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Posts Tagged ‘cicale’

estatea

La si può ancora chiamare estate questa copia affaticata e sbiadita dell’estate ideale?

Con una temperatura di calcuttiana memoria,  l’aria ozonata senza refolo alcuno, il mare non più meta di refrigerio ma brodo in cui i pesci cominciano la loro cottura, la pioggia non quella leggera del pineto dannunziano ma stretta parente di quella monsonica, si può ancora parlare di estate?

La parola estate, almeno io, la associo con il benessere tout court: giornate allungate a dismisura come i corpi finalmente a bearsi senza troppo vestiti, le nuotate infinite cercando di cogliere le correnti subacquee fredde per seguire un branco di sardine, profumi di soffritto olio e aglio in cui tuffare le vongole maritate ai pomodorini, le cicale ad accompagnare le ore più calde e più lente, la brezza della sera per giri di valzer e cuore, l’incantamento di fronte alla solita ombra stampata sul muro, le infradito a calzare i passi liquefatti del giorno, la fetta d’anguria a placare l’arsura felice del tempo che va senza ore…

Questa per me è l’estate.

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Estate

Benvenuta estate! Con tutti i suoi simboli.

Dalla rossa e freschissima fetta d’anguria agli spettacolari fuochi d’artificio.

Dalle infradito hawaiane alle valigie in continuo divenire.

Dalla sonnolenta siesta pomeridiana alle notti che non finiscono mai.

Dal cicaleccio continuo delle cicale alla luce abbacinante del giorno.

Dal profumo esotico del solare all’odore intenso di mare e sale.

E tempo e passi che si fanno lenti, al ritmo giallo del sole.

 

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Il suono dell’estate

Il frinire delle cicale. Per me è questa la colonna sonora dell’estate.

Se non sento il loro chiacchiericcio nell’aria so che una certa temperatura non è ancora stata raggiunta.

Mi piace il suono delle loro confidenze. A volte mi unirei a loro.

Poi scelgo di ascoltarle. In rigoroso silenzio. E in mistica adorazione.

E le cicale, stupite del mio interesse per loro, per un momento tacciono del tutto.

Per poi riprendere il loro racconto fitto fitto.

E io, all’ombra della pineta, riprendo ad origliarle…

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Da qualche giorno ho in mente le cicale.

Sarà che siamo in estate e il frinire delle cicale è caratteristica sonora dell’estate mediterranea.

Sarà che fin da bambina porto con me la favola della cicala e della formica, l’estate “carpe diem” della cicala a fronte di una stagione di là da venire, pensata dalla formica che fatica sotto il sole.

O semplicemente sarà che in questi giorni le “formiche” continuano a “tirare la cinghia” anche nell’illusione di una manciata di giorni di vacanza, mentre sono costrette a sentire le chitarre delle “cicale” che ricordano loro che è necessario lavorare, a testa bassa, per non affondare. Ma non per un inverno da godere come nella favola di Esopo, bensì per traghettare sulle loro schiene le cicale. Affinché superino un altro pantano.

La morale di questa “favola” tutta italiana è che ci fanno credere che, con lacrime e sangue, saranno le formiche a superare il pantano. Altrimenti, si è gridato oggi, “sarà il Titanic, non si salverà neppure la prima classe”. Ovvero le cicale? E’ davvero dura smettere di cantare.

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La Parola: Siesta

SIESTA: Dal latino “(hora) sexta”, l’ora sesta del giorno, ovvero il mezzogiorno.

Già per gli antichi romani era il tempo del riposo pomeridiano, per la Spagna e per  molti Paesi dell’America latina è il momento del sonnellino post prandiale, quando l’ora si fa più calda e la palpebra pesante. Condizione principale della siesta è la possibilità di distendersi. Ecco perché alla fissa e rigida chaise longue i veri esperti preferiscono un’amaca appesa tra due alberi. Quel lieve movimento ondulatorio dà la piacevole sensazione di galleggiare sulle correnti d’aria. Se poi pensiamo a quei ritagli di cielo e foglie che fluttuano ipnotici sulla testa del semidormiente, si rende evidente l’effetto soporifero naturale. Per esagerare, un lieve frinire di cicale quale sottofondo sonoro di una pausa che riconcilia col mondo. L’ora della siesta.

"The hammock" di Gustave Courbet (1844)

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