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Archive for the ‘Parola’ Category

Che l’Epifania possa essere Autentica Rivelazione.

Per tutti noi.

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Con l’augurio che possa esserci più fresco per il nostro pianeta e più calore per i nostri affetti.

Buon Anno a tutti i viaggiatori di espress451!

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Halloween, ovvero vigilia di Ognissanti in salsa celtica. Rito di passaggio per esorcizzare l’inverno e la fine. Ricordando il momento in cui la vita sembra tacere, seppur sottoterra…

Dissolvimento delle leggi spazio-temporali, con l’aldilà a sfiorare il di qua. Paura e allegria, buio e luce, travestimento e devozione. Gli opposti che si toccano, gli spiriti tra i vivi.

Un passo nell’Altrove. Solo per una notte.

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Usiamo sempre meno parole.

Così discorsi e scritti mancano ormai di sfumature espressive, e la lingua si fa via via più povera e ripetitiva. Con alcuni termini a rischio di estinzione.

Ecco allora che il vocabolario Zingarelli nell’edizione 2020 ha scelto ben 3126 parole da salvare, segnalate da un simbolo grafico, un fiorellino ♣.

A tale progetto si accompagna l’iniziativa #paroledasalvare che coinvolge le principali città italiane, le cui piazze stanno ospitando #AreaZ: una zona a lessico illimitato in cui trovare le parole giuste per esprimere il proprio pensiero, scegliendo una parola a rischio estinzione e prendendosene cura.

Io scelgo “ondìvago“, che è sinonimo di “incerto”, “indeciso”, “tentennante”, ma con quella peculiarità tipica di “chi o cosa vaga sulle onde“. Ecco, è l’implicazione liquida e mutevole a rendermi speciale “ondìvago“. A tal punto che lo uso proprio quando sento la necessità di sottolineare la sensazione del rollìo che solo sull’acqua si prova.

E voi quale parola scegliete?

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Tra le novità gonfiabili di questa estate troviamo la Sirena salvagente, portatrice nel nome del suo compito esistenziale. Del tutto opposto al ruolo classico della Sirena, che ammaliava seducente gli uomini d’acqua per condurli nel profondo.

Questa ricorda invece la Sirena di Manhattan, alias Daryl Hannah, che nel film di Ron Howard faceva “Splash” cercando acqua di sale tra i grattacieli di New York per poter sopravvivere.

Ps: chissà come se la passano/spassano in questi giorni le Sirene incantatrici tra i palazzi istituzionali romani… Che siano “salvagente” appare però arduo da crederlo.

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Tanto amiamo allegramente il sabato perché promessa gioiosa della domenica col suo dono temporale di svago e riposo, quanto sopportiamo invece malinconicamente il lunedì per quel suo carico prospettico di nuove incombenze e impegni lavorativi.

Pensate ora a cosa può diventare un lunedì d’inverno a metà gennaio, solitamente freddo e grigio, in cui le feste natalizie sono ormai un ricordo, con l’addobbo già riposto e il conto poco a posto. Insieme al calo motivazionale e alla necessità di reagire. Shakerate tutti questi ingredienti depressivi e avrete il vostro “Blue Monday”.

Che in realtà è nostro, perché destinato a tutti noi. E quest’anno cade il 15 gennaio. Così almeno secondo lo psicologo Cliff Arnall dell’Università di Cardiff che nei primi anni Duemila, attraverso una complicata equazione, decretò il terzo lunedì di gennaio quale giorno più “nero” dell’anno. O meglio “blue”, il colore associato alla tristezza.

In realtà la giornata è stata individuata non tanto per motivi di umano umore ma quale aziendale indicatore. Infatti si è visto che proprio intorno alla seconda parte di gennaio si impennano ricerche e prenotazioni di viaggi futuri.

Un sogno a portata di mano. Nel blu dipinto di blu.

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Gentile da Fabriano “Adorazione dei Magi” – 1423

Le parole viaggiano e nel cammino si corrompono.

Così il termine Epifanìa, la “manifestazione della divinità” con l’Adorazione dei Magi che offrono al Bambino Gesù oro, incenso e mirra, diviene prima bifanìa poi befanìa, giungendo infine alla popolare e conosciuta Befana, la vecchina che porta ai bimbi, il nuovo inizio, i suoi dolcetti in calze di iuta.

Doni consegnati al “piccolo” che salva il mondo. In senso spirituale o temporale.

Quindi, Adorazione o Befana che sia, Buona Epifania!

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Un tempo “addobbare” era “in-vestire” un cavaliere, quindi in modo più ampio “investire di dignità” qualcuno.

Poi si passò a vestire a festa l’albero, rendendolo “albero di Natale” coi relativi addobbi.

E se oggi “in-vestire” noi stessi e gli altri di dignità fosse la nuova frontiera, l’addobbo 2.0?

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Non solo anglismi a iosa nella nostra lingua, con rinuncia ormai preventiva a qualsiasi tentativo di traduzione, ma anche tradizioni altre che adottiamo d’ufficio, con scarso interesse alla loro origine, perché ciò che conta è il brand.

Così, dopo l’abbuffata di Halloween e affini, siamo ora al “Venerdì nero”, che non è giornata finanziaria negativa bensì una interminabile ventiquattrore di saldi, ops sales. Quel “Black Friday” con cui le aziende vanno agli incassi. Per rendere “neri” e non più “rossi” i loro conti.

Successivo negli Stati Uniti al “Giorno del Ringraziamento”, il Black Friday apre il tempo dello shopping natalizio. E noi, che amiamo a prescindere quanto arriva da Oltreoceano, ci accodiamo in questa mitica corsa all’oro. Nero.

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“Hygge” è tra le parole trendy dell’anno.

Praticamente intraducibile, questo termine danese rimanda alla felicità. O meglio, alla chiave per accedervi.

Fatta di benessere, atmosfera, calore, intimità, comfort, armonia, condivisione. Concetti che prendono forma attraverso oggetti concreti: dalla luce calda delle candele al profumo goloso dei dolci, dal piacere di una conversazione intima al calore di una coperta di lana, dal conforto di una zuppa calda al benessere dato dagli oggetti in legno. Tutto vissuto in semplicità e presenza.

Parola di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen, che ha passato anni a studiare la magia della vita danese e che ora ci regala in un libro alcuni pratici consigli per avviarci ad un’esistenza hygge. Ovvero più confortevole. Quindi più felice.

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