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Archive for the ‘Luogo’ Category

Immagine tratta dalla copertina del libro “La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch

In questi giorni di pausa mi è accaduto di cadere in un acquario.

Come “Alice nel paese delle meraviglie” sono sprofondata tra azzurro silenzio e luci soffuse nell’acqua salsa.

E poi, improvviso, l’incantamento: acciughe e occhiate a circondarmi in una danza vorticosa e voluttuosa, tale da farmi sentire, per qualche manciata di secondi, parte del Tutto.

Con i pesci a trasformarsi in Cappellai Matti e Bianconigli intenti a sottrarmi dal tempo umano a nastro per immettermi in quello epifanico a bolla.

Riuscendoci pienamente. Per qualche magica manciata di secondi.

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Intera la tavolozza del rosso nel bosco pittato d’autunno.

Amaranto, mattone, rosso cardinale, melograno, scarlatto, cinabro, castagno, rosso pompeiano, vermiglione, minio, rosso cadmio, magenta, inchiostro, malva, sangria, rosso corsa, ciliegia, cremisi, ruggine, rosso veneziano, carminio, borgogna, granata, rosso Falun, bordeaux, corallo, porpora, rosso di Persia, terracotta, prugna.

E il Pittore, nascosto e sublime, a variare continuamente le sfumature. Perché il quadro possa apparire unico ad ogni nostro sguardo. Essendolo profondamente.

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Moses Levy, “Donna con ombrellino e cane sulla spiaggia” – 1921

Mollezza, lentezza, dolcezza.

Con onde in cammino progressivo. E i pensieri a dondolarsi calmi sulla spiaggia.

La Versilia del mio placido stare.

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Antonello Blandi “La leggenda di Colapesce”

Ho un gavitello di riferimento per le mie immersioni. Con un ancoraggio profondo.

Quando sott’acqua vedo la catena che lo trattiene negli abissi penso alla leggenda di Colapesce, abile nuotatore fin da bambino.

E ogni volta immagino di poterlo incontrare. Là sotto, tra alghe e pesci e sabbia e fondo, impegnato a reggere la colonna spezzata affinché non sprofondi la sua Trinacria.

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Moses Levy, “L’ombrellone bianco” (1919)

Quelle della “mia” Versilia sono marine radiose.

Luce dionisiaca a ricordarmi l’alba della vita, passo lento ad indicarmi la dimenticata flanerie, spiaggia apollinea a sottolinearmi la bellezza del luogo di sale.

E la distesa marina. Senza limiti visivi, infinita nel suo sinuoso allungarsi. E incredibilmente radiosa. Come i quadri del pittore Moses Levy che con intenso e cromatico affetto l’hanno tratteggiata.

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Gran finale al Festival pucciniano di Torre del Lago, con “Tosca” e il suo amore disperato.

Bravissimo Alejandro Roy nel ruolo del pittore Mario Cavaradossi. Il suo “E lucevan le stelle” ha regalato i brividi in una serata in cui le stelle della volta celeste erano parte della stupefacente scenografia.

Sulle sponde di quel lago che tanto ispirò Giacomo Puccini e la sua “Recondita armonia”.

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Ci sono giorni in cui una serie di circostanze fortunate mi regala la sensazione inebriante di fare il bagno di mare come fossi in un acquario senza pareti.

Solo luce in caduta libera a perpendicolo, pesci cangianti in ogni dove e sguardo che si fa blu oltremare.

Semplicemente ringrazio. In un silenzio sacrale.

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“Holden’s Central Park” – Photo by Ester Maero

Io abito a New York, e stavo pensando al laghetto di Central Park, quello vicino a Central Park South. Chissà se arrivando a casa l’avrei trovato ghiacciato, e se sì, chissà dove erano andate le anatre. Chissà dove andavano le anatre quando il lago gelava e si copriva di ghiaccio. Chissà se arrivava qualcuno in furgone che le catturava tutte quante per portarle in uno zoo o chissà dove. O se volavano via e basta.” – Da “Il giovane Holden” di J.D. Salinger

Di fronte al laghetto di Central Park con anatre e barchette e ponticello, tutto incorporato, ho ripensato al quesito metafisico del giovane Holden. Soddisfatta di aver potuto apprezzare quel mitico fotogramma scevro da neve e ghiaccio. Potendo così posticipare la soluzione invernale del letterario quesito.

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“Spring in NYC” – Photo by Ester Maero

A New York la gita “fuori porta” si fa senza lasciare “casa”. Semplicemente scegli il tuo parco preferito ed è Pasquetta.

La scelta è però determinante per la “gita”.

Si va infatti dal piccolo parco privato di Gramercy Park, di cui solo i residenti che si affacciano sul giardino possiedono le chiavi, al verde infinito di Central Park, in cui ogni angolo è nell’immaginario filmico di ciascuno.

Per chi vuole respirare aria di libertà, Battery Park con il lungofiume e lo sguardo su Lady Liberty. Per chi invece predilige l’atmosfera della vecchia New York e dei suoi primi grattacieli, Madison Square Park all’ombra del Flatiron Building.

Se ci si vuole rilassare in un ambient universitario sarà il Washington Square Park la meta ideale, anche perché la New York University considera questo parco come cortile del proprio campus. Se però si vogliono emulare i Presidenti nelle loro corse mattutine, l’Hudson River Park sorveglierà discreto i nostri passi.

Ovunque sia, ci si sentirà “a piedi nudi nel parco”.

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Giocare e creare con la sabbia fa bene. A tal punto da diventare una terapia, la SandPlayTherapy. Che non utilizza paletta e secchiello bensì “quadri” realizzati con miniature tridimensionali disposte in modo libero in una sabbiera. Al fine di leggerle per aiutare le persone, specie quelle con difficoltà comunicative, a ritrovare il benessere psicologico.

Perché, come diceva Carl Gustav Jung, “spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto intorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente”.

Insomma, un piccolo giardino zen per raccontare le proprie emozioni. Antico rituale buddista per ristabilire la calma. Tracciando segni per ritrovare i propri passi.

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