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Posts Tagged ‘Beirut’

Nella memoria storica e collettiva la parola Libano evoca il cedro verde, tanto che proprio questa biblica pianta, ferma e immortale, campeggia sulla bandiera del Paese. Alla capitale Beirut si associano invece, da tempo immemore, immagini di esplosioni e bombardamenti, di tensione e conflitto.

Ieri l’esplosione più distruttiva di tutta la storia del Libano, cedro martoriato: “È stato scioccante – ha scritto Associated Press – anche per una città come Beirut che ha visto 15 anni di guerra civile, attentati suicidi, bombardamenti israeliani e omicidi politici“.

Ad esplodere sarebbe stato un deposito conservato (o dimenticato?) nell’hangar 12 del porto, dopo esser stato confiscato nel 2013 da una nave russa battente bandiera moldava, di ben 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, composto chimico usato come fertilizzante ma anche per produrre esplosivi.

Perché una tale polveriera abbandonata in una zona tanto popolata? Incuria o dolo? E le accuse incrociate di sabotaggio tra Israele ed Hezbollah? È solo un caso poi che tra due giorni fosse prevista la sentenza sull’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, ucciso con altre 21 persone a Beirut il 14 febbraio del 2005?

Tante domande in attesa di risposte, come sempre. E intanto, come sempre, la conta delle vittime, la ricerca dei dispersi, lo strazio di chi resta. Tra dolore sordo, incredulità sospesa, aria irrespirabile.

Quale triste paradosso se si pensa al profumo balsamico che emana la corteccia del cedro del Libano.

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Lo sbobinarsi del fil rouge folle e terrorista continua spietato sulla carta geografica.

Beirut, Parigi, Bamako. All’ombra del cedro, delle luci, dell’origine dell’uomo.

E se il Mali ci appare lontano, anche in virtù della sua Timbuktu, mai come oggi ci sentiamo Villaggio Globale.

Disorientato per un incomprensibile Male.

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Esplode bomba all’ingresso a scuola. Zaini e quaderni sparsi e anneriti, giovani vite spezzate e altre segnate per sempre.

Sento la notizia e la mente raggiunge scenari lontani, le ferite di Beirut, gli strappi della striscia di Gaza, il sangue tra Gerusalemme e Tel Aviv, luoghi e tempi in cui andare a scuola era/è un azzardo quotidiano, una scommessa contro il caso, perché accade che il bus per la scuola sia gonfio non solo di studenti ma anche di tritolo.

Invece oggi si tratta di noi, Italia – Brindisi – Istituto Professionale “Francesca Morvillo Falcone” – maggio 2012. E’ roba di casa nostra, anzi forse di Cosa Nostra.

Incredulità, rabbia, impotenza. Mai si era osato tanto, un attacco bestiale contro ragazzi indifesi in prossimità del loro “posto”, la scuola. O forse è proprio questo luogo, la “scuola”, a far paura ai nuovi barbari. Un luogo simbolo la scuola, il laboratorio in cui i nostri “cuccioli” imparano ad essere donne e uomini onesti, dignitosi e liberi, con la capacità di camminare per il mondo sapendo scegliere. Perché la scuola, nonostante tutto, continua a tentare di consegnare strumenti per decifrare il mondo. Permettendoti, in tal modo, di essere libero. E solo se sei libero puoi costruire un mondo alternativo.

Conosco alquanto i ragazzi, con loro trascorro buona parte del mio tempo, e so che non vogliono farsi sottrarre almeno l’idea dell’orizzonte. E allora penso, non posso farne a meno, a Melissa Bassi e ai suoi sogni d’orizzonte. Spazzati via da un’azione infame. In una mattina come tante, mentre stava entrando a scuola.

                                                                                                                                                                       

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