Usare la foto di Anna Frank per recare offesa all’avversario sportivo è l’ultima deriva folle di una folle società alla deriva.
Una società che si nutre, o meglio sopravvive, di pane e circo. Pensando che la poesia non dia pane. Già. Perché dà molto di più. Qualcosa che viene prima del pane. Perché prima della bestia che mangia c’è l’uomo che pensa.
Rendere epiteto offensivo l’immagine di una ragazzina che, insieme a milioni di persone, non ha potuto vedere se stessa fiorire per un diabolico progetto di sterminio, ti rende incredulo. Poi ti accappona la pelle. Solo in un terzo momento ti poni razionali domande: “Di chi sono figli costoro, geneticamente e socialmente?”, “Quanti e quali libri non hanno mai letto?”, “Quanto ignorano di Anna Frank, del secolo breve e del caduco umano percorso?”.
Razza davvero barbara quella umana.
E dire che Anna Frank scriveva: “Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.”
Ma nell’affermare che siamo tutti Anna Frank rischiamo di raccontare l’accaduto solo nell’acqua smossa di superficie. Perché tanti ancora non hanno neppure sfiorato il suo doloroso vissuto. E tutti noi continueremo solo per difetto ad avvicinarci al suo più interno vissuto.
A stento scrivo , inchiodata da tanto abominevole orrore, solo per dirti che l’attuale barbarie esperita quotidianamente rende sempre più lontano il cielo che guardava Anna ,speranzosa di un ritorno del bene.
Ora il cielo,sempre.meno blu , pare inorridire e distanziarsi dall’ insensata “umanità”.
Le tue parole mi hanno commossa.
Ho la sensazione, cara Sonia, di una precipitosa decadenza umana.
A presto, Es.