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Archive for novembre 2018

Un annuncio inaspettato ma meritato. E giunto via Twitter, come impone il tempo social che stiamo vivendo. L’account usato è stato quello ufficiale dell’Unesco, che ha decretato la musica reggae patrimonio immateriale dell’umanità.

Così il genere musicale nato negli anni ’60 in Giamaica e famoso in tutto il mondo attraverso Bob Marley, Peter Tosh, Gregory Isaacs, Jimmy Cliff assurge a valore universale, con una motivazione di tutto rispetto: “Il suo contribuito al dibattito internazionale su ingiustizia, resistenza, amore e umanità sottolinea le dinamiche che lo rendono contemporaneamente cerebrale, socio-politico, sensuale e spirituale”.

Si pensi al brano “No woman no cry”, forse il più conosciuto di Bob Marley. Ispirato alla vita di Trenchtown, è un testo che incoraggia ad andare avanti e non mollare mai perché, alla fine, tutto andrà bene.

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Più arduo e solitario il cammino senza un tal nocchiero.

Difficile condensare il regista Bernardo Bertolucci in una sola parola, ma forse Maestro si avvicina. Per quel di più, magis appunto, insito nella parola “magister“.

Per padre il poeta Attilio che gli fa amare lo scavo nella parola, per vicino di casa il giovane Pasolini che lo vuole aiutante nel suo primo film.

Il resto è storia del cinema. Perché “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento”, “L’ultimo imperatore” , “Il té nel deserto”, “Piccolo Buddha” sono capolavori assoluti, pietre miliari della settima arte. E Bertolucci è l’unico italiano ad aver vinto il premio Oscar come miglior regista.

Mi piace ricordarlo con i versi di una poesia, “Decisioni per un orto”, di suo padre Attilio che ho avuto l’onore di incontrare in occasione del Premio Montale: “Bisogna rivalutare questo orto / recingerlo dove è aperto di rete metallica / azzurra“.

Ecco, penso che l’azzurro, colore dei poeti, sia quello con cui sta ora “giocando” il Maestro Bertolucci. L’ultimo imperatore del cinema.

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“Per bacche!” – Photo by Ester Maero

Pieno autunno, ormai sporto in avanti. Verso l’inverno. Con bruma e grigio a portata di occhi.

Invece, nel bel mezzo di una breve flanerie, un tripudio di bacche rosa. Del tutto inaspettate, e tali da far esclamare: “Per bacche!”.

Da gustare lentamente. Come un sorbetto di stagione.

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Trent’anni fa usciva nelle sale “Nuovo Cinema Paradiso”, un film-atto d’amore del regista Giuseppe Tornatore nei confronti del cinema.

Lo sguardo incantato di Totò bambino davanti ai singoli fotogrammi della pellicola che scorre nelle sue mani è infatti quello di chi ama profondamente il cinema, quale possibilità altra per raccontare la vita. E vivendola per una manciata di ore.

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Ha preso congedo dal mondo e dai suoi lettori quasi in silenzio (anche per la stampa) Arto Paasilinna, uno dei miei scrittori preferiti. E mi ha “giocato” una delle sue trovate inventive: andarsene il giorno del mio compleanno.

Ex boscaiolo, poi giornalista, diventa infine lo scrittore finlandese, da centomila copie a libro, più conosciuto all’estero. Autore cult, sempre focalizzato sul rispetto dell’ambiente naturale, con una capacità di racconto dai toni tragicomici e dall’umorismo corrosivo, diventa famoso con “L’anno della lepre”, in cui si narra di una sparizione nei boschi e di una curiosa alleanza tra un giornalista e una lepre. Perché nel suo mondo immaginario sono sempre gli animali a permettere agli uomini di sperimentare i loro limiti.

Io ho molto amato “Il migliore amico dell’orso”, storia surreale dell’affettuoso legame tra un tenero orsetto, divenuto poi grande e servizievole orso (la scena in cui stira le camicie è mitica), e il suo allevatore-pastore (di anime) che gli insegna ad essere orso nella civiltà (la scena in cui gli prepara la tana per il suo primo letargo è davvero commovente). Uomo e animale in simbiosi affettuosa, quasi mistica. Che poi l’orso porti il nome “Satanasso” sottolinea l’altezza dell’invenzione artistica di Paasilinna.

