Ci avviamo a diventare, tra contraddizioni e fatiche e drammi, un Paese quasi tutto “bianco”. E in tempo pandemico “il colore non colore” è sinonimo di ritorno ad una modalità quasi senza restrizioni. Eppure…
Eppure questo “bianco” ha poco da spartire col colpo di spugna che rende la tela nuovamente intonsa, pronta per essere ridipinta. Questo “bianco” rimanda semmai alle tele di Alberto Burri, in cui la “purezza” si frammenta e le ombre delle fenditure disegnano in maniera netta l’immagine di un terreno inaridito. Che è quanto siamo e ci sentiamo ora. Senza “acqua/vita” da parecchio tempo. Incapaci persino, nel nostro interiore tessuto, di “dissetarci”, perché ci siamo rinchiusi in un approvvigionamento di sopravvivenza, quindi sterile.
Abbiamo necessità di una “rieducazione”, propriamente un “ex-ducere“, un “condurre fuori” noi stessi verso quanto giunge dal nostro esterno. Il che non è poi così istintivo, né semplice.
Un “bianco” quindi che ci incanta e ci abbaglia. Forse perché, come recita il “Moby Dick” di Melville, “Non abbiamo tuttavia ancora risolto l’incantesimo di questo biancore, né appreso perché esso rivolga un richiamo di così grande potenza all’anima.”
Cara Es,
quanto condivido le tue parole!
Sembra facile riprendere i ritmi “normali”di vita tanto rimpianti durante i lockdown…Non è per nulla semplice, sembra che si sia spezzato qualcosa dentro di noi.
Sarà di certo più semplice ripristinare i meccanismi dell’economia, che iniziano di nuovo a muoversi oliati da una buona dose di necessità, che ritrovare un vero equilibrio interiore.
Ci sentiamo veramente come le tele di Burro!
Come gli ossi di seppia montaliani, come naufraghi privi di orientamento.
Ma il tempo sospeso non verrà rimpiazzato,rimane rubato!
Buon fine settimana!