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Posts Tagged ‘bambini’

E se i corridoi umanitari avessero infine la possibilità di essere, ma per davvero?

E se durante le trattative di pace i bombardamenti cessassero?

E se i bambini potessero tornare a fare girotondo?

E se questi “se” non apparissero solo miraggi da primo d’aprile, permettendoci di giocare ancora con gli innocui “pesciolini d’aprile”?

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Quello arabo-israeliano è un conflitto endemico a cui il mondo sembra prestare un’attenzione ancora minore rispetto ad altri luoghi di scontro. Come se la tensione tra i gruppi armati di Gaza e Israele, con lanci di razzi da una parte e bombardamenti dall’altra, fosse connaturata a quella difficile convivenza.

A farne le spese è la popolazione civile e soprattutto i bambini, come denunciano le organizzazioni umanitarie che chiedono l’avvio di una tregua per fermare le ostilità. Con l’apertura di corridoi umanitari per salvaguardare i diritti dei più piccoli. Mai tanto invisibili agli occhi del mondo.

Forse perché i bambini di Gaza si nascondono, barricandosi dietro semplici porte di legno e cuscini di fortuna. Fino a scomparire del tutto. Coi loro giochi, coi loro sogni, coi loro corpi.

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A volte la felicità, oltre ad essere una piccola cosa, è rivedersi felici.

Magari in una foto, in cui si era bambini, e spensieratamente leggeri e felici. Senza averne consapevolezza. Che c’è mentre si riguarda quella foto nel presente. E per brevi istanti, pur non ricordando, attraverso insondabili vasi comunicanti si è nuovamente felici. Dell’esserlo stati. Grati a chi tanto ci ha permesso.

A me succede con una foto di montagna in cui, due anni e tanti punti di domanda, sono in braccio a mio papà e sono felice. Chissà cosa scatenò quel mio sorriso pieno. Comunque, a rivedere quel mio stato, in modo misterioso io sorrido nuovamente. Grata al mio papà di aver reso eterno un momento di grazia.

Frammento affettuoso a cui sometimes ritorno. Per ricordarmi quale mondo mi girava intorno…

A papà Sergio e a quel tempo azzurro

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Una mostra fotografica che racconta la vita quotidiana a New York. Dal punto di vista di una bambinaia con la passione della fotografia, Vivian Maier.

Nella cornice della Palazzina di Caccia di Stupinigi un centinaio di scatti raccolti sotto il titolo “Vivian Maier. In her own hands”. A delineare un ritratto, di questa street photographer, che prende forma attraverso il suo sguardo, fatto di silenzi e sensibilità.

I suoi stessi negativi giacevano all’oscuro in un box andato all’asta. Un giovane americano, John Maloof, ne compra il contenuto e scopre Vivian Maier.

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Ivor Prickett (Panos Pictures, per il New York Times) – Mosul

Tra i finalisti al World Press Photo 2018 Ivor Prickett che partecipa con due fotografie, entrambe sulla battaglia di Mosul.

Questa, un bambino nudo in braccio a un soldato delle forze speciali irachene, mostra tutta la svestizione che compie la guerra. Su tutto. Ma mostra anche l’umano che, nonostante tutto, fa ancora l’umano.

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L’anno si è curiosamente aperto col “gioco dei bottoni”. Quel gioco antico praticato dai bambini del secolo scorso, in mancanza di autentiche pedine. Pedine che ora siamo noi, gli ultimi del pianeta Terra, in mano a chi di bottoni millanta profonda conoscenza.

Due bambinoni, uno dittatore che presiede un pezzo di Corea, l’altro presidente che ditta su un pezzo considerevole di mondo, quello detto “nuovo” dagli antichi. Si confrontano sui rispettivi luoghi in cui conservano la loro personale merceria (“ho il bottone del nucleare sulla mia scrivania”) e si dilettano sulle misure, ahi ohi, dei propri bottoni (“il  mio bottone è più grande del tuo”).

Peccato non si rendano conto che quel tipo di bottone valga nè una giacca nè una messa, ma “soltanto” una guerra. E purtroppo, come diceva Einstein, l’ultima.

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La notizia che la marcia dei pinguini sia stata quest’anno una strage di cuccioli, con ovvie conseguenze sul futuro della specie, mi ha fatto pensare alla nave di bambini migranti, molti dei quali sbarcati soli. Dopo un viaggio lungo e rischioso. Come quello dei piccoli pinguini.

Da una parte una natura aspra, complice l’uomo. Dall’altra un mondo sottosopra, ancora complice l’uomo.

Con gli ultimi nati ad arrancare a fatica nella corsa alla sopravvivenza. Siano essi pinguini o bambini.

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La Siria é devastata, insieme al suo paesaggio umano, dagli attacchi aerei. Dal cielo armi micidiali. E anche gas.

Un pezzo di mondo votato alla distruzione dell’altro.

E un secondo pezzo che sembra non vedere.

Perché le alleanze economiche superano, ignorandolo, lo sguardo pietoso sull’umanità. Quella numerosa ma piccola, fatta di chi non conta.

Con i piccoli dell’uomo del tutto dimenticati. Nonostante essi siano la nostra scommessa, ormai minima, sul domani.

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La bambola che piange la sua piccola amica. Sfiorandole delicatamente la mano.

Così il disegnatore Carlos Latuff  “corregge” con la sua matita pietosa la foto simbolo dell’inusitato orrore di Nizza.

Restituendo qualche scheggia di umanità al mondo intero, ormai attonito.

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i bambini sanno

Liceo. Classe prima. Visione collettiva del docu-film “I bambini sanno” di Walter Veltroni.

Ricezione empatica, profonda, a tratti inaspettata. Così i quindicenni “sdraiati” di Michele Serra, quasi magicamente, rialzano la testa, ridestati forse da quei bambini che da poco sono stati loro. Sollecitati nei precordi da risposte impreviste, sguardi lungimiranti, sorrisi trasparenti. Insomma, apertura al mondo. Talvolta ingenua, talvolta saggia, talvolta critica. Spesso inusitata.

Alla parola “Fine” non tutto si conclude. Come spesso accade fuori dallo schermo. Comincia la decantazione. Nel modo in cui accade con il vino. Che ha bisogno di riposare per dare i migliori risultati.

Ed è al tema proposto intorno a quel film che il “vino” comincia a mostrare corpo e consistenza, rivelando intensità e aroma.

  • Leggendo il titolo di questo film, “I bambini sanno”, viene da domandarsi ma cosa sanno?” – Francesco
  • Si dice che un bambino insegni tre cose ad un adulto: ad essere sempre occupato con qualcosa, ad essere sempre contento senza motivo, e a pretendere sempre con ogni sua forza ciò che desidera.” – Lorenzo
  • E poi arriva l’adolescenza, un “minestrone” ricco di sostanze amare e dolci, quel “minestrone” che rimarrà nello stomaco per tutta la vita.” – Andrea

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