Cara Maria Luisa,
ricordo come fosse ieri la tua telefonata. Il trillo del fisso, mia mamma (Maria Luisa anche lei, i segni…) a rispondere e a chiamarmi: “Ester, è la Spaziani, da Roma!“. Il cuore, lì ancora oggi tutto è nitido, fece un balzo in avanti. Ma fu la voce tua, toni bassi e caldi, a defibrillarmi: “Dottoressa, è con piacere che le annuncio il conferimento del Premio Internazionale Eugenio Montale da parte del Centro Montale per la sua tesi di laurea.“
Il seguito fu una girandola: il viaggio a Parma per il Premio, la cornice del Teatro Farnese, la tua conoscenza (“la sua città è anche la mia. Fu proprio a Torino che conobbi Montale“), i tuoi sproni (“continui, deve fare ricerca adesso“), i tuoi suggerimenti (“non perda però di vista la sua poesia“). Io ero onorata, spiazzata, intimorita. Attraverso di te, la “Volpe” di Montale, respiravo il mio amato Eugenio, per me già Eusebio come solo per gli amici… E al seguito tuo, poetessa grande, i “miei” scrittori, l’autorevole Giorgio Bassani, l’elegante Mario Luzi, il fragile Giorgio Caproni, solo per citarne alcuni. Si trattò di uno di quei giorni della vita che Qualcuno per noi rende lucenti e smaltati, fino a farne icone stabili della propria esistenza.
Invitavi gli anni successivi i tuoi premiati, come li chiamavi tu, perché la comunità letteraria crescesse di nuove leve. E per me quelle premiazioni divennero una consuetudine, per poter continuare a tessere la mia tela poetica, per carpire da te “la parola che squadri da ogni lato“. Mi avevi chiesto di mandarti i miei versi, e i miei endecasillabi furono segnalati da te e dalla Commissione.
Nel frattempo a scuola inserivo i tuoi versi per i miei studenti, quelle “Latinìe” di cui mi raccontasti la genesi, la tua “Giovanna D’Arco” ottave e fuoco, “La traversata dell’oasi” che tanto trasuda del tuo alto ed elegante versificare. E ti seguivo da lontano, dalla città fredda, soprattutto nelle serate di mezza estate in cui, al tavolo dei giurati, nel Ninfeo di Villa Giulia a Roma, aprivi le schede dei finalisti del Premio Strega, declamandone i nomi, con quella stessa voce che mi rimandava ad un tempo già lontano.
L’ultima volta che ti incontrai, qualche anno fa, fu a Torino, nella hall di un albergo centrale in cui alloggiavi. Il fiammeggiare dei tuoi occhi resisteva all’incalzare delle folate di vento della vita. Ma fu la tua voce, ancora una volta, a riportarmi altrove, e a richiamarmi all’antico dovere: “Continui a scrivere, e pubblichi. Il Poeta deve essere