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Archive for gennaio 2021

Disegno di Thomas Geve

Scrive Thomas Geve in “Qui non ci sono bambini. Un’infanzia ad Auschwitz”: “Avevo tredici anni quando fui mandato ad Auschwitz con mia madre. Era la fine di giugno del 1943. Poiché dimostravo più della mia età, ebbi la fortuna di essere considerato abile al lavoro. I bambini sotto i quindici anni erano inviati direttamente alla camera a gas. A parte un altro ragazzo, uno zingaro di nome Jendros, allora ero il più giovane dei 18000 internati nel campo di Auschwitz I. Avevo il numero di matricola 127003. Mia madre fu mandata a Birkenau e lavorava alla fabbrica «Union». Purtroppo non sopravvisse. Dopo l’evacuazione di Auschwitz sono stato nel campo di Gross-Rosen, nel gennaio del 1945, e poi a Buchenwald, dove sono stato liberato l’11 aprile 1945. Prima di quel giorno non avevo mai conosciuto la libertà.

Ero gravemente debilitato e avevo perso le unghie dei piedi per l’attrito contro gli zoccoli di legno e per la denutrizione. Troppo malridotto per lasciare la mia baracca, il blocco 29, quello dei prigionieri antifascisti tedeschi, vi rimasi più di un mese dopo la liberazione del campo. Fu allora che eseguii una serie di settantanove disegni miniaturizzati, a colori, delle dimensioni di una cartolina, per illustrare i vari aspetti della vita in campo di concentramento. Li feci essenzialmente con l’intento di raccontare a mio padre la situazione cosi com’era realmente stata.”

Come disse Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”

Disegno di Thomas Geve

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Tempi straordinari quelli che stiamo vivendo. Tanto che anche Pantone si adegua col suo colore dell’anno, scegliendo per il 2021 due tonalità: Illuminating, il giallo vibrante, insieme a Ultimate Gray, il tranquillo grigio. Una combinazione di due colori indipendenti, a dimostrazione che elementi differenti possono unirsi per supportarsi a vicenda. Nello spirito dei tempi, o meglio nell’auspicio di una solidarietà diffusa.

La selezione di due colori indipendenti evidenzia come diversi elementi si uniscono per esprimere un messaggio di forza e speranza che è allo stesso tempo durevole ed edificante“, ha spiegato Leatrice Eiseman, direttore esecutivo del Pantone Color Institute . “Pratica e solida come una roccia ma allo stesso tempo calda e ottimista, questa è una combinazione di colori che ci dà resilienza e speranza“, ha continuato. “Dobbiamo sentirci incoraggiati ed edificati, questo è essenziale per lo spirito umano“.

Giallo e grigio, positività e fortezza, vivacità e affidabilità. Una distesa di ciottoli sulla rena.

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L’insediamento del 46° Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden e della sua vice Kamala Harris è infine avvenuto. Un Inauguration Day caratterizzato da assenze e presenze.

Assente la folla e il suo vociare, in una Washington blindata per motivi di sicurezza. Assenti baci – abbracci – strette di mano per pandemia in corso. Assente il Presidente uscente, come non succedeva dal lontano 1869 con Andrew Johnson e il suo successore Ulysses Grant.

Presente un mare di bandiere americane sulla spianata antistante il Campidoglio. Presenti quasi tutti (Carter assente giustificato per l’età) gli ex Presidenti: George W. Bush, Bill Clinton, Barack Obama e le rispettive consorti. Presente il vicepresidente uscente Mike Pence, protagonista indiscusso nel giorno dell’assalto al Congresso.

E poi, in successione sul palco, simboli intrecciati ad emozioni: un giuramento alla vicepresidenza per la prima volta nelle mani di una donna afroamericana Kamala Harris, l’inno nazionale cantato da una superba Lady Gaga (origini italiane), la celebre canzone di Woody Guthrie “This land is your land” cantata da Jennifer Lopez (origini portoricane) che urla “Libertà e giustizia per tutti”, i versi luminosi e ritmati sulla democrazia della giovane poetessa afroamericana Amanda Gorman. Come se le donne, e di tutte le terre, potessero ora sapere, e non solo più sognare, che anche per loro sono aperti i ruoli chiave.

Infine le prime parole, pacate ma ferme, del Presidente in carica Joe Biden. Intorno all’unità dell’America e alla sua pacificazione: “Oggi, in questo giorno di gennaio, tutta la mia anima è in questo, riunire l’America, unire il nostro popolo, unire la nostra nazione”. Parole seguite con sollecitudine dai suoi primi atti: obbligo di mascherine, rientro nell’Oms e nell’Accordo di Parigi sul clima, stop alla costruzione del muro col Messico.

Resta impressa un’immagine, tra le tante di questa giornata. Una coppia, Joe e Jill, che si abbraccia con affetto autentico e profondo, sapendosi sostegno l’uno per l’altra, davanti all’ingresso della loro nuova abitazione. Incidentalmente si tratta del 46° Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e della First Lady Jill Tracy Biden.

Che quell’immagine sia d’augurio, per tutti noi, affinché inclusione e speranza tornino ad essere protagoniste alla Casa Bianca.

 

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E così riapre in presenza la scuola (superiore, l’altra lo è quasi sempre stata). Più per partito preso che per completa convinzione. Così almeno appare.

Riunioni infinite, convocazioni urgenti, decreti governativi e sentenze di Tar, ordini e contro ordini, forse sì forse no. E alla fine si va in scena. O meglio, dopo che gli impresari hanno deciso ora tocca ai teatranti: studenti, docenti, operatori scolastici. In nuova ondata pandemica con diverse varianti del virus ad allarmare. Chissà se anche in completa sicurezza.

