero gli adolescenti con quelle ruote staranno immobili? E si è già pensato a come smaltire una catasta imponente di vecchi banchi, che nel frattempo occupano spazio, di questi tempi tanto agognato?

Potremmo forse glissare su chi controlla che cosa. La temperatura corporea sembra destinata a diventare affare di famiglia. E la mascherina col naso allegramente esposto, vezzo ormai largamente diffuso, andrà sanzionata interrompendo in modo metrico ogni tentativo di lezione? E il ricambio d’aria sarà garantito nonostante le lamentele dei discenti che hanno sempre freddo anche quando l’aria interna all’aula è asfittica e maleodorante?

Ma sono quisquilie, si può procedere su cose più serie. Forse sul numero alto di persone che si incroceranno sul trasporto pubblico tra le 8 e le 9 del mattino, rendendo una barzelletta il distanziamento sociale? Del resto ci siamo già allenati sui treni regionali di pendolari e vacanzieri.

Arrivo a dire che ormai faccio finta di nulla persino quando il Gotha televisivo, giornalisti politici e soloni vari, parla degli otto milioni di studenti che devono essere in sicurezza, dimenticandosi di altri due milioni di persone, docenti e personale scolastico, che di quei ragazzi si occupa materialmente.

Su cosa però non posso fare finta che “tutto va ben, tutto va ben”, è quando risento dire per l’ennesima volta che “in Italia dal 5 marzo non si sono più fatte lezioni”. A parte che le lezioni si tengono e non si fanno, perché nessuna trasmissione giornalistica ha la decenza di sentire la voce di qualche docente? Ma voi che pontificate sul tutto e sul nulla, dove eravate in quelle mattine in cui, attraverso le lezioni, a distanza solo per i devices usati, con i miei studenti si cercava di leggere la fatica virale del mondo, analizzando tracce del dramma attraverso testi antichi e parole che fungessero da nuova mappa? E che dire delle notti, in cui le mail di questi adolescenti mi giungevano con quel carico pesante di ansia, paura, dolore? Dove eravate quando quegli stessi ragazzi si preparavano con scrupolo e profondità al loro esame di stato in epoca Covid19?

E anche se, come dice Pessoa, “il poeta è un gran fingitore“, quando vi sento parlare della scuola non riesco più a far finta che tutto vada bene.

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abbecedario A

Voglio dimenticare tutte le parole politiche e demagogiche sulla scuola. Almeno per oggi, prima campanella dell’anno.

Voglio invece portare con me, nelle mie classi, quella gioiosa curiosità che aveva caratterizzato il mio primo incontro, a sei anni, con la scuola. E con quelle lettere che già allora mi affascinavano, pur non essendo ancora consapevole del valore di cui fossero portatrici. Dipendentemente però dal loro comporsi, diventando parole. Forma e contenuto in cammino. Con la possibilità di conoscere così mondi nuovi. Sguardo sul mondo, mano al pensiero.

Buon anno scolastico!

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