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Posts Tagged ‘Andrea Camilleri’

Un anno fa ci lasciava, addolorati e increduli e più soli, Andrea Camilleri.

E se dolore e incredulità si quietano in parte col tempo, la solitudine resta. Anzi, in certe occasioni diventa precipizio intorno al proprio sé.

Quante volte ci siamo chiesti, durante questa pandemia che stiamo vivendo, che cosa avrebbe detto Andrea Camilleri, il Tiresia del nuovo millennio? Con quali parole avrebbe ammansito le nostre paure durante il lockdown? Come ci avrebbe raccontato questo tragico evento storico? In che modo ci avrebbe affabulato per regalarci orizzonti diversi? Quale lezione ci avrebbe magistralmente regalato intorno a quanto stiamo con fatica sperimentando? E il suo Montalbano come avrebbe reagito a tale sottosopra?

Chissà… Solo ipotesi, illazioni, prove di altrui pensiero. Tentativi, balbuzie. In assenza.

Ecco perché tanto manchi, Maestro Camilleri.

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Che Greta Thunberg sia icona del 2019 è evidente a tutti, non solo a “Time” che l’ha nominata “persona dell’anno”.

Emergenza climatica in primo piano, non unicamente per gli appelli dei giovani guidati da Greta, ma anche per l’evidenza di un pianeta che fa ormai sentire le sue sofferenze: l’estate più calda mai registrata nell’emisfero settentrionale, terreni siccitosi, tornadi improvvisi e alluvioni devastanti.

Così Venezia, un tempo la Serenissima, si ritrova più volte sommersa da un’acqua troppo alta. Con il bello artistico ormai sopraffatto dall’incuria umana. Notre-Dame de Paris in fiamme ne è l’esempio più eclatante.

Anche le belle maniere appaiono definitivamente archiviate (leggi “crisi del Papeete”) se non fosse per un guizzo d’orgoglio, nell’ultima parte dell’anno, delle “sardine”, pesce povero ma resiliente.

Ed è la resilienza di alcuni umani a venirci a mancare. Vittorio Zucconi e Nadia Toffa, giornalisti dalle corrispondenze schiette, senza inutili orpelli. Niki Lauda e Franco Zeffirelli, la bellezza del gesto sportivo e quella del gesto artistico. Due riders di razza come Felice Gimondi e Peter Fonda. E Andrea Camilleri, la parola che si fa segno e sogno. Sentiremo la mancanza delle sue visionarie letture del “clima” del mondo, da Omero dei tempi moderni. E il nostro passo diviene più incerto.

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“Il cuoco dell’Alcyon” è un’avventura bellissima e cinematografica. A 25 anni da quell’esordio folgorante che era stato “La forma dell’acqua”. Per l’intreccio inaspettato, dagli sviluppi inimmaginabili.

La storia, fin dall’apertura, appare nei suoi segni prodromica dell’uscita di scena di Andrea Camilleri. Per le atmosfere a tratti malinconiche, per le riflessioni in parte amare del commissario. Come se sul fondale scenico fosse il tramonto la luce dominante.

Montalbano si ritrova in ferie obbligate, con lo smantellamento del suo commissariato. Incomprensibile. Un vascello che salpa e approda diventa il protagonista, con i suoi carichi di merce e uomini. E di necessità il commissario diventa cuoco provetto. Dei suoi piatti preferiti, quelli che solitamente trova preparati con antica cura da Adelina.

Ruoli imprevisti, persino immaginifici, con imprevedibili colpi di scena rendono questa avventura di Salvo alquanto speciale.

Un mirabile “congedo” da parte del papà di Montalbano.

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Strano questo luglio. Amaro e malinconico. Mese di “partenze” notevoli. Che ci lasciano vuoti e soli.

Andrea Camilleri con la sua facondia e la sua Vigàta che entra in quell’olimpo scritturale in cui l’opera ci sarà per sempre. Ma cristallizzata ormai per sempre.

Luciano De Crescenzo con la sua fine ironia e il suo professore Bellavista a rendere più silenziosa quella Bella Napoli culla di intellettuali e teatranti di scuola.

Francesco Saverio Borrelli, già procuratore capo di Milano negli anni di “Mani Pulite”, a ricordarci una magistratura dedita al proprio compito, senza interessi reconditi, facendoci percepire l’attuale organo alquanto sbiadito.

Ilaria Occhini, una dea bella ed elegante, simbolo di una recitazione di valore, a mostrarci un tempo-mondo altro, in cui la Vera Bellezza non necessitava di orpelli.

E ancora. La genialità di Mattia Torre. La sacralità di Valentina Cortese. La creatività di Marisa Merz.

Un luglio triste. Quasi crudele. Seppur ogni mese…

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Di Andrea Camilleri mi mancherà alquanto…

Mi mancherà, come di chiunque a cui siamo legati da affetto, la sua voce. Inconfondibile e roca. Col sorriso dentro.

Mi mancherà il racconto dolce e misurato, tra favola e mito, delle sue storie. Soprattutto di quelle minime, nate all’impronta, da aneddoti all’apparenza banali.

Mi mancherà il suo punto di vista, appassionato e civico, sui guai del mondo. Con la speranza, comunque, intorno all’animale uomo.

Mi mancherà il suo Tiresia, che giocava con l’eternità, per farci prendere confidenza con le cose ultime. E la paura ultima.

Mi mancherà il suo sguardo, anche quello ormai cieco. Perché sembrava vedere di più e oltre. Riuscendo a trasmetterlo a colori sgargianti.

