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Posts Tagged ‘Barcellona’

Le ragioni non sono mai univoche.

Guardando le immagini violente degli scontri tra Guardia Civil e cittadini in coda per il voto al referendum indipendentista catalano, l’indignazione è naturale. Pur trattandosi di una consultazione considerata illegale dal governo di Madrid. Ovvero dalla Spagna, la nazione a cui appartiene anche Barcellona. Che però ha deciso di tirarsi fuori, andando per la propria strada.

Pericoloso precedente per un’Europa sempre più separatista. E sempre meno lungimirante sul proprio futuro.

Le ragioni non sono mai univoche.

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Nel mare tormentato di questo tempo.

Ma con l’azzurro a ricordarci di non mollare i nostri ormeggi di libertà.

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Barcellona è coacervo di lingue, etnie, mondo. Pensi a quei nastri di strada che sono le Ramblas e vedi nazionalità diverse, unite da infradito colorate e dalla bellezza cangiante della capitale catalana.

Quella bellezza che ha incantato Woody Allen e che ha regalato a tutti noi “Vichy Cristina Barcelona”, in cui i colori primari della città fanno compagnia ai sentimenti dei protagonisti. Insieme alle tessere mirabolanti di Mirò e alle vertigini impossibili di Gaudì. Nonché alla sua luce calda, mediterranea, seducente.

Atmosfera densa di una malìa che attrae frotte di studenti del programma Erasmus. Come Xavier, il protagonista di quel film cult, “L’appartamento spagnolo”, che ha fatto da volano per un’intera generazione, Erasmus appunto.

Ma Barcellona è anche teatro di scrittura preziosa e al contempo misteriosa. La polverosa libreria de “L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafón che avvolge con inquietudine una Barcellona decadente, l’ufficio demodé sulle Ramblas dell’investigatore ex agente Cia Pepe Carvalho di Manuel Vasquez Montalban, i bar anonimi in cui sosta e riflette, insieme al suo fidato Fermín, l’ispettore Petra Delicado di Alicia Gimenez Bartlett.

Per una serie di circostanze fortuite, tra cui un viaggio già pronto e annullato in partenza, non sono mai stata a Barcellona. Ma in realtà, Salgari insegna, ci sono già stata. Per quelle pagine, per quelle pellicole. E, non da ultimi, anche per i racconti di mia mamma che lì trascorse un periodo felice e spensierato.

Ecco perché adesso, dopo l’orrenda ferita che ha subíto, piango per Barcellona. E per il cammino lento, di vacanza, che ciascuno di noi può /poteva fare su quel nastro di strada.

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Ancora una passeggiata famosa, in un pomeriggio d’estate.

Nizza torna prepotentemente in mente, con la sua promenade violata dagli uomini del terrore.

Questa volta è Barcellona e le sue note Ramblas, vicino a Plaza Catalunya e al colorato mercato della Boqueria.

Luoghi turistici, simboli che fanno eco. Ora ferite aperte. Con un pesante carico di vittime. Inconsapevoli, nel loro passeggiare, di essere attori in un teatro di guerra.

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Questo post me l’ha suggerito, e a ragione, un mio studente. Mi ha detto: “Prof, ma non scrive nulla su Messi? E’ tre volte Pallone d’oro!”.

In effetti Leo Messi è l’unico calciatore, dopo Michel Platini, ad aver conquistato il “Pallone d’oro” per tre volte consecutive. Calciatore argentino, attaccante del Barcellona, la “Pulce”, così soprannominato per la statura, è un autentico talento nel controllo di palla e nell’accelerazione, ma a me di Lionel Messi è rimasta impressa la sua storia.

A dodici anni gli viene diagnosticata una deficienza ormonale, ma le cure sono costose e solo il suo trasferimento in Spagna gli permetterebbe sia un miglioramento fisico che la possibilità di continuare a giocare a pallone. Come spesso accade nella vita anche per Messi è un incontro ad essere fondamentale. E’ il direttore sportivo del Barcellona, Carles Rexach, che vedendo correre Leo sul campo scommette su quel talento. Dal suo trasferimento al Barça la sua ascesa è rapida e presto giunge alla ribalta della scena internazionale, per quel talento unico che esprimono i suoi piedi danzando con il pallone.

Lo racconta in modo magistrale Roberto Saviano: “Vedere Messi significa osservare qualcosa che va oltre il calcio e coincide con la bellezza stessa. Qualcosa di simile a uno slancio, quasi un brivido di consapevolezza, un’epifania che permette a chi è lì, a vederlo sgambettare e giocare con la palla, di non riuscire più a percepire alcuna separazione tra sé e lo spettacolo cui sta assistendo, di confondersi pienamente con ciò che vede, tanto da sentirsi tutt’uno con quel movimento diseguale ma armonico. In questo le giocate di Messi sono paragonabili alle suonate di Arturo Benedetti Michelangeli, ai visi di Raffaello, alla tromba di Chet Baker, alle formule matematiche della teoria dei giochi di John Nash, a tutto ciò che smette di essere suono, materia, colore, e diventa qualcosa che appartiene a ogni elemento, e alla vita stessa. Senza più separazione, distanza. È lì, e non si può vivere senza. E non si è mai vissuti senza, solo che quando si scoprono per la prima volta, quando per la prima volta le si osserva tanto da restarne ipnotizzati, la commozione è inevitabile e non si arriva ad altro che a intuire se stessi. A guardarsi nel proprio fondo“.

Vedendo quella bellezza che, come diceva Dostoevskij, salverà il mondo.

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Miquel Barcelo - Manifesto ultima corrida a Barcellona - 25 settembre 2011

Ieri sera è definitivamente calato il sipario sulla corrida, la “Festa Nacional”, in Catalogna. All’Arena Monumental di Barcellona è andato in scena, di fronte a 18.000 persone, l’ultimo atto di un antico e sanguinario rito. Dal gennaio 2012 sarà infatti fuori legge la tauromachia in Catalogna per effetto del voto espresso lo scorso anno dal Parlamento regionale. Del resto negli ultimi anni la corrida è diventata sempre meno popolare, anche per il focus posto dagli animalisti sulle sofferenze inferte ai tori per puro spettacolo, peraltro cruento.

Eppure come non pensare a certe pagine di Ernest Hemingway sulla corrida raccontata come forma di tragedia? In “Morte nel pomeriggio” arriva a descrivere il torero come un uomo (forse L’Uomo) che sfida la morte acquistando dallo scontro l’immortalità: “La corrida non è uno sport nel senso anglosassone della parola, vale a dire una gara o un tentativo di gara tra un toro e un uomo. E’ piuttosto una tragedia; la morte del toro, che è recitata, più o meno bene, dal toro e dall’uomo insieme e in cui c’è pericolo per l’uomo ma morte sicura per l’animale.

Da oggi saranno i tori a poter recitare il sottotitolo del suo “Fiesta”: “Il sole sorgerà ancora”.

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