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Archive for marzo 2022

Archiviata la notte degli Oscar 2022 tra offese (di Chris Rock alla moglie di Will Smith), pugni (di Will Smith a Chris Rock), aspettative realizzate (“I segni del cuore”, remake americano da “La famiglia Belier”) e altre tradite (il nostro Sorrentino con “È stata la mano di Dio”), vale la pena tornare su un film capolavoro, “Parasite”, Oscar 2020, inizio del tempo Covid.

Trasmesso qualche sera fa in prima visione sulla tv generalista, è ora disponibile su Raiplay. Da vedere, assolutamente. Per il rocambolesco intreccio, per il dipanarsi vorticoso tra i generi, per le profonde riflessioni morali, per i continui richiami metaforici, per gli attenti movimenti di macchina, per la stupenda fotografia. E per la misura ritmica, incalzante sempre, anche nel ralenti. Perciò perfetta.

Geniale il regista sud-coreano Bong Joon Ho a raccontare, con disincantato sguardo, un meccanismo inizialmente innocente, destinato però a rotolare, scelta dopo scelta, sempre più in “basso”. Con due famiglie, i Kim e i Park, agli antipodi, seppur spesso sullo stesso piano. Tra scale, odori, acqua. Con vita e morte a rincorrersi, senza saperlo.

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Otto Dix, “Il bombardamento di Lens” – 1924

dove stanno i vichinghi e gli aztechi,
e gli uomini e le donne di Cro-Magnon?
dove stanno le vecchie e nuove Atlantidi,
la Grande Porta e la Invincibile Armata,
la Legge Salica e i Libri Sibillini,
Pipino il Breve e Ivan il Terribile?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro le molli mascelle del tempo:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
dove stanno le Triplici e Quadruplici,
la Belle Epoque e le Guardie di Ferro?
dove stanno Tom Mix e Tom Pouce,
il Celeste Impero, gli Zeppelin, il New Deal,
l’Orient Express, l’elettroshock, il situazionismo,
il twist, l’O.A.S., i capelli all’umberta?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro la pancia piena della storia:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
oh, dove siete, guerre di porci e di rose,
guerre di secessione e successione?
oh, dove siete, guerre sante e fredde,
guerre di trenta, guerre di cento anni,
di sei giorni e di sette settimane,
voi, grandi guerre lampo senza fine?
finite siete, lì a pezzi e a bocconi,
dentro il niente del niente di ogni niente:
qui, se a una guerra non ci pensa una pace,
un’altra pace ci ha lì pronta la guerra:
principi, presidenti, eminenti militesenti potenti,
erigenti esigenti monumenti indecenti,
guerra alle guerre è una guerra da andare,
lotta di classe è la guerra da fare:”

Edoardo Sanguineti, “Ballata della guerra” – 1982

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Nonostante l’uomo distrugga, la primavera ricomincia a sbocciare vita, continuando il suo mestiere.

Comprenderemo mai, noi umani, il nostro di mestiere?

Ps: e intanto, undici le “primavere” di questo blog…

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Chi scappa in modo fortunoso da luoghi tanto devastati, chi viene omaggiato per aver dato la vita in nome di una lotta spesso non compresa.

La guerra e l’uomo. Che si fa piccolo. Nella sua tenacia e nel suo limite.

Da una parte la fatica di un sempiterno Enea che fugge da una guerra con l’anziano padre Anchise sulle spalle. Dall’altra un treno che riporta in patria i corpi di tanti straziati Ettore. Gesti pietosi, uguali da sempre.

L’uomo però, col tempo, si fa sempre più piccolo.

 

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Il ponte bombardato a Irpin

Ripensiamo a quel film illuminato che è “Figli di un dio minore”, anche per omaggiare l’attore William Hurt, interprete magistrale qui e in altre pellicole. Questo film tratta, più che della disabilità, della fatica di venirsi incontro, dato che i linguaggi di ciascuno sono comunque diversi da quelli dell’altro. Condizione che si esplicita soprattutto nelle situazioni di difficoltà. Nella guerra in massimo grado. Perché l’altro è il nemico, sulla carta ancora prima di incontrarlo.

