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Archive for the ‘Arte’ Category

Balthus - "La Rue" (1933)

Balthus – “La Rue” (1933)

Chissà a quale rue parisienne pensò Balthus dipingendo questo quadro.

Di sicuro volle rappresentare la vita nel suo farsi. Ogni giorno. Gesti quotidiani.

L’amour, le travail, le jouer. Semplicemente la vie.

Ps: l’augurio è che le vie di Parigi, ma non solo, tornino nuovamente alla vita. Nel suo giornaliero dipanarsi.

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nanas

Hanno ormai quarant’anni queste ragazzone colorate, le Nana.

Eppure continuano, forme tonde e colori sgargianti, a rimandare al mondo dell’infanzia. Quello che la loro artista, Niki de Saint Phalle, forse la scultrice più importante del Novecento, voleva esorcizzare per dimenticare l’incesto subito da ragazzina.

La Nana è donna, gioiosa, trionfale, mai succube dell’uomo. E senza alcuna paura.

Proprio come Niki che, attraverso l’arte, trovò la via del riscatto e del successo. Anche grazie all’artista svizzero Jean Tinguely, da lei chiamato “mio amore, mio compagno, mio rivale“. E proprio in questa dichiarazione-contraddizione si rivela il suo fuoco sacro, quello che la fece definire proprio da Jean “una calamità naturale. Niki ha un’energia colossale e sa come usarla.

E le Nana, ancora oggi, sono in giro per il mondo a dimostrare quella sua fantasmagorica energia.

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Ultimi giorni per una mostra, a Torino – Palazzo Chiablese, di notevole valore intorno ad un’artista elegante e trasgressiva, Tamara de Lempicka. Con una parabola artistica che si è estesa dall’Art Déco a quella astratta.

Già attraverso la “Ragazza in verde”, posta all’ingresso, l’artista si rende esplicita, per tratto ed intenzione: geometrico e spigoloso l’uno, provocatoria e sensuale l’altra. E con quel vestito verde che sembra incollarsi alle forme della modella, senza renderla però mai volgare, anzi sublimandola.

Così accade ai suoi famosi nudi piuttosto che ai ritratti della figlia Kizette, nonché ai quadri sacri e alle nature morte. La sensualità del suo sguardo è presente ovunque, rendendo enigmatici oggetti e figure. Come voleva.

Nell’arte e nella vita.

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Mostra da non perdere quella della GAM di Torino “Modigliani e la Bohème di Parigi”.

Per quell’ambiente bohémien che l’artista livornese ha profondamente respirato e vissuto, ma soprattutto per lui, per Modì. Che resta unico, nei suoi nudi e nei suoi ritratti: volti a ogiva, mandorle per occhi, colli allungati a dismisura, firma inconfondibile delle sue figure.

Ma il racconto di un’umanità fragile, malinconica e sacrale sta in quella sua ricerca continua e spasmodica di sguardi ieratici e forme primitive, essenziali e a-temporali, in cui tratteggia la condizione esistenziale di sempre, di tutti.

A conferma del suo stesso mantra: “con un occhio guardi il mondo, con l’altro guardi dentro di te.

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"Monumento al Rossetto" di Alessandro Mendini - Università Statale di Milano

“Monumento al Rossetto” di Alessandro Mendini – Università Statale di Milano

Un gigantesco rossetto, con la punta rosso fuoco, colore per eccellenza di tale cosmetico, in equilibrio precario su se stesso, a ricordarci bellezza, energia, utopia.

Una scultura di otto metri che il designer-architetto Alessandro Mendini ha realizzato per conto di uno dei brand più famosi nella cosmesi italiana, “Deborah Milano”.

Il colore-labbra per sentirsi/apparire belle è visibile all’Università degli Studi di Milano. E anche ciò merita riflessioni. Senza specchio.

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"Galleria dei Re", Museo Egizio - Torino

“Galleria dei Re”, Museo Egizio – Torino

Il nuovo Museo Egizio di Torino è stupefacente. Soprattutto per l’allestimento scenografico. Firmato da un tre volte Premio Oscar quale Dante Ferretti.

Le “sue” luci” regalano la sensazione di essere su un set. Di un film storico o dell’Aida.

