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Archive for aprile 2018

Amedeo Modigliani, “Alice” – 1915 (SMK – Statens Museum for Kunst, Copenaghen)

Ho scoperto “Alice”, quella di Modigliani, a Copenaghen. In una sala molto luminosa del “Museo di Arte Nazionale” della Danimarca.

È bella, tanto. Come se il “Paese delle Meraviglie” fosse lei, in persona.

Ed è azzurra, come un cielo appena dilavato che non ha scordato le sue nuvole. Pur avendole ormai perse.

Mi piace “Alice”. A tal punto che la considero la mia privata “Sirenetta” in Copenaghen.

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“Dopo venti anni di regime e dopo cinque di guerra, eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un’anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà.”

Norberto Bobbio (filosofo italiano, nel 1942 aderí al  Partito d’Azione).

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La loro bellezza è evidente.

Colorano, in esplosioni di rosa, lo sguardo del viandante.

Accennando, nella loro delicatezza, ad un’effimera quintessenza.

Senza alcuna prepotenza.

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Tweet del presidente americano Donald Trump, poche ore prima del raid compiuto in Siria: “La Russia giura di abbattere tutti i missili sparati sulla Siria. Preparati Russia perché arriveranno, belli e nuovi e ‘intelligenti!’ “.

Sapere che questi sono i pensieri che circuitano i neuroni dell’uomo più potente del pianeta mette i brividi. Sfrondando quasi completamente i piccoli arbusti viventi che siamo.

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“Il passare del tempo va accettato. E, comunque, sono troppo presa a vivere per preoccuparmi di altro”.

Claudia Cardinale, commentando il suo genetliaco numero 80. Parole degne della sua Jill McBain in “C’era una volta il West”.

Ps: hanno invece concluso la loro parabola terrena due registi visionari, Milos Forman premio Oscar con “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e “Amadeus”, e Vittorio Taviani che col fratello Paolo firmò la biografia di Gavino Ledda, “Padre padrone”, nonché “La notte di San Lorenzo”, film contro tutte le guerre. Drammaticamente attuale.

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Ancora una volta il Jova fa l’ola.

Regalandoci il senso pieno delle canzoni, che “non devono essere belle, / devono essere stelle / illuminare la notte / far ballare la gente”.

Con qualche illuminato corollario sulle nostre scelte: “E nuotiamo controcorrente / e prendiamo decisioni assurde / ma più ci rifletti e più fai errori / È l’istinto il braccio che ti tira fuori / dalle sabbie mobili / che trascinano giù.”

Fantastico manifesto new pop, in salsa Jovanotti.

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Si ricomincia.

Altro giro di giostra.

Si sale e si scende dal Quirinale.

Con la possibilità che un ircocervo lo possa visitare…

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Io li amo… Sospendono il mio pensiero. Mettendo in attesa i miei circuiti non ancora certi.

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Cinquant’anni fa, il 4 aprile 1968, veniva ucciso Martin Luther King.

Ma il suo “sogno” continua ad essere attuale, specie in un tempo storico in cui le differenze sono ancora una volta divisive.

“Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione.”

“Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza.”

“Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.”

” Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.”

“Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.” 

Dal discorso di Martin Luther King tenuto a Washington il 28 agosto 1963 in occasione della “Marcia per il lavoro e la libertà”.

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Cinquant’anni fa, il 3 aprile 1968, usciva nelle sale statunitensi il film di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio”. Lasciando una potente traccia nel cinema, nella fantascienza e nell’immaginario collettivo.

La pellicola, lunga 139 minuti, ne ha solo 40 di dialogo, perché si tratta essenzialmente di un’esperienza visiva, “che penetra direttamente il subconscio con un contenuto emozionale e filosofico“, come spiegò lo stesso regista.

Una riflessione profonda e predittiva sull’indissolubile legame che l’essere umano ha con lo spazio e con il tempo, in una sorta di viaggio omerico che va dalla genesi dell’uomo fino alla rinascita sotto forma di feto che fluttua sopra la Terra.

Col monolite nero simbolo di quanto è incomprensibile dalla notte dei tempi all’Uomo. Oggi simile allo schermo internettiano tanto deificato.

E la musica di Richard Strauss, Così parlò Zarathustra, a sottolineare metamorfosi e fragilità umane. Evocando una visionaria analogia tra l’Oltreuomo e il Bambino delle Stelle.

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