Dipenderà da quanto succede nei trasporti e nelle attività extrascolastiche, dicono. Ma anche da quanto accade nelle scuole, all’interno delle aule, dico. Perché la maggior parte delle scuole vedrà sì nell’edificio il 50% delle classi, ma nelle singole aule il 100% degli studenti. Stanze per la maggior parte piccole e poco aerabili, anche per la stagione fredda.

A tal proposito, chiedendo ad una mia collega “cosa faremo con le finestre?”, le ho scritto “cosa faremo con le ginestre?”. Lapsus leopardiano, predittivo della mia/nostra voglia di natura versus chiusura.

Che poi proprio la ginestra, simbolo di resistenza, si sia affacciata al davanzale del mio inconscio, lo rende un lapsus al quadrato…

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Sta diventando il nostro “abito” quotidiano, il nostro “modo d’essere”. Accettare i numeri gravi delle giornaliere perdite di vite umane per SarsCov2. Inquietante e doloroso.

Eppure ci stiamo “abituando”. Come se soffermarci troppo, prendendone piena consapevolezza, non fosse possibile. Per preservarci, per sopravvivere. Come accade in guerra.

Vengono in mente le parole usate da Moravia nel suo romanzo “La ciociara”: “Questo per dire che ci si abitua a tutto e che la guerra è proprio un’abitudine e che quello che ci cambia non sono i fatti straordinari che avvengono una volta tanto ma proprio quest’abituarsi, che indica, appunto, che accettiamo quello che ci succede e non ci ribelliamo più.

Noi, che piangiamo sconvolti le vittime di un terremoto, ci stiamo scordando le lacrime.

Un altro risvolto brutale, per nulla umano, di questa pandemia.

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“Altri volti”, mostra di Giuseppe Leone, esposta al Ragusa Foto Festival dal 29 giugno al 15 luglio 2012.
Leonardo Sciascia. © Giuseppe Leone

A 100 anni dalla sua nascita, Leonardo Sciascia sta nel presente in modo attuale. Persistente come certa memoria civile che ci ha insegnato a coltivare.

Con la sua scrittura analizzava e denunciava. Combattendo attraverso la penna per tentare di cambiare il mondo nella sua sete illimitata di profitti.

La scrittura – diceva – non è orpello né belletto, ma strumento di conoscenza, di lotta, di redenzione. È arma con la quale combattere ingiustizie, sopraffazioni, imposture: pazienza se il divertimento di molti lettori ne sarà sacrificato.”

Insegnando in realtà ai suoi lettori a non voltare mai lo sguardo di fronte alle storture sociali. Divenendo, da “Il giorno della civetta” a “L’affaire Moro”, un modello di scrittura civile. Necessario a futura memoria.

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Non penso sia un caso l’uso della parola “assalto” per quanto successo al Congresso di Washington, luogo simbolo della democrazia, non solo americana. Perché le forme e i modi ricordano l’assalto, appunto, al treno di fordiana (e registica, non presidenziale) memoria.

Anche se Capitol Hill non è propriamente il selvaggio West, e lo sfregio ai simboli democratici (dall’occupazione dello scranno del Presidente del Senato, nonché vice di Trump, Mike Pence a quella dell’ufficio della Presidente della Camera Nancy Pelosi) non può essere ridotto ovviamente a fatto di costume.

Innanzitutto perché ci sono state delle vittime, purtroppo. Poi perché le falle al sistema di sicurezza si sono rese evidenti, seppur poco convincenti. E infine per il ruolo giocato dal Presidente in carica Donald Trump per l’innesco dell’assalto.

Le domande rimangono perciò sospese nell’aria con il loro carico di inquietudine.

Perché tale “marcia” (a triste e italiana memoria) tanto annunciata non è stata affatto contenuta? Perché così pochi (e in certi casi conniventi) agenti a presidio di un edificio di cui si dice solitamente che “non entri neppure un capello”? Perché il Congresso stesso, al suo interno, non è stato posto in massima sicurezza in un giorno tanto simbolico e delicato, quale quello della certificazione parlamentare dell’elezione di Joe Biden a 46° Presidente degli Stati Uniti d’America? Perché l’intervento della Guardia Nazionale è avvenuto su richiesta del Vicepresidente Pence e non del Presidente Trump, come se di fatto in quel disgraziato, e purtroppo storico, pomeriggio americano, fosse già stato applicato il 25° emendamento?

Ora si spera in una transizione pacifica, con sorveglianza attiva, verso la data del 20 gennaio, giorno di insediamento alla Casa Bianca del Presidente eletto Biden, a cui spetterà il gravoso compito di riunificare la nazione intera attraverso i valori democratici. Valori di riferimento per il mondo intero.

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Che l’Epifania possa illuminare i passi di tutti noi…

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Primo lungometraggio interamente dipinto. Nello stile di Van Gogh. Per raccontare la sua pittura, sublime, e il mistero, insondabile, della sua mente.

Il colore giallo Van Gogh sembra uscire, con la sua solarità, dallo schermo per catturare lo spettatore, fino a inghiottirlo in quei dipinti ormai famosi. Insieme al blu del cielo stellato. Col mondo, piccolo, che neppure intravede il suo genio, grande. E il fratello Theo che invece vede la potenza della sua arte e la profondità della sua sofferenza. Ma l’amore fraterno non è sponda sufficiente a contenerlo.

Diceva di sé, “sono afflitto ma sempre lieto“. E i suoi girasoli, nella loro effimera luce, sembrano testimoniarlo. In questa pellicola, in modo magistrale.

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Auguri affettuosi di Buon 2021.

Che possa essere un anno di Benessere.

Con la prospettiva di un Mondo Nuovo.

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