“Era uno spettacolo impressionante, i mille lumi delle vetrine, i festoni, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili che tentavano affannosamente di andare avanti e il formicolio vertiginoso della gente che andava e veniva, entrava ed usciva, si accalcava nei negozi, si caricava di pacchi e pacchetti, tutti con un’espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. […] Dovunque le due bestie guardassero, ecco uomini e donne che facevano pacchi, e preparavano buste, e correvano al telefono, e si spostavano da una stanza all’altra portando spaghi, nastri, carte. Dovunque arrivassero, era il medesimo spettacolo. Andare e venire, comprare e impacchettare, spedire e ricevere, imballare e sballare, chiamare e rispondere. E tutti guardavano continuamente l’orologio, tutti correvano, tutti ansimavano col terrore di non fare in tempo. Per le strade, nei negozi, negli uffici, nelle fabbriche, uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi l’un l’altro, come automi, delle monotone formule. “Buon Natale, auguri, auguri, felici feste, grazie, auguri, auguri, auguri“. Era un brusio che riempiva la città. […] –Mi avevi detto – osservò il bue – che era la festa della serenità, della pace, del riposo dell’animo. –Già – rispose l’asinello – Una volta era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno all’avvicinarsi del Natale, gli uomini vengono presi da grande agitazione e non capiscono più niente. […] – Ce n’è troppo di Natale, allora. Ma ti ricordi quella notte, a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino? Era freddo, anche lì, eppure c’era una pace, una soddisfazione. Come era diverso! […] – E quei tre ricchi signori che portavano regali, li ricordi? Come erano educati, come parlavano piano, che persone distinte. Te li immagini, se capitassero in mezzo a questa baraonda? E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle di solito hanno vita. -Ho idea di no – disse il bue, scettico. – C’è poca aria di stelle, qui. Alzarono i musi a guardare, e infatti non si vedeva niente. Sulla città c’era un soffitto di caligine.”
Da “Ce n’è troppo di Natale” di Dino Buzzati (1906/1972)
Le parole di Buzzati forografano perfettamente la realtà attuale.
Una frenesia inspiegabile , che ogni anno ci cattura , gettandoci nel vortice della follia. Un Natale senza dubbio snaturatissimo che porta a poche conclusioni . Odio la corsa al regalo in fretta e furia e senza senso.
Odio l’intenso traffico di auto in un momento in cui ogni giorno ci informano dei livelli massimi di polveri sottili , ben diverse dalle polveri di stelle che vorremmo assaporare con calma durante le festività. E non si prendono provvedimenti drastici , perchè, si sa,sotto le feste si danneggerebbe l’economia , dato che siparla , secondo alcuni, di ripresa..
Io non percepisco ripresa ma solo tanto smog, una pessima atmosfera e l’impressionante scenario così ben caratterizzato dal bravo Buzzati.
Auguro a tutti comunque un sereno periodo di feste ed un Anno nuovo molto molto lento…..
A presto!!
Grazie Ester, molto bello il racconto di Buzzati.
Auguri per un Natale di Verità e Pace!
Nives
Grazie del tuo augurio, cara Nives, che ricambio.
A presto, Es.
Quando l’agitazione porta allegria e speranza va anche bene…forse dobbiamo fermarci a riflettere su cosa stiamo portando. Sinceri auguri!
Vero, cara Monique. Auguri anche a te.
A presto, Es.