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Posts Tagged ‘canzone’

Canta bene, in ogni senso, Marco Mengoni, nel suo (ma anche nostro) “Muhammad Ali”:

Bene o male tutti i giorni
Ad incassare la vita sul ring
In piedi come Muhammad Ali
Siamo tutti Muhammad Ali“.

E ripensiamo a quell’uomo, a quell’esempio. Tentando, seppur maldestramente, di imitarlo.

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La canzone estiva dei “The giornalisti” mi è piaciuta al primo ascolto. Merito del ritmo indovinato. E di un video strutturato in soggettiva, tale da rimanere impresso per gli enne ascolti successivi.

Ma ad avermi colpito è stata l’associazione tra la “felicità” e quell’epiteto che la rende di tutti senza essere in fondo di nessuno, se non per poco tempo.

È la possibilità di una Felicità “Bocca di rosa” ad avermi immediatamente e definitivamente conquistato.

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Video che porta il sorriso, insieme a Ermal. Si corre a perdifiato, ma le parole costringono alla resa.

Speed date come da manuale, a tratti logoro e ripetitivo. Ma dura un secondo. Poi la coppia giusta è pronta a girare il mondo. E a farlo girare intorno a chi guarda o sente i tre minuti della canzone.

“Dall’alba al tramonto” di Ermal Meta sta già spopolando, sia per il ritmo accattivante che per l’aria sorniona del cantautore. Con versi indovinati. Perché leggeri, seppur seri.

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Era il 1967 quando nacque la canzone “29 settembre”, il primo grande successo della coppia Battisti – Mogol, cantata dall’Equipe 84 con la voce di Maurizio Vandelli, che le diede un arrangiamento psichedelico. In modo tale che il suono si accordasse al sogno.

Un sogno lungo un giorno, il 29 settembre appunto, come ricorda lo speaker radiofonico nel testo.

“Seduto in quel caffè / io non pensavo a te”. E allora tutto é possibile, anche un nuovo amore, per quanto breve. Il tempo di un giorno, 29 settembre. Che è diventato però memoria collettiva, oltre quel sole che sorgendo aveva cancellato tutto.

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Perché questa canzone piace tanto, diventando il tormentone musicale dell’estate 2017?

Il ritmo è accattivante, ma sono i giochi di parole il marchio vincente di fabbrica Gabbani.

L’enigmistica è già nel titolo col cambio di vocale, granite/granate, ovvero il nostro liquido tempo che inghiotte tutto in un informe blob.

E la citazione dantesca del “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, dopo aver detto che siamo “In fuga dall’Inferno”, è strepitosa.

Nel ritornello poi il gioco continua tra la stagione “estate” e l’interrogativo/imperativo “state”.

Questa è “Antologia della vacanza intelligente”, in cui “non partiamo mai, ci allontaniamo solo un po’ ” ,”non andiamo mai oltre le nostre suole”.

Il succo della vacanza nel pensiero “gabbano”? “Dietro le spalle, un morso di felicità / Davanti il tuo ritorno alla normalità”.

Allegro, sincero. Ma si respira aria di fine impero.

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Altro tormentone estivo. Travolgente soprattutto nel ritornello de Il Cile. Ma il rappato di J-Ax non è da meno, per quella commistione di “alto-basso” che rende tutto un infinito blob. Con la verità non sempre beltà.

E così il singolo “Maria Salvador feat. Il Cileè già doppio disco di platino. Con tutti noi a molleggiare su quella rima “rivoluzione/ canzone” che racconta molto di più di quanto non sembri.

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essenziale-piccolo_principe

Mentre il mondo cade a pezzi 
io compongo nuovi spazi 
e desideri che 
appartengono anche a te. 
Mentre il mondo cade a pezzi 
mi allontano dagli eccessi 
e dalle cattive abitudini, 
tornerò all’origine, 
torno a te che sei per me 
l’essenziale.

Marco Mengoni da “L’essenziale”, canzone vincitrice del 63° Festival di Sanremo

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In musica a volte è bene che le parole siano in una lingua che non è la nostra, così da non essere immediatamente comprensibili. Per non subire delusioni.

E’ quanto mi è ultimamente successo con “One day” del cantante israeliano Asaf Avidan.

La prima volta che ascoltai questa canzone mi colpì, senza saperne ancora nulla, il ritmo da ballata elettronica sostenuto da una voce alquanto particolare che pensavo femminile. Mi piacque molto. E ogni volta che mi capitava casualmente di risentirla ritrovavo il piacere della combinazione di quel timbro graffiato su note grunge.

Allora decisi di non affidarmi più alla casualità nel poterla fruire, ma ne iniziai la sua accurata ricerca. E la trovai, con quella soddisfazione di quando raggiungi quanto vuoi. Ma io qui non mi fermo, spesso sbagliando. Perché il lavoro archeologico di scavo a volte porta alla luce elementi insospettabili.

Provate ad ascoltare per la prima volta solo la canzone, chiudendo gli occhi. Aspirate le sensazioni che vi suscita. Al secondo ascolto leggete le parole che raccontano il testo. Che sono oggettivamente poche, sempre le stesse, e anche curiose per ciò che raccontano.

E per quanto io ami le parole, in certi casi preferisco rimanere nell’area della non comprensione. Ovvero della maggior possibilità.

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white christmas

Successo planetario, Oscar per la migliore canzone 1942 (colonna sonora del film “La taverna dell’allegria”), vendite da oltre 30 milioni di copie solo nella versione di Bing Crosby, la famosissima White Christmas di Irving Berlin compie settant’anni, rimanendo un sempreverde della musica mondiale.

La sensazione di aver scritto qualcosa di longevo il compositore la ebbe la stessa mattina della stesura. Arrivando quella mattina in ufficio, disse infatti alla sua segretaria: “Prendi la penna, prendi appunti su questa canzone. Ho appena scritto la mia migliore canzone; diavolo, ho appena scritto la migliore canzone che chiunque abbia mai scritto!

E ancora oggi, ad ogni Natale, è “White Christmas”.

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“Non si lavora ad agosto nelle stanche, lunghe e oziose ore 

mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore.”

Francesco Guccini, da “Canzone dei dodici mesi”.

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