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Archive for novembre 2021

Neppure il tempo di riprendere fiato e riposizionarsi in coda per la dose booster del vaccino, che entra in scena “omicron”, ultima arrivata (dal Sudafrica) variante Covid. Il che ci fa provare il senso frustrante e distopico del loop, ossia del ciclo continuo, della scena reiterata, della giostra che gira sempre uguale, del cerchio da cui non si esce. Come dalla “o” di “omicron”, appunto.

Dicono i saggi che la lezione, se non compresa, si ripresenta uguale. Forse è tempo di considerare la precarietà quale naturale compagna degli umani passi, come ben suggerisce il filosofo Umberto Galimberti ne “Il libro delle emozioni”:

Le pandemie dei secoli precedenti, con cui si fanno tanto i confronti, erano perlopiù ‘regionali’. Dobbiamo renderci conto che il Covid, invece, è la prima pandemia dell’era iperconnessa e globalizzata: questo vuol dire che il virus ci accompagnerà ancora per molto tempo, la sfida per l’uomo sarà adattarsi. Noi siamo abituati a essere assicurati contro qualsiasi imprevisto, ma la vita non è assicurata contro nulla: dovremmo consegnarci alla precarietà dell’esistenza, accettando che oggi siamo ancora più precari che nel passato”.

Quel senso di precarietà che ci fastidia, perché ci ricorda che non tutto si può controllare, bensì dipende dalla “preghiera”, dalla “grazia”, dalla “volontà di altri”. Proprio quanto la parola “precario” racconta.

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Sono “Leggenda” le “cose da leggersi”, quindi da ricordare e tramandare.

In tal senso Freddy Mercury, frontman del gruppo rock britannico “Queen”, è Leggenda. Infatti, nonostante manchi da trenta anni (ma davvero?!), la sua musica e la sua voce sono patrimonio di tutti noi. Da brividi ogni volta che risuonano.

I sei incredibili minuti di “Bohemian rhapsody”, in quella magica e commista armonia di generi che la canzone sprigiona, rendono tangibile la parola “Leggenda”. Vederla poi cantata a quell’evento benefico, anch’esso leggenda, che fu il “Live Aid” 1985 allo Stadio Wembley di Londra, con una folla oceanica a seguirlo, fa ripensare ai versi iniziali, “Is this the real life? / Is this just fantasy?“, in quel misto di reale e meraviglioso che è la narrazione stessa di una Leggenda. Quale Freddy Mercury, davvero immortale.

 

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Quando sento dire che le parole sono solo parole mi allarmo. E poi mi arrabbio. Perché parlare se si tratta solo di aria? Perché usare parole privandole del loro significato? Perché riempire i vuoti se i pieni non sono tali? Del resto i social, sempre più incubatori ed amplificatori di parole vuote, di ciò si nutrono. Innescando infiniti giri di giostra a basso divertimento e a zero utilità. Ma ad aumento esponenziale di confusione mentale. E la pandemia, purtroppo, è stata e continua ad essere terreno di coltura per tale caos.

In questi giorni torna in scena, purtroppo, la parola “lockdown”, già parola dell’anno 2020. Sembrava che su tale termine “chiuso” potesse nel 2021 avere la meglio quel termine più “aperto” al futuro e al vivibile che è “vaccino”. E in parte è stato così. I numeri, più oggettivi delle parole, fanno emergere le differenze dallo scorso autunno. Eppure…

Eppure l’impressione è che stiamo entrando in un tempo a spirale in cui, seppur con scenari diversi, certi meccanismi sembrano inceppati in un inquietante “loop” distopico. In cui le parole sembrano svuotarsi sempre più, a primo impatto, del loro significato. Quando in realtà sono sempre gravide del loro “pieno”. Ovvero di tutto ciò che portano, e comportano, col loro semplice suono. Dalla implicita “perdita di libertà” in “lockdown” allo “scudo immunitario” nel “vaccino”, fino al “ciclo chiuso e ripetitivo” del “loop”. E se ogni “parto” comporta  una “nascita”, la stessa chiede spazio, mentale e fisico, per prendere “aria”. Affinché sia vissuta “piena” e consapevole, come ogni parola che usiamo.

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Torino in grande fermento per le ATP Finals di tennis al Pala Alpitour per una settimana con le prime otto racchette del mondo: Djokovic, Berrettini, Medvedev, Zverev, Hurkacz, Tsitsipas, Rublev e Ruud. Campioni che si sono concessi una passeggiata in centro tutti insieme con la Coppa.

Purtroppo, a torneo appena iniziato, un fulmine a ciel sereno l’infortunio del nostro azzurro Berrettini nell’incontro con Zverev. Speriamo possa ancora rientrare in gioco, per poter apprezzare il tifo di “casa”.

Nel frattempo Torino “scende a rete” per mostrare al mondo una Mole di sabaude sfaccettature.

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I numeri più citati in questo autunno pandemico numero 2 sono il 3 e il 4. Si parla infatti di terza dose vaccinale e quarta ondata pandemica.

Considerando anche l’1 quale inizio di tale passaggio epocale, abbiamo come somma della successione dei primi quattro numeri il 10, secondo Pitagora numero perfetto, detto “Tetraktys”. Esso rappresenta la sintesi del Tutto attraverso i quattro elementi, Fuoco-Aria-Acqua-Terra. Con cui, tutti sfiniti, speriamo di chiudere ciclo e partita.

E sugli elementi naturali ci stiamo interrogando da tempo, intorno ad altri guai di tutti, cambiamenti climatici e sostenibilità del pianeta. Ultimi ad occuparsene, ma non ultimi, G20 e Cop26.

Altri numeri, giri di giostra e teste pensanti. In attesa di decisioni importanti, per andare avanti. Senza dare i numeri.

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Ricordare…

Corrispondendo ancora… 

Dote celeste… 

Prestata agli umani”. 

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