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Posts Tagged ‘Capri’

Anche ora che non è più terreno, non posso che pensarlo così Raffaele La Capria, nell’azzurro dei suoi amori infiniti: la moglie Ilaria (Occhini) che lui definiva il premio più bello della sua vita, e l’isola di Capri il cui nome diceva iscritto quasi per magia nel suo.

Quanto devo al mio scrittore-guida Raffaele La Capria…

Mi ha folgorata con la luminosità e la fugacità della “bella giornata“, “un’immagine primaria” e precaria, di “ossessiva ineffabilità”.

Mi ha condotta, attraverso la sua amata isola azzurra, nella verticalità dei fondali, metaforici e reali, dove il mondo è acqua e trasparenza e gioia (“Nuoti e senti l’azzurro-verde-turchese nelle infinite sue vibrazioni, lo senti risuonare dentro come una scala musicale“).

Mi ha insegnato a riconoscere lo “stile dell’anatra“, in apparenza semplice e leggero sulla superficie dell’acqua, in realtà frutto di un intenso zampettare nella profondità, perché è quello che “non si lascia trasportare dalla corrente”. 

Mi ha incantato associando la letteratura all’arte del tuffo, che per essere bello deve essere eseguito “senza sforzo, e se lo sforzo c’è, non deve apparire” (ancora l’acqua, ancora l’anatra…).

Mi ha reso consapevole, attraverso “La lezione del canarino” (quella forte suggestione provata da bambino quando un cardellino si posò sulla sua spalla, suscitando in lui il desiderio di ricreare le emozioni attraverso la scrittura), di quella urgenza, provata fin da piccola, di scrivere intorno a quanto vedevo/provavo.

Mi ha regalato pagine dense di scrittura azzurra. Per la sua innata capacità di introspezione nei sentimenti e negli eventi, con uno sguardo “altro” e parole alate, come solo i Poeti.

Che tristezza e che fatica doversi accomiatare… Ero sempre in attesa di un suo nuovo scritto, anche solo un pensiero, perché era visione, chiara seppur in controluce, del mondo. A consolarmi le sue parole per tutti noi, a cui attingere per riconoscere, anche a posteriori, “la bella giornata”. Grazie Dudù.

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Mi soffermo sulla scomparsa di Ilaria Occhini soprattutto perché compagna per oltre cinquant’anni di Dudù, il “mio” Raffaele La Capria, l’autore di “Ferito a morte” e ideatore del concetto di “bella giornata”.

Ilaria Occhini è stata un’attrice intensa, dotata di una naturale eleganza espressiva. Ha recitato con Visconti, Ronconi, Patroni Griffi. Ozpetek in particolare è riuscito ad evidenziarla ne “Le mine vaganti”, tanto da condurla al “David di Donatello”.

Eppure la prima cosa che colpiva di lei era la sua bellezza, di cui diceva: “La mia bellezza è come se fosse una cosa, una borsetta, un foulard che porto con me, non ne parlo con nessun vanto“. Ma già suo nonno, lo scrittore Giovanni Papini, scrisse “Per me più bella d’Ilaria non c’è”. E così suo marito La Capria che amava ripeterglielo ogni giorno, “Sei bellissima, la tua bellezza mi distrae”. Con lei di rimando nel loro gioco coniugale: “Che faccio, spengo la luce?”.

Ecco perché scelgo una foto di lei col suo Dudù in una delle loro mitiche estati capresi, in quel tempo che La Capria ha definito “di trasparenza”. Del mare e della vita.

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Quest’anno il mio amatissimo scoglietto non mi avrà sua.

Come accade, sometimes, con un amante speciale.

L’assenza temporanea è categoria che ristabilisce l’importanza degli addendi.

Facendo cambiare, a volte, anche la somma.

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Quest’anno il mio scoglietto ha fatto i capricci.

Trasudava acqua fuori misura.

Rendendo pesci anche noi mammiferi.

Pur senza branchie a respirare acqua.

Ma tanto si perdona a chi tanto si ama.

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Elsa Morante con Alberto Moravia a Capri negli anni Quaranta

Il 18 agosto 1912 nasceva Elsa Morante, l’autrice di romanzi famosi come “L’isola di Arturo” e “La Storia”. Cento anni fa.

Mi piace ricordarla attraverso una mostra, “Tracce dell’isola 1936-1956” allestita in un luogo che la scrittrice ha frequentato e amato, Anacapri.

L’esposizione, all’interno della “Casa Rossa”, racconta la Capri di quegli anni, in cui pittori, scrittori, artisti diedero vita ad una stagione felicemente creativa.

Quadri, foto d’epoca, manoscritti fanno in parte rivivere quei momenti, con visioni inedite dell’isola azzurra. Insieme alla Morante vengono raccontati i volti di quello che fu un autentico laboratorio culturale, da Giorgio De Chirico a Renato Guttuso, da Alberto Moravia a Enrico Prampolini, da Palma Bucarelli a Toti Scialoja.

Il filo rosso tra queste “tracce” potrebbe essere proprio una riflessione di Elsa Morante: “Che il segreto dell’arte sia qui? Ricordare come l’opera si è vista in uno stato di sogno, ridirla come si è vista, cercare soprattutto di ricordare. Ché forse tutto l’inventare è ricordare”.

