Ricordo come allora l’atmosfera di quel giorno. Atmosfera strana, lenta, irreale. Quasi di attesa. Con una luce fredda, lunare. Come se qualcosa di alieno stesse per visitare la nostra quotidianità.
E in quell’afoso pomeriggio di luglio qualcosa di impensabile avvenne. Dopo 57 giorni dalla strage di Capaci si perpetrava un’altra strage, in Via D’Amelio a Palermo. Dopo il giudice Falcone e la sua scorta la mafia uccideva il giudice Borsellino e i suoi uomini. E donne. Morì infatti anche Emanuela Loi, prima donna poliziotto ad essere uccisa in servizio.
In due mesi il nostro Paese perdeva due dei suoi patrimoni migliori, in termini umani e professionali. Fu fatto tutto il possibile per evitare quegli efferati eccidi? Perché i due magistrati furono lasciati soli? E perché Paolo Borsellino dopo l’omicidio del suo amico-collega Giovanni Falcone continuava a ripetere “Adesso tocca a me”? Cosa sapeva che era bene non si sapesse? E perché la sua famosa “agenda rossa” sparì? E perché tanti depistaggi? E perché la verità sembra sempre altrove e di là da venire? Anche dopo 25 anni?
Hai ragione, cara Es,
l’atmosfera di quel lontano/vicino giorno resta impressa nell’anima a segnare una perdita irreparabile, che si è portata dietro la risposta ai mille interrogativi irrisolti. Il grande Paolo era venuto a conoscenza di un’Italia politicamente mafiosa, di nomi inimmaginabili al popolo. Questo forse il senso della sua consapevole condanna.
Spero che si faccia luce sulla verità.
A scapito di tutto.
Giovanni e Paolo :i nostri grandi esempi da seguire.
E le parole di Fiammetta Borsellino risuonano forti e accusatorie nei confronti di uno Stato che spesso isola chi svolge onestamente e senza proclami il proprio dovere.
Un abbraccio, Es.