“Spaventosa macchina“. Così il giornalista de “La Stampa” Luigi Barzini definì la TV italiana ai suoi esordi, il 3 gennaio 1954.
“Tra breve, senza dubbio, – disse – l’apparecchio sarà letteralmente ovunque, dove ora sono radio-riceventi , in parrocchia, nello stabilimento di bagni, nelle trattorie, nelle case più modeste. La capacità di istruire e commuovere con l’immagine unita alla parola e al suono è enorme. Le possibilità di fare del bene o del male altrettanto vaste. L’Italia sarà inun certo senso, ridotta ad un paese solo, una immensa piazza, il foro, dove saremo tutti e ci guarderemo tutti in faccia”.
E così è stato. Riconoscendoci come comunità nelle tragedie, dal rapimento e assassinio di Aldo Moro agli attentati contro i giudici Falcone e Borsellino, dal disastro del Vajont all’alluvione di Firenze, dalla disgrazia di Alfredino Rampi al terremoto di Amatrice. Una parte, non certo per il tutto. Fino alle impensabili immagini del crollo delle Torri Gemelle di New York.
Ma ci siamo riconosciuti anche nelle conquiste collettive, da un primo piede umano sulla Luna a quelli calcistici italiani da “Campioni del mondo”. Insieme ad elezioni di Papi entrati nella Storia e a spezzoni di spettacolo, dal “Tuca Tuca” a “Rischiatutto”, entrati nel nostro immaginario collettivo.
Una “spaventosa macchina” di registrazione del Tempo.