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L’insediamento del 46° Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden e della sua vice Kamala Harris è infine avvenuto. Un Inauguration Day caratterizzato da assenze e presenze.

Assente la folla e il suo vociare, in una Washington blindata per motivi di sicurezza. Assenti baci – abbracci – strette di mano per pandemia in corso. Assente il Presidente uscente, come non succedeva dal lontano 1869 con Andrew Johnson e il suo successore Ulysses Grant.

Presente un mare di bandiere americane sulla spianata antistante il Campidoglio. Presenti quasi tutti (Carter assente giustificato per l’età) gli ex Presidenti: George W. Bush, Bill Clinton, Barack Obama e le rispettive consorti. Presente il vicepresidente uscente Mike Pence, protagonista indiscusso nel giorno dell’assalto al Congresso.

E poi, in successione sul palco, simboli intrecciati ad emozioni: un giuramento alla vicepresidenza per la prima volta nelle mani di una donna afroamericana Kamala Harris, l’inno nazionale cantato da una superba Lady Gaga (origini italiane), la celebre canzone di Woody Guthrie “This land is your land” cantata da Jennifer Lopez (origini portoricane) che urla “Libertà e giustizia per tutti”, i versi luminosi e ritmati sulla democrazia della giovane poetessa afroamericana Amanda Gorman. Come se le donne, e di tutte le terre, potessero ora sapere, e non solo più sognare, che anche per loro sono aperti i ruoli chiave.

Infine le prime parole, pacate ma ferme, del Presidente in carica Joe Biden. Intorno all’unità dell’America e alla sua pacificazione: “Oggi, in questo giorno di gennaio, tutta la mia anima è in questo, riunire l’America, unire il nostro popolo, unire la nostra nazione”. Parole seguite con sollecitudine dai suoi primi atti: obbligo di mascherine, rientro nell’Oms e nell’Accordo di Parigi sul clima, stop alla costruzione del muro col Messico.

Resta impressa un’immagine, tra le tante di questa giornata. Una coppia, Joe e Jill, che si abbraccia con affetto autentico e profondo, sapendosi sostegno l’uno per l’altra, davanti all’ingresso della loro nuova abitazione. Incidentalmente si tratta del 46° Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e della First Lady Jill Tracy Biden.

Che quell’immagine sia d’augurio, per tutti noi, affinché inclusione e speranza tornino ad essere protagoniste alla Casa Bianca.

 

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Non penso sia un caso l’uso della parola “assalto” per quanto successo al Congresso di Washington, luogo simbolo della democrazia, non solo americana. Perché le forme e i modi ricordano l’assalto, appunto, al treno di fordiana (e registica, non presidenziale) memoria.

Anche se Capitol Hill non è propriamente il selvaggio West, e lo sfregio ai simboli democratici (dall’occupazione dello scranno del Presidente del Senato, nonché vice di Trump, Mike Pence a quella dell’ufficio della Presidente della Camera Nancy Pelosi) non può essere ridotto ovviamente a fatto di costume.

Innanzitutto perché ci sono state delle vittime, purtroppo. Poi perché le falle al sistema di sicurezza si sono rese evidenti, seppur poco convincenti. E infine per il ruolo giocato dal Presidente in carica Donald Trump per l’innesco dell’assalto.

Le domande rimangono perciò sospese nell’aria con il loro carico di inquietudine.

Perché tale “marcia” (a triste e italiana memoria) tanto annunciata non è stata affatto contenuta? Perché così pochi (e in certi casi conniventi) agenti a presidio di un edificio di cui si dice solitamente che “non entri neppure un capello”? Perché il Congresso stesso, al suo interno, non è stato posto in massima sicurezza in un giorno tanto simbolico e delicato, quale quello della certificazione parlamentare dell’elezione di Joe Biden a 46° Presidente degli Stati Uniti d’America? Perché l’intervento della Guardia Nazionale è avvenuto su richiesta del Vicepresidente Pence e non del Presidente Trump, come se di fatto in quel disgraziato, e purtroppo storico, pomeriggio americano, fosse già stato applicato il 25° emendamento?

Ora si spera in una transizione pacifica, con sorveglianza attiva, verso la data del 20 gennaio, giorno di insediamento alla Casa Bianca del Presidente eletto Biden, a cui spetterà il gravoso compito di riunificare la nazione intera attraverso i valori democratici. Valori di riferimento per il mondo intero.

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