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Posts Tagged ‘15 febbraio 2004’

Ettore Sottsass, “Guardo il mare”

Guardo il mare, anche quando non è.

Per lampi, con gli occhi tuoi che / di quel sale antico sapevano. / Per scaglie, con gli occhi forse miei / di quell’azzurro lontano lontano.

Setaccio acqua e luce per mappare / subliminali tracce di te… Ecco, / sei frammento, visione, presenza, / e dono, sogno, bagliore, essenza.

Poi sei nuovamente assenza…

A papà Sergio

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Nel sonno l’io a ritroso finge

di ritrovare il suo guerriero buono…

Il braccio teso con cui tentare passi

saltando ad arte gli infimi sassi.

La fiaba inventata per un mondo bello,

da giocare, l’un l’altro fratello.

Il sorriso malcelato con orgoglio

per me, volta a serbar tal quadrifoglio.

Nel reale sei invece desto chiaroscuro

a vegliar l’io in brama d’acqua tersa…

Per le tue fulgide visite di ora

(nell’allora), papà vere grazie”.

A papà Sergio, con gratitudine

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“Mi hai insegnato ad amare il mare.

Il suo azzurro e le sue onde. La vita. 

In esso, come in altro, ti ritrovo.”

 

A papà Sergio

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A volte la felicità, oltre ad essere una piccola cosa, è rivedersi felici.

Magari in una foto, in cui si era bambini, e spensieratamente leggeri e felici. Senza averne consapevolezza. Che c’è mentre si riguarda quella foto nel presente. E per brevi istanti, pur non ricordando, attraverso insondabili vasi comunicanti si è nuovamente felici. Dell’esserlo stati. Grati a chi tanto ci ha permesso.

A me succede con una foto di montagna in cui, due anni e tanti punti di domanda, sono in braccio a mio papà e sono felice. Chissà cosa scatenò quel mio sorriso pieno. Comunque, a rivedere quel mio stato, in modo misterioso io sorrido nuovamente. Grata al mio papà di aver reso eterno un momento di grazia.

Frammento affettuoso a cui sometimes ritorno. Per ricordarmi quale mondo mi girava intorno…

A papà Sergio e a quel tempo azzurro

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Mi manchi, papà.

Tu sai che è vertigine.

Col cielo a farsi pozzo.

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Sei diventato il sogno luminoso / che si inerpica leggero nel mio / tormentato sonno, trasparente / medusa che sfioro e intuisco / solo quando non sento e non penso.

Creatura divina, mi sorridi / con movenze a te appartenute / in nuce, e qui ora, nella reale / fragilità dell’attimo altro, / librate nella loro intima e duratura assenza.

Da “I colloqui dell’assenza nel giardino dei passi perduti” (Ester Maero)

A papà Sergio, nei dieci anni di assenza-presenza… (15 febbraio 2004 – 15 febbraio 2014)

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