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Non riesco più a guardare i Faraglioni nello stesso modo.

La “colpa” è di Carla Viparelli e della sua arte. Già, perché da quando ho “viaggiato” tra le opere di quest’artista, di cui mi onoro di esserne amica, i “miei” faraglioni sono mutati. E’ cambiata la mia percezione degli stessi dopo aver visitato la mostra di Carla, “Costanzo uomo delle coste”, allestita come una piccola isola in uno dei miei luoghi di Capri, la Libreria “La Conchiglia”, vera istituzione culturale dell’Isola grazie ad Ausilia Veneruso e Riccardo Esposito, editori attenti ed intuitivi.

Di fronte al quadro di San Costanzo mutato in faraglione (o il faraglione trasformato nel santo?) mi si è mostrata la “costa” del santo migrante, che lasciava tracce del suo andare. Quelle relique che Carla Viparelli riesce poeticamente a trasferire nelle sue opere, regalandoci una geografia nuova, inedita e sacra.

Ecco perché non riesco più a guardare i Faraglioni nello stesso modo. Ora, appena mi affaccio a quella visione incantata, si presenta alla mia vista il Santo Faraglione. Indelebile metamorfosi percettiva.

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Non farti spaventare dall’altezza e dal percorso. E’ una meraviglia dei sensi scendere di livello tra un tornante e l’altro a piedi, senza prestare attenzione a null’altro, la via è solo pedonale, che alle finestre naturali sempre diverse che si spalancano davanti a te.

Strada Krupp (dal nome del costruttore, delle omonime acciaierie tedesche, che amava Capri risiedendovici a lungo), definita a ragione “un’opera d’arte”, ha inizio dai “Giardini d’Augusto”, uno di quei luoghi dell’anima in cui a Capri l’apoteosi della natura si fa particolarmente evidente: pini, ulivi, ginepri, oleandri, ibiscus, a mostrare prepotentemente la loro presenza.

Si comincia: davanti a te si snoda questo lungo nastro color biscotto, che sembra adagiarsi morbido e simmetrico sul fianco della montagna. Seta che si srotola sulla roccia. Sotto, un mare che mostra orgoglioso la sua gamma di verdi e di blu.

Ma è al primo tornante che occhi e bocca insieme formano le “o” di meraviglia: ecco i faraglioni, tre cavalieri antichi piantati in quell’acqua di sale che è la loro dimora.

Un tornante dietro l’altro, ogni scorcio offre un nuovo assaggio di quella che è la Capri meno urlata, “regina di rocce” come disse Neruda, quella che vi rimane inscritta nelle pieghe più nascoste, pelle-essenza-odore. Penso all’incanto di un appuntamento al sesto tornante, come succedeva poco dopo l’inaugurazione della strada, nel 1902, quando in quel tornante fu creato un ambiente per colazioni all’aperto. E ancora oggi lì è visibile uno slargo che invita ad una sosta più lunga di una pausa.

Tempo lento, espanso, allungato come questa via. Mentre la percorri persino le lancette si arrendono di fronte a quello scenario, in cui, come scrisse il reporter di viaggio Bayard Taylor, “la delizia dello sguardo ti riempie completamente“.

Ad ogni affaccio, da quello che per qualche ora diventa il tuo privato terrazzo, un distillato di Bellezza. A quel punto fai tuo il pensiero di Taylor: “Era una veduta meravigliosa, indescrivibile; come posso renderla a parole?“.

Terminata la via, ancora un centinaio di metri, una sessantina di gradini e Marina Piccola è lì, con la Torre Saracena a guardia di quel gioiello. Ma un’altra esperienza ti aspetta per essere portata via, nelle tasche del cuore. Entrato nell’acqua blu lapislazzulo, sposti lentamente lo sguardo dall’orizzonte alla spiaggia, alzi gli occhi e davanti a te si staglia imponente e maestosa la montagna che hai appena disceso, altissima dalla tua attuale postazione marina. La testa comincerà a girare, primo indizio di un mancamento, per la vertigine che quella natura, la Natura, ti procurerà.

In quel preciso istante ti sentirai in ginocchio davanti all’Assoluto.

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“Capri, regina di rocce”

“Capri, regina di rocce,…

… Vi sbarcai in inverno.

La veste di zaffiro custodiva ai suoi piedi:

e nuda sorgeva in vapori di cattedrale marina.

… Sulla riva di uccelli immobili, in mezzo al cielo,

un grido rauco, il vento e la schiuma indicibile.

… E dal mare, girando intorno a te,

ho fatto un anello d’acqua

che è rimasto sulle onde

a cingere le torri orgogliose di pietra fiorita…”

Pablo Neruda, “Chioma di Capri”

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La ricchezza dei limoni

… “Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi 

fossi dove in pozzanghere 

mezzo seccate agguantano i ragazzi 

qualche sparuta anguilla:

[…]

qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza 

ed è l’odore dei limoni.” …

Eugenio Montale, da “I limoni”.

Ps: i limoni della foto sono freschi, freschi… Ripresi pochi giorni fa in un viottolo assolato e silenzioso di Capri. Lì ho percepito la ricchezza semplice e contagiosa dei limoni. Es.

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