
Norman Rockwell, “American School” – 1946
Ritorno a scuola.
Ma, pay attention, non inteso come “back to school”, espressione che ricade a pioggia sull’intera società nella ripresa dei suoi ritmi, familiari, televisivi, infrastrutturali. In virtù del sostantivo, “ritorno” appunto, che conduce nuovamente tutti, obtorto collo, tra i banchi degli edifici scolastici.
Intendo invece “ritorno” come verbo al tempo presente in prima persona singolare. “Io ritorno a scuola”. Già. Per un altro anno scolastico. Quasi alla stregua di quei ripetenti per cui sembra perso il verso, mai del tutto contrario ma un po’ ostinato sì, di imparare.
E così, “ritorno” a scuola. Verbo peraltro intransitivo, che in realtà di intransitivo ha proprio nulla. Perché tutto a scuola, anche nel suo ritorno, è sempre transitivo, “apre cammino”. Almeno in quell’idea di “entrare”, ancora una volta, in un luogo in cui i pensieri si concepiscono attraverso gli incontri delle menti, fino a vederli con fatica e soddisfazione partorire. Tra gioia e sofferenza. Vita che pulsa. Sorrisi e malinconie, successi e frustazioni, traguardi e ripartenze.
Eterni ritorni. Resi fecondi dal fluire condiviso dei giorni.
Ps: buon anno scolastico a tutti. Anche a chi, solo di sguincio, intravede la Scuola.
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