Ma in guerra ci sono poi coloro che risultano “figli di un dio minore”. E non si tratta dei soldati su fronti contrapposti, perciò paritari tra loro almeno per ruolo, bensì dei civili, coloro che si ritrovano tra capo e collo in un meccanismo infernale per cui vita e morte viaggiano molto più vicini rispetto al solito tran tran umano.

Torna allora in mente una frase del film: “Credi che riusciremo mai a trovare un luogo dove io e te potremo vivere uniti al di là dei suoni e del silenzio?”. Già, oltre i suoni della guerra e il silenzio della distruzione.

Chissà quando sarà possibile.

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Stanno per concludersi le Paralimpiadi di Pechino e pochissimo mondo si è accorto persino del loro inizio. Perchè ubi maior minor cessat, e il maior è stata l’invasione russa in Ucraina.

Putin ha quindi aspettato la fine delle Olimpiadi e ha cominciato la guerra. Non contravvenendo perciò, dal suo punto di vista, all’antico e tacito patto di non belligeranza che caratterizza (ancora?) il periodo dei giochi olimpici, ovvero la “tregua olimpica”, la ekecheiría, “le mani ferme”. Appunto.

Senza considerare però le Paralimpiadi, il minor. Come se gli atleti paralimpici non fossero atleti e i giochi paralimpici non avessero nulla da spartire col mondo olimpico. Sfregiando così una parte dell’umano. In realtà raccontando e sfregiando solo se stesso. E purtroppo anche il popolo russo.

Ps: anche le date diventano segni. Le Olimpiadi invernali sono state disputate tra il 4 e il 20 febbraio 2022. Quelle Paralimpiche vanno dal 4 al 13 marzo 2022. L’ invasione russa dell’Ucraina ha inizio il 24 febbraio 2022. Cioè nel brevissimo interregno tra l’una e l’altra, in quell’area temporale (ora anche spaziale) considerata “terra di nessuno”. Appunto.

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Ospedale pediatrico bombardato a Mariupol – 9 marzo 2022

Donna, come ti chiami? – Non lo so.
Quando sei nata, da dove vieni? – Non lo so.
Perchè ti sei scavata una tana sottoterra? – Non lo so.
Da quando ti nascondi qui? – Non lo so.
Perchè mi hai morso la mano? – Non lo so.
Sai che non ti faremo del male? – Non lo so.
Da che parte stai? – Non lo so.
Ora c’è la guerra, devi scegliere. – Non lo so.
Il tuo villaggio esiste ancora? – Non lo so.
Questi sono i tuoi figli? – Si“.

Wislawa Szymborska, “Vietnam” – 1967

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Non si può che pensare alle donne ucraine in questo 8 marzo 2022. Omaggiando il loro coraggio, la loro forza, la loro resistenza. Nonostante.

Mondo piccolo e triste però quello che non solo ha ancora necessità di un Giorno per la Donna, ma persino deve scegliere quali donne in particolare ricordare.

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Nasceva 100 anni fa, il 5 marzo 1922, Pier Paolo Pasolini. Poeta, regista, romanziere. “Corsaro” per definizione.

Scriveva PPP il 10 giugno 1973, a proposito di un tempo che si stava chiudendo, somigliante al nostro: “Non è un cambiamento d’epoca che noi viviamo, ma una tragedia. Ciò che ci sconvolge non è la difficoltà di adattarsi a un nuovo tempo, ma un immedicabile dolore simile a quello che dovevano provare le madri vedendo partire i loro figli emigranti  e sapendo che non li avrebbero visti mai più. La realtà lancia su noi uno sguardo di vittoria, intollerabile: il verdetto è che ciò che si è amato ci è tolto per sempre.”

Uno sguardo chiaroveggente quello di Pasolini. E dolente. Come chi ascolta nel profondo l’anima del mondo.

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Henry Rousseau, “La guerra” – 1894

Le parole non sono mai vuote. Soprattutto se ripetute. Prendono forma, portando con sé il contenuto che raccontano. Dandogli risonanza, anche “solo” nell’immaginario.

Le parole “terza guerra mondiale” e “nucleare” sono da sempre parole tabù. Perché riguardano il destino di tutti noi, dell’umanità intera.

Averle sentite da più parti negli ultimi giorni rende inquietante non solo la tempesta, ma ogni refolo di vento.

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