Un inizio d’anno che ci lascia scevri del linguista Tullio De Mauro e del critico letterario Claudio Gorlier.
Linguista di alta caratura il primo, capace di cogliere l’uso delle parole nella storia del nostro Paese, studioso della letteratura di lingua inglese il secondo, capace di intuire la grandezza di scrittori quali Philip Roth e Gore Vidal.
Sempre attento Tullio De Mauro ai cambiamenti linguistici in Italia, solo un anno fa aveva dichiarato “Il 70% degli italiani non capisce quello che legge“, denunciando ancora una volta il rischio di analfabetismo funzionale.
L’anglista Claudio Gorlier aveva curiosamente ispirato a Fruttero, suo compagno di banco al liceo, il personaggio dell’americanista Bonetto nel romanzo “La donna della domenica”, colui che spiega al commissario Santamaria l’indizio chiave, ovvero la parola piemontese “pera“, in italiano “pietra“, e che diventa famoso sottolineando che “non si dice Boston, ma Baaastn“. Ma lo studioso Gorlier, il primo a vincere una cattedra di letteratura americana in Italia, era anzitutto un critico acuto ed intuitivo, che aveva frequentato i grandi scrittori del Novecento italiano, da Pavese a Fenoglio, da Calvino a Levi.
Per me il Professore Claudio Gorlier resta un incontro inaspettato e prezioso. Fu il mio controrelatore alla tesi di laurea su “Eugenio Montale e la letteratura anglosassone”. Persona di profonda cultura e raffinata ironia, mi fece cogliere il valore della traduzione quale “tradimento”. Un cammino di senso, tra le parole.