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Posts Tagged ‘agenda rossa’

Paolo Borsellino dopo l’omicidio del suo amico-collega Giovanni Falcone continuava a ripetere “Adesso tocca a me”. Ed è sconcertante che sentisse così prepotente, incalzante ed improcrastinabile il ticchettìo dell’orologio sulla sua fine imminente. Senza che alcuno, nelle stanze istituzionali, agisse per fermare concretamente quelle lancette.

E così il 19 luglio 1992, a 57 giorni dalla strage di Capaci, l’indicibile avvenne. Un’autobomba con cinquanta chili di tritolo sventrava nella sua esplosione via D’Amelio a Palermo col suo carico umano, il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Tanto resta oscuro. Ed inquietante. A partire dai depistaggi. Posti in opera per occultare altre regie, oltre quelle mafiose, che il giudice Borsellino, sempre più solo, stava comprendendo. Quelle trame di cui forse nella sua “agenda rossa”, subito scomparsa dal teatro della tragedia, aveva intuito e appuntato la devastante portata che potevano avere per l’intero Paese. Decretando così, peraltro consapevolmente e con immane coraggio, la propria fine.

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Una manciata di settimane, poco meno di due mesi, 57 giorni per l’esattezza, hanno diviso Paolo Borsellino, insieme ai suoi cinque agenti di scorta, da Giovanni Falcone e sua moglie e altri tre agenti.

Dopo “l’attentatuni” di Capaci del 23 maggio 1992, l’inferno di Via D’Amelio del 19 luglio 1992.

Sentiva Paolo Borsellino di essere il prossimo dopo Giovanni Falcone. Sentiva e sapeva. Solo e in attesa. Sapeva e scriveva. Sulla sua agenda rossa. Sparita subito dopo l’esplosione. Non scomparsa, bensì sottratta. Per gli appunti del giudice. Troppo vicini a verità troppo scomode. Forse indicibili.

Eppure solo lo scoperchiamento del vaso permetterebbe autentica memoria di tanto sacrificio.

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Così tanta paura vi faceva quell’uomo da provocare tale sconquasso?

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Il giorno della strage di Via D’Amelio a Palermo, il 19 luglio 1992, è stato raccontato così da Manfredi, figlio di Paolo Borsellino, nel libro “Era d’estate”: “Ricordo che in Tv vi erano le immagini del Tour de France ma mio padre, sebbene fosse un grande appassionato di ciclismo, dopo il pranzo, nel corso del quale non si era risparmiato nel “tenere comizio” come suo solito, decise di appisolarsi in una camera della nostra villa. In realtà non dormì nemmeno un minuto, trovammo sul portacenere accanto al letto un cumulo di cicche di sigarette che lasciava poco spazio all’immaginazione. Dopo quello che fu tutto fuorché un riposo pomeridiano mio padre raccolse i suoi effetti, compreso il costume da bagno (restituitoci ancora bagnato dopo l’eccidio) e l’agenda rossa della quale tanto si sarebbe parlato negli anni successivi, e dopo avere salutato tutti si diresse verso la sua macchina parcheggiata sul piazzale limitrofo le ville insieme a quelle della scorta. Mia madre lo salutò sull’uscio della villa del professore Tricoli, io l’accompagnai portandogli la borsa sino alla macchina, sapevo che aveva l’appuntamento con mia nonna per portarla dal cardiologo per cui non ebbi bisogno di chiedergli nulla. Mi sorrise, gli sorrisi, sicuri entrambi che di lì a poche ore ci saremmo ritrovati a casa a Palermo con gli zii”.

E in un universo parallelo il giudice Paolo Borsellino continua a lasciare cicche di sigarette a terra, sorridendo alla sua eroica scorta. Con l’agenda rossa testimonianza presente dei suoi pensieri…

Tutto cancellato invece nell’universo nostro, a quello solo parallelo. In completo sfacelo.

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Ricordo come allora l’atmosfera di quel giorno. Atmosfera strana, lenta, irreale. Quasi di attesa. Con una luce fredda, lunare. Come se qualcosa di alieno stesse per visitare la nostra quotidianità.

E in quell’afoso pomeriggio di luglio qualcosa di impensabile avvenne. Dopo 57 giorni dalla strage di Capaci si perpetrava un’altra strage, in Via D’Amelio a Palermo. Dopo il giudice Falcone e la sua scorta la mafia uccideva il giudice Borsellino e i suoi uomini. E donne. Morì infatti anche Emanuela Loi, prima donna poliziotto ad essere uccisa in servizio.

In due mesi il nostro Paese perdeva due dei suoi patrimoni migliori, in termini umani e professionali. Fu fatto tutto il possibile per evitare quegli efferati eccidi? Perché i due magistrati furono lasciati soli? E perché Paolo Borsellino dopo l’omicidio del suo amico-collega Giovanni Falcone continuava a ripetere “Adesso tocca a me”? Cosa sapeva che era bene non si sapesse? E perché la sua famosa “agenda rossa” sparì? E perché tanti depistaggi? E perché la verità sembra sempre altrove e di là da venire? Anche dopo 25 anni?

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Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia… Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.

Da “L’agenda rossa di Paolo Borsellino” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (ricostruzione delle pagine dell’agenda scomparsa nella strage di Via D’Amelio, in cui il giudice annotava riflessioni e verità che andava scoprendo).

Ps: di questi giorni l’intercettazione choc delle parole dette su Lucia Borsellino (figlia del magistrato, già assessore alla sanità della giunta Crocetta) da Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo (già arrestato per truffa, falso e peculato), al governatore della Sicilia, “Va fatta fuori come suo padre“. Alla luce di questo assumono un nuovo ed inquietante significato le parole sopra citate di Paolo Borsellino.

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