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Posts Tagged ‘David Bowie’

Esce oggi, a quattro anni dal suo “ritorno alle stelle”, la biografia a fumetti di David Bowie, dal titolo “Bowie: Stardust, Rayguns and Moonage Daydreams”, che sottolinea così il suo continuo rapporto con lo spazio siderale.

Come scrive Igort, il direttore della rivista “Linus” che dedica il numero di gennaio proprio all’ “Uomo che venne sulla Terra”, “Bowie era tante cose, un artista meticcio tra musica, teatro, fumetto, romanzo pulp, arte surrealista. Cantava di alieni, astronauti persi nello spazio, pistole a raggi laser e solitudini adolescenziali.”

Nella rivista anche la riscoperta di un brano di Fernanda Pivano, dedicato al “Duca Bianco”. Di lui nel 1995 scrisse: “Nei suoi versi, intrisi di significati oscuri, ha rivelato i suoi dubbi verso se stesso, e da personaggio “rock” ha cercato di esprimere le emozioni pure che lo assillavano.” Ricordando poi un passaggio di un’intervista di David Bowie: “Ciascuno crea il suo doppio e poi lo riempie di tutte le sue colpe e poi lo distrugge… Mi sembrava più facile vivere attraverso un altro io. Il problema era che così sfumava il confine tra normalità e follia”. 

Un confine umano, insufficiente per “Starman”.

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María Hesse Ilustración

Tre anni senza l’uomo delle stelle.

Con quel suo pulsare geniale e surreale.

Hallo Spaceboy.

 

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Ellen von Unwerth, Kate Moss and David Bowie, 2003 © Ellen von Unwerth

Il 10 gennaio del 2016 David Bowie, l’uomo delle stelle, tornava al suo pianeta etranger.

Mi piace ricordarlo con questa fotografia di Ellen von Unwerth che lo ritrae insieme a Kate Moss, foto da poco riapparsa alla mostra di Camera a Torino “Arrivano i paparazzi”. Qui non solo si erge a protezione della Moss, ma sembra quasi voler sfuggire all’im-pressione fotografica. Come se dovesse evitare di lasciare tracce visive del suo passaggio terreno di “straniero”. Seppur le mnestiche tracce sonore del suo esser stato tra noi terrestri siano del tutto intatte e incorruttibili.

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Risultati immagini per david bowie

Difficile fare a meno delle stelle. Perché sono luce. Perché sono orientamento.

Forse è per questo che David Bowie, “l’uomo delle stelle”, lo pensiamo presente seppur assente.

Perché le sue coordinate persistono. Nelle sue magiche sonorità e nelle sue visioni predittive.

Ps: purtroppo un altro “oriente” si è spento, Zygmunt Bauman, il teorico della “società liquida”, ovvero della specificità dell’attuale tempo storico, carente di certezze e necessitato di continui compromessi.

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Un anno davvero horribilis il 2016 per la musica.

Dopo l’addio a Bowie, Prince, Cohen, anche George Michael, icona pop degli anni ’80 da cento milioni di copie di dischi.

E ci lascia proprio il giorno di Natale, quello che aveva cantato, diventando famoso in tutto il mondo, con la sua “Last Christmas”.

In quel video tutta la spensieratezza di un mondo che appare sempre più lontano. Ormai leggenda. Come George Michael.

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Già Duca Bianco, ora Blackstar.

Ultima trasformazione.

Resa infinita da un Tempo ormai fermo, divenuta immortale per un Suono sublime.

Tale perché proiettato non solo avanti, ma Oltre. Come solo uno Starman.

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David Bowie youngdavid bowie last

Ho sovvertito l’ordine del tempo, ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo l’ho fatto per te. Non ti sembra abbastanza generoso?“.

David Bowie nell’interpretazione di Jareth, il re dei Goblin, nel film “Labyrinth“.

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David-Bowie

In molti lo consideravamo l’extraterrestre, “L’uomo che cadde sulla Terra“, quindi immortale. Anche se David Bowie l’aveva rivelato, “Ziggy Stardust” non è l’uomo delle stelle ma il messaggero terreno delle stelle. Un messaggero che torna nel suo ultimo video, “Lazarus“, video predittivo del “viaggio” che si preparava ad affrontare. “Guardate qui, sono in Paradiso“, canta il Duca non solo Bianco ma diafano, con voce più roca e graffiata. Un autentico testamento, non solo artistico.

Già nel “firmamento” degli artisti di caratura eccezionale, ora il “Duca Bianco” diviene comunque “L’uomo delle stelle”. Parte di quel mondo “Altro” e “Alto” da cui fu sempre attratto, musicalmente, si pensi a “Space Oddity” in cui il viaggio spaziale di Major Tom riguarda anche l’alienazione o all’ultimo album “Blackstars” in cui i colori sembrano definitivamente oscurarsi, ma anche spiritualmente. Il suo ritiro nel 1967 tra i buddisti rimase in lui uno degli insegnamenti fondamentali: “La lezione che ho probabilmente imparato più di qualsiasi altra cosa è che la mia soddisfazione viene da quel tipo di investigazione spirituale. E questo non significa che voglio trovare una religione a cui aggrapparmi, significa cercare di trovare la vita interiore delle cose che mi interessano“.

Sperimentazione sempre, creatività, camaleontismo, uso sapiente della voce sì, ma anche del corpo in vista dell’azione scenica. E l’aura di leggenda intorno, lui stesso Leggenda del rock, dalle iridi diverse (in realtà una midriasi permanente per un pugno ricevuto da adolescente) all’algida androginia, dall’amicizia con Andy Warhol (da lui interpretato nel film “Basquiat“) al matrimonio con la modella somala Iman.

Negli anni ’80 David Bowie chiedeva, con “Let’s dance“, di ballare. E io, con altri, ti abbiamo ballato e amato a dismisura. Nelle note, nei gesti, e in quello sguardo, spesso Altrove. Quell’Altrove che ora tu sai, “uomo delle stelle”, continuando la tua ricerca.

Ora per noi mortali è il vuoto di te. Parafrasando Montale, sarà il vuoto ad ogni tuo suono senza il tuo esserci.

Goodbye David Bowie.

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Non ho ancora visto l’ultimo film di Bernardo Bertolucci “Io e te”. Per ora è solo la scena del ballo tra fratelli in una claustrofobica cantina ad aver mosso in me questa riflessione.

Saranno gli occhi del giovane protagonista che sembra guardare il cielo in un luogo che per definizione è chiuso e buio. Che poi è lo sguardo ancora incantato, cioè senza anagrafe, del maestro Bertolucci.

Sarà la musica struggente di David Bowie che racconta la solitudine di tutti, di sempre. Con parole che si incidono nelle tracce mnestiche di ciascuno (“Dimmi ragazzo solo dove vai, / perché tanto dolore?“).

Saranno i movimenti di macchina a carrellate che ti fanno girare la testa quasi fossi un po’ sbronzo come i protagonisti. Fino a diventare loro. Vedendo in quella cantina un cielo infinito. Oltre le pareti di Gino Paoli.

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