Non poter più sperare in una nuova storia di questo scrittore, incontrando così personaggi che faranno poi parte della mia vita (quante volte invoco orso Satanasso di fronte ai panni da stirare…), mi fa vedere il cielo un po’ più piccolo. E meno terso.

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Andrew Tosh, “Topolino” – 2017

Il mitico Topolino compie 90 anni.

Il 18 novembre 1928 Walt Disney presentò per la prima volta al pubblico del Colony Theater di New York Il suo Mickey Mouse.

Famoso ad ogni latitudine, icona senza tempo, eroe amato dai bambini di qualsiasi età, Topolino è il fumetto in cui ciascuno ritrova il buonumore. Perché simbolo di simpatia e generosità, arguzia e ottimismo.

Un personaggio pop al top. Un brand che fa trend. Una piccola “bestia”, ma The Best.

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Neil Aldridge, “Aspettando la libertà” (2017) – 1°premio categoria Ambiente “World Press Photo 2018”

Ultimi giorni torinesi per la mostra internazionale “World Press Photo 2018”, il concorso più prestigioso di fotogiornalismo.

Quest’anno la foto vincitrice assoluta è di Ronaldo Schemidt che, durante una manifestazione di protesta contro il presidente venezuelano Maduro, ha immortalato un ragazzo con una maglietta che sta prendendo fuoco.

La mia preferita è però quella di Neil Aldridge, vincitrice nella categoria “Ambiente”. Ritrae un rinoceronte bianco sottratto ai bracconieri, sedato e bendato, perché in attesa di tornare alla sua naturale libertà. In Botswana, al Delta dell’Okavango.

Mi hanno incantato i semplici ma intensi cromatismi: un unico tocco rosso su campo grigio. Una mascherina per riposarsi ad un gigante della savana. Il pericolo scampato e un unico sogno, la libertà.

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Complice l’estate di San Martino, puntuale nonostante la fiumana che l’ha preceduta, la natura si sta lentamente spogliando dei suoi vestiti. Regalandoci cangianti tappeti fogliati dalle tonalità fiammanti. Con il cremisi e l’ocra che giocano a prendersi e a sorprenderci.

A palcoscenico aperto. In un prolungato e superbo canto del cigno.

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Ennio Morricone e la consegna dell’Oscar, 28 febbraio 2016

È sufficiente l’attacco di una delle sue colonne sonore perché sia subito evidente il film per cui è stata scritta. Questo fa di Ennio Morricone, 90 anni in questi giorni, un compositore di fama mondiale, come dimostra la stella che gli è stata attribuita sulla Walk of Fame a Hollywood.

I numeri sono da capogiro: più di 500 colonne sonore scritte, oltre 70 milioni di dischi venduti, due Oscar di cui uno alla carriera “per i suoi contributi magnifici all’arte della musica da film”, tre Grammy Awards, quattro Golden Globes, sei BAFTA, dieci David di Donatello, undici Nastri d’Argento, due European Film Awards, un Leone d’Oro alla carriera e un Polar Music Prize.

Ha lavorato con i registi più diversi, da Elio Petri a Brian de Palma, da Oliver Stone a Giuseppe Tornatore, da Dario Argento a Bernardo Bertolucci, da Mike Nichols a Quentin Tarantino. Anche se la svolta nella sua carriera avvenne negli anni Sessanta quando l’ex compagno di scuola alle elementari, Sergio Leone, gli chiese di scrivere il tema conduttore del suo primo western all’italiana, “Per un Pugno di Dollari”E con il grande regista italiano il sodalizio continuerà fino al superbo “C’era una Volta in America”.

È proprio la sua punteggiatura sonora, così evocativa, sublime, perfetta, a rendere leggendarie le pellicole che portano la sua firma musicale. Da “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” a “Mission”, da “Novecento” a “The untouchables”, da “Nuovo Cinema Paradiso” a “Il buono, il brutto, il cattivo”.

Note talmente potenti da vivere di vita propria, oltre l’immagine filmica.

 

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Era la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938. Iniziava la discesa verso l’inferno.

Su istigazione del ministro nazista della propaganda Joseph Goebbels inizia in Germania un pogrom contro gli ebrei compiuto da forze paramilitari e civili tedeschi.

Sinagoghe incendiate, appartamenti saccheggiati, negozi distrutti. E vetri disseminati ovunque. Circa duecento vittime. E 26.000 ebrei avviati ai campi di concentramento.

Ottant’anni fa. Ma la Storia ci riguarda sempre. E tutti.

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