Mi mancherà ancora un’avventura, arguta e pura, del suo Montalbano. Per la camurria di un’ammazzatina. Al profumo di arancini (e rottura di cabasisi). In quella lingua-dialetto che è diventata la parlata della sua Vigàta.

E allora lo penserò come il suo personaggio. A sorseggiare il caffè del mattino, di fronte al mare luccicante di Marinella a Punta Secca, intento a meditare su qualche nuovo caso intorno all’esistenza. Voltandosi poi a dire, come già ne “L’odore della notte”: “È un gioco tinto, quello dei ricordi, con cui finisci sempre per perdere“.

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È ingiusta la mortalità. Quando sottrae agli affetti più intimi. Ma anche quando la sottrazione avviene nelle maglie più larghe, ma non meno forti, della comunità sociale, civile, letteraria, artistica.

E bisogna fare uno sforzo sovrumano a non pensare più Andrea Camilleri presente nel dibattito civile e attivo nella scrittura di nuove casi del suo figliolo Montalbano.

Eppure sembra di sentirlo il Maestro. “Ma che, volete babbiare? A tutto c’è una fine, tutto è già stato scritto.”

Grazie Maestro. Per le storie che ci hai raccontato, con ironia e maestria. E per le parole, poetiche e lungimiranti, che ci hai donato.

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Ad una prima e sommaria lettura delle tracce del tema di maturità di quest’anno, viene da chiedersi: “Perché tanta insistenza, addirittura enfasi, sulla Storia?”. Forse per le critiche addotte da più parti intorno alla “sparizione” del tema storico?

Sarà un caso che la tematica della lotta alla mafia, contenzioso che ha portato il Ministro degli Interni a non partecipare quale istituzione alle celebrazioni per il 25 aprile, sia presente in ben due tracce, peraltro con nomi di caratura eccezionale, dal sacrificio sul campo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa alla scrittura civile di Leonardo Sciascia?

Sarà un caso ricordare e sottolineare il rapporto tra lo sport e lo Stato, peraltro attraverso un Grande Giusto quale il ciclista Gino Bartali, quando si sa che tale rapporto fa correre il comune pensiero in una precisa area storica?

Sarà un caso trovare, quale autore per l’analisi del testo, il Poeta Giuseppe Ungaretti, peraltro sublime nella disamina del “naufragio universale”, che aderì nel 1925 al fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti?

Sarà un caso che il testo argomentativo sul patrimonio culturale parta proprio da quel pensiero di Tommaso Montanari, peraltro ottimo a parte le ultime storture dichiarate sul Maestro Zeffirelli, valorizzante vivaddio la Storia (“Entrare in un palazzo civico, percorrere la navata di una chiesa antica, anche solo passeggiare in una piazza storica o attraversare una campagna atrofizzata vuol dire entrare materialmente nel fluire della Storia“)?

Sarà un caso che il testo argomentativo storico-politico riguardi una riflessione di Corrado Stajano, peraltro fine e acuto giornalista, sugli eventi del Novecento e sul conseguente senso di smarrimento di fronte al nuovo che avanza?

Sarà ancora un caso che il testo argomentativo tecnico-scientifico prenda avvio proprio dalla riflessione di Sloman e Fernbach sull’illusione della conoscenza, peraltro davvero illuminante, in quella parte in cui ci ricordano la possibilità, sempre presente, di inventare atrocità che distruggono l’uomo?

Sapete che succede? Che per questa maturità non svolgo alcun tema. Consegno in bianco e ripeto l’anno. Amen.

Ps: Maestro Camilleri resisti! Urge la tua parola…

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Auguri speciali al “papà” di Montalbano che compie novant’anni.

Andrea Camilleri continua ad insegnarci, con acuta intelligenza e fine ironia, che la produzione creativa può essere non solo longeva ma anche geniale.

Il commissario di Vigata, ormai dotato di vita propria e conosciuto in tutto il mondo, lo dimostra.

Auguri Maestro!

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Auguri di Buon Compleanno al Maestro Andrea Camilleri.

E in tempi di moda rottamatoria penso con gratitudine all’acuta e ironica saggezza di alcuni grandi italiani, come il padre di Montalbano.

Quegli italiani che forse andrebbero più ascoltati, nella lungimiranza del loro vedere. Che, a dispetto dell’anagrafe, è un autentico antivedere. Come quando Camilleri scrive: “Sarebbe un grave errore buttar via quello che oggi ci appare sorpassato e superfluo. Tutto serve a fare peso. Peso che incide meglio la nostra orma nella sabbia del tempo.” (da “Come la penso” di Andrea Camilleri).

E insieme a lui compleanno, e importante, per una delle sue creature più belle, “La forma dell’acqua“, della saga di Montalbano, che compie trent’anni. Ma che, in virtù di quel titolo che trovai da subito bellissimo, assume la forma che solo il lettore desidera.

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Se prendiamo le contrade e le consideriamo come delle regioni, o come potevano essere gli stati italiani prima dell’unità fra di loro, se noi pensiamo a quanta abilità agonistica è necessaria, ma nello stesso tempo quale e quanto lavorìo di furberia, di accordi sottobanco, di piccole corruzioni, di genialità, di trovate, cominci ad avere un ritratto dell’Italia e dell’Italiano estremamente concentrato, che culmina, in quei minuti strepitosi della corsa, nella bellezza. Altra componente italiana.

Andrea Camilleri

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