Al di là del concetto di “liquidità” per cui il sociologo polacco Zygmunt Bauman è diventato famoso, la riflessione che ha regalato al pubblico di “Torino Spiritualità” è stata “solida”. Nonché lucida nella visione prospettica del futuro come solo una mente illuminata può: “Non si può tornare all’isolamento, la diasporizzazione è il futuro, è un processo irreversibile.” Segno di pericolosa cecità non rendersi conto che ormai intere popolazioni migrano dalle loro terre natali, in quella “liquidità” che proprio Bauman ci ha insegnato a considerare.
Eppure è stato il suo “cuore intelligente”, tema peraltro di questa edizione del festival, a pulsare le parole a cui affidarci nel tempo prossimo: “Non si può che aprirsi al dialogo, perché il Dio dell’Altro non è al confine. Accettiamo che in terra le verità sono tante e sono solo il punto di inizio.” Ascoltare l’Altro come possibilità per ciascuno di noi, per uscire infine da quella che il filosofo chiama l’ ecostanza, la stanza di echi in cui l’uomo del nostro tempo si chiude, sentendo solo l’eco di se stesso. Destinato, in tal modo, a scomparire.