Si tratta di un matrimonio, tra la semplicità degli ingredienti e la maniacalità dei particolari.
Non si tratta infatti di comune pasta condita col formaggio, ma di un gioco di equilibrismi che dura fino a formare quella crema che è la vera protagonista di questo piatto.
Mentre aspettiamo con impazienza la cottura degli spaghetti, trasformiamo il pecorino romano in cacio grattugiato. Quando gli spaghetti sono al punto giusto (primo step maniacale) scivolano veloci e ancora gocciolanti nella ciotola dove incontrano il cacio. Mantechiamo con qualche cucchiaio (secondo step maniacale) di acqua di cottura il composto, che già è in attesa della pioggia di pepe macinato quanto basta (terzo step maniacale). Solo la presenza di quella crema tanto appetitosa quanto filante segnala che il “matrimonio” è stato “consumato”. E allora tutti a tavola, brindando con un bicchiere di Frascati a questo ghiotto connubio!
La curiosità: anche Goethe sembra aver fatto conoscenza dell’antenato di questo piatto. Nel 1787 infatti, nel suo “Viaggio in Italia“, scrive che a Napoli “i maccheroni si cuociono per lo più semplicemente nell’acqua pura e vi si grattugia sopra del formaggio, che serve ad un tempo di grasso e di condimento“.