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Archive for dicembre 2014

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Usa e Cuba che tornano a parlarsi dopo più di mezzo secolo. Il gelo che si scioglie. Todos somos americanos. Si tratta di storia, anche se non ce ne rendiamo conto. Troppo da vicino è in agguato la presbiopia.

Però rifletterci tra le feste e l’anno nuovo in avvicinamento fa ben sperare per il futuro. Su quella recondita capacità di dialogo che l’umanità, sometimes, si ricorda di avere tra le proprie pieghe. Trasformando silenzi in mani che si tendono.

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natale1

Che sia soprattutto “Natale”, ovvero “nascita”. Inizio, speranza.

Affettuosi auguri a tutti i “passeggeri”, pendolari e viaggiatori, di “espress451”.

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Una voce talmente graffiante da essere definita “ruggito”.

Uno dei cantanti simbolo al mitico concerto di Woodstock.

Nelle sue corde blues, soul e musica nera. Ma anche colonne sonore talmente incisive, da “9 settimane e ½” a “Ufficiale e gentiluomo“, da entrare nell’immaginario di ciascuno.

Questo è stato il “Leone” di Sheffield, al secolo Joe Cocker.

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Non so voi, ma io adoro, I love, la serie televisiva “Downton Abbey“.

Mi sono interrogata sul perché. Sicuramente la mia anglofilia gioca la sua parte. E l’ottima recitazione insieme all’ambientazione d’effetto fanno il resto. Però ho capito che io amo actually quei modi di rivolgersi gli uni agli altri. Con i quali, anche ai cosiddetti “piani bassi”, si era soliti comunicare, ovvero senza la truce volgarità di questi tempi barbari. In cui ad ogni parola si intercala una scurrilità, ormai sdoganata ovunque.

Ecco perché mi piace “aggirarmi” per quella dimora, origliando i loro discorsi. In punta di piedi, per non disturbare neppure la cucina in cui si serve, anche lì in maniera impeccabile, una tazza di tè. English, of course.

Ps: la colonna sonora è la ciliegina su questa sontuosa cake

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lettera natale

E se ci prendessimo una pausa per scrivere una lettera di Natale?

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Con quella bocca può dire ciò che vuole” recitava il tormentone di una pubblicità di dentifricio che le diede popolarità a inizio carriera.

Poi vennero i grandi registi, da Lattuada a Comencini, da Risi a Monicelli. A cui seguirono il successo e i premi. Persino Hollywood la corteggiò, eppure lei era capace, con quella bocca appunto, a dire anche di no.

Ma Virna Lisi la si ricorderà, al di là della sua bellezza senza tempo e della indiscussa bravura d’attrice, per l’eleganza e la riservatezza.

Da autentica Lady. A cui persino il Tempo si era inchinato.

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Umberto Boccioni, "Controluce" (1910)

Umberto Boccioni, “Controluce” (1910)

E’ stato il primo museo italiano interamente dedicato all’arte contemporanea.

Pur rimanendo fedele al suo stato di nascita, quello di antica residenza sabauda fregiata, ma non terminata, dall’abile mano dell’architetto Filippo Juvarra.

Oggi il Castello di Rivoli, nel trentennale della sua attività museale, vede la rassegna dedicata al disegno “Intenzione manifesta. Il disegno in tutte le sue forme” con opere “disegnate” di artisti contemporanei affiancate da opere storiche di Picasso, Mirò, Boccioni, nonché la mostra di Sophie Calle “MAdRE“, sui temi dell’affetto e dell’analogia madre/mare. Emozione allo stato puro.

E devo dire che ancora una volta, almeno su di me, l’arte mi ha reso l’anima “leggera”. Nonostante i “controluce” da cui siamo continuamente abbagliati.

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La protagonista è stata la Poesia.

Roberto Benigni ne è stato l’interprete. Incantato e incantatore. Nel trasmetterci la passione per la Parola di tanto Autore.

Tra i diversi vocaboli sottolineati nel racconto i miei preferiti sono stati “libertà” e “silenzio”. Autentici archetipi di “umanità”.

Forse perché intimamente intrecciati col “cammino” e la “riflessione”.

Ma la Poesia nasce così.  …”e tu puoi contribuire con un tuo verso” (Walt Whitman).

Ps: nel frattempo, mentre ripassavamo le Tavole della Legge, in una scuola pakistana un manipolo di talebani ignobilmente le violava.

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E bravo il Gianni nazionale.

Al traguardo dei quattordici lustri mette nel sacco la generazione dei rottamatori, ricordandoci il ritmo del “tà-tà-tà”, ovvero umiltà/volontà/senza età.

E molto più avanti di tanti giovani mai partiti, merito forse del suo passo da maratoneta, sceglie di non chiudere la porta ai social network e ad Internet, sparigliando in modo inaspettato le carte anagrafiche. Rendendole sempre più virtuali. E regalando ai suoi fan un antico/nuovo selfie, battezzandolo “Autoscatto 7.0“. In cui, più che il numero, è il nome a raccontare l’uomo e l’artista: “fatto da sé” e ” sempre pronto a ripartire”.

Una lezione semplice. Forse anche per questo magistralis.

Ps: nel frattempo se ne è andato all’improvviso il cantante Mango, voce strumentale unica nel panorama musicale italiano, capace di sperimentare contaminando generi, con una sonorità che rendeva autentici quadri le sue canzoni. Mi torna in mente “Mediterraneo“, il suo mare, il nostro, in quel frammento che dice “Bianco e azzurro sei / con le isole che stanno lì / le rocce e il mare / coi gabbiani / Mediterraneo da vedere / con le arance“. Ma solo la sua voce smaltava le sfumature degli odori e le zaffate dei colori.

Mango-06

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Il giorno di Santa Lucia rischia ormai di essere metafora del quotidiano vivere.

Con la “luce” che stenta a farsi strada in tanto “buio”.

E con la “notte” che sembra essere sempre più territorio del malandrino.

E sempre meno momento del poeta.

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