E per quanto il lavoro filologico sui reperti e architettonico sul restauro sia di sicuro valore, è l’ingresso nella “Galleria dei Re” a proiettarci, orologio a ritroso, nella Valle del Nilo. Attorniati e incantati da sguardi ieratici.

E per questo, ancora oggi, orologio in avanti, ermetici e ammaliatori.

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Opera di Banksy

Opera di Banksy

E così anche un artista di strada, seppur quotatissimo come Banksy, può essere messo sotto vetro.

Come la misteriosa Gioconda e la più prosaica conserva.

I suoi stencils sono diventati talmente di culto da essere rubati insieme al relativo pezzo di muro.

Così molte delle sue opere sono ora preservate da un vetro.

Facendo della street art un pesce nell’acquario.

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Foto di Ferdinando Scianna

Foto di Ferdinando Scianna

Qualche giorno fa al Circolo dei Lettori di Torino il fotografo Ferdinando Scianna ha presentato un piccolo volume, “Lettori”, dell’editore Henry Beyle su una serie di sue fotografie intorno al leggere, un cammino che dura una vita. Non è infatti un caso che si cominci con un fermo immagine di due bambini intorno ad un abbecedario, con quel tipico movimento fisico iniziale che tutti noi umani abbiamo quando cominciamo a decrittare i segni grafici, col dito a farci da guida insieme agli occhi sul testo scritto. Da lì comincia il viaggio di ogni lettore.

Ferdinando Scianna ha sottolineato come sia spesso il caso a guidare le foto. Ma davanti alle sue fotografie si rende palese la descrizione che ne diede il suo amico Leonardo Sciascia: “È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà, una catalizzazione della realtà oggettiva in realtà fotografica: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e – in definitiva – al suo stile.

Quello stile che apertamente rimanda al suo maestro Henri Cartier-Bresson, che lo introdusse, unico fotografo italiano, nella prestigiosa agenzia fotografica “Magnum Photos”. Rendendolo celebre, ma sempre aderente al suo dettato: “Io credo che il fotografo sia un lettore del mondo e che le immagini siano ricevute. Quando Glenn Gould suona Bach non è Bach, lo interpreta. Il mondo scrive l’immagine: il fotografo l’interpreta.

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leone

Lo so, si tratta di una mostra ormai conclusa. Ma “C’era una volta in Italia. Il cinema di Sergio Leone” merita una riflessione su quanto di questo cineasta visionario e innovativo ci sia ancora da indagare e scoprire, traendone insegnamento e piacere.

Immagini, documenti, costumi, pistole, frammenti, testimonianze, rarità d’archivio, inediti e fotografie della famiglia Leone sono state raccontate con cura e dovizia di particolari. Ripercorrendo il cammino da pioniere di Sergio Leone nella filmica europea del Far West.

Ed è nella comparazione di alcune sequenze che si scopre che la genesi del famoso “triello” finale de “Il buono, il brutto, il cattivo” sta già, in nuce, nella scena del duello della pellicola precedente, “Per qualche dollaro in più“, in cui Clint Eastwood interpreta già il “terzo” che, solo guardando, partecipa però alla sequenza stessa. E non appare un caso che nel “triello” lo spettatore ritrovi poi Clint il “buono” e il “cattivo” Lee Van Cleef, scoprendo invece trasformato il precedente indio Gian Maria Volonté nel “brutto” Eli Wallach.

Un cinema epico quello di Sergio Leone. Non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello letterario.

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Umberto Boccioni, "Controluce" (1910)

Umberto Boccioni, “Controluce” (1910)

E’ stato il primo museo italiano interamente dedicato all’arte contemporanea.

Pur rimanendo fedele al suo stato di nascita, quello di antica residenza sabauda fregiata, ma non terminata, dall’abile mano dell’architetto Filippo Juvarra.

Oggi il Castello di Rivoli, nel trentennale della sua attività museale, vede la rassegna dedicata al disegno “Intenzione manifesta. Il disegno in tutte le sue forme” con opere “disegnate” di artisti contemporanei affiancate da opere storiche di Picasso, Mirò, Boccioni, nonché la mostra di Sophie Calle “MAdRE“, sui temi dell’affetto e dell’analogia madre/mare. Emozione allo stato puro.

E devo dire che ancora una volta, almeno su di me, l’arte mi ha reso l’anima “leggera”. Nonostante i “controluce” da cui siamo continuamente abbagliati.

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