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Posts Tagged ‘dizionario’

Già con la copertina si può giocare alle libere associazioni. Guardandola infatti pensi ad un oggetto familiare che però non riesci immediatamente ad individuare. Ma che senti far parte delle cose passate, alias perdute.

Cominci poi a sfogliare a caso questo libretto e inciampi nella “maglia di lana”, per le mamme di un tempo obbligatoria sempre (“Quello che tiene il freddo tiene anche il caldo“), nel “dentifricio”, non quello odierno di plastica indeformabile (“Il tubetto di una volta si schiacciava e lo arrotolavi come un tubetto di colore da pittore“), nel “lattaio”, figura ormai estinta (“Nel suo negozio uno andava con la bottiglia e acquistava il latte“), nella “siringa”, l’antenata della Pic indolor (“Erano di vetro, grosse, e l’ago era di ferro. Messe dentro un’apposita scatoletta venivano fatte bollire“).

Un viaggio in solaio la lettura di queste pagine di Francesco Guccini, che riesce a ricreare l’atmosfera di un tempo lontano, come in certe sue canzoni. E se per diverse di queste “perdute cose” ero troppo piccola per farle mie, qualche frammento di ricordo mi è riapparso. In particolare ho avuto la mia “madeleine” di fronte al racconto di giochi persi, quali “shangai e pulce”: “giochi da giornate piovose. Semplici bacchettine che stringevi fra le mani, li lasciavi cadere sul tavolo e dovevi riuscire a estrarli dal mucchio disordinato uno alla volta, senza che nessuno degli altri si muovesse di un micron. Pulce era un gioco da bambine, le quali oggi, da ex bambine, si illuminano ancora d’immenso al ricordo“. Così è successo a me, rivedendomi tra bastoncini e dischetti a divertirmi con poco in giornate di pioggia. Solo atmosferica.

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Il Libro

“Dizionario affettivo della lingua italiana” – Fandango (2008)

Dapprima ti attira il cuore della copertina. Poi al secondo sguardo ti rendi conto che si tratta di un cuore di vocabolario, e lo associ per conseguenza immediata al titolo che solo a questo punto leggi, “Dizionario affettivo della lingua italiana”. E scopri che si tratta di un viaggio d’amore tra le parole, compiuto da chi maggiormente le frequenta, gli scrittori, da Camilleri a De Luca, da Avoledo a Serra, da Scarpa a Starnone, per citarne alcuni.

Libro da sfogliare o consultare, come ogni dizionario. Io, aprendo a caso, sono planata su “tuffo“: “Sembra piccola cosa e invece, se ben fatto, può procurare insolite, imprevedibili, straordinarie sensazioni e capovolgimenti“. A quel punto non mi sono più fermata, e ho cominciato a nuotare in un mare di parole, seguendo la scia di quelle da me già amate, amandole ancora di più, da “anima” (“apre nuove vie, pervade, esplora“) a “cura” (“parola di scoperte e di avventure intimissime“), da “invece” (“la meraviglia delle situazioni inaspettate“) a “nonostante” (“credo riassuma un po’ tutta la vita e tutto quello che facciamo“), da “silenzio” (“mi piace il silenzio della notte, quando basta la mia mano sul profilo del tuo corpo a darmi pace“) ad “orizzonte” (“era l’onda degli ulivi che si perdeva, verso nord-ovest, nel biancheggiare di piccoli paesi“).

Definizioni brevi e mai scontate della parola amata da ogni scrittore. Come quella di Gemma Gaetani che mi ha letteralmente folgorato con la sua scelta, “vocabolario“, perché non è una definizione linguistica ma una dichiarazione per il suo uomo, il cui nome di battesimo sta, come il suo, nel vocabolario. Non potendo vedere spesso il suo uomo (“io lo amo da lontano, senza mondo, senza niente“), il suo lemma “gemma” di notte scavalca tutte le altre parole e attraverso le pagine raggiunge il nome di quest’uomo (“per stringersi a lui in barba ad ogni impedimento“). Solo uno scrittore poteva inventarsi un simile stratagemma per incontrare chi ama anche quando non si può.

Anch’io ho uno stratagemma. Pensarmi punto cardinale sul quadrante di una bussola. Per incrociare un altro punto in qualsiasi angolo del mondo.

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