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Posts Tagged ‘Cassius Clay’

È stato carisma allo stato puro, “The Greatest” Muhammad Alì nato Cassius Clay.

In lui la grandezza della sportività non stava solo nei titoli vinti, bensì nelle battaglie per i diritti civili, soprattutto per i neri. Famoso e coraggioso il suo rifiuto a servire l’esercito degli Stati Uniti nella guerra in Vietnam: “Non ho nulla contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro.” Rifiuto che lo condusse all’arresto e alla privazione del titolo iridato. Un “pungiglione” non solo sul ring.

E mostrare poi la fragilità della malattia, portando con fatica ma di nuovo con coraggio la torcia olimpica, aveva sottolineato ancora una volta la sua personalità dotata di spirito indomito e profonda sensibilità.

Sempre un simbolo. A partire da quel nome, Muhammad Alì, “amato da Dio”. Scelto per sentirsi libero. E perché “la gente lo usi quando mi parla e parla di me.

Ma ormai di Muhammad Alì si parlerà come di una Leggenda.

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Cassius Clay 1965 Liston

Il 25 febbraio 1964 a Miami Cassius Clay conquistò per la prima volta, a 22 anni, il titolo di Campione del Mondo dei pesi massimi, battendo il campione in carica Sonny Liston per abbandono all’inizio della settima ripresa.

Facendo valere la giovane età, l’energia, la velocità, il talento.

Chissà se a cinquant’anni esatti di distanza per un altro giovane, su un altro ring, si delineerà lo stesso esito.

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Andy Warhol, "Cassius Clay" (1977-1979)

Compie 70 anni il più famoso dei pugili, Cassius Clay – Muhammad Ali, tra i più leggendari sportivi dell’era moderna, nonché una delle personalità più influenti del XX secolo.

Oltre che un grande campione, “il ragazzo di Louisville” è diventato un’icona sociale e politica per la sua conversione all’Islam, il rifiuto a combattere nella Guerra del Vietnam e le sue azioni umanitarie, tanto da ricevere la Medaglia Presidenziale della libertà, il più alto riconoscimento civile negli Usa, e da essere candidato al Nobel per la pace nel 2007.

Nel 1984 un nuovo “avversario” a cui far fronte, il morbo di Parkinson, ma ancora una volta “la farfalla” del Kentucky non molla e continua a combattere, commuovendo il mondo quando alle Olimpiadi di Atlanta accende il braciere quale ultimo tedoforo, tremante ma sempre fiero. E’ lui stesso a ricordarci il suo credo: “È la mancanza di fede che rende le persone paurose di accettare una sfida, e io ho sempre avuto fede: infatti, credo in me“.

Auguri, Cassius! Come hai sempre detto tu, “vola come una farfalla, pungi come un’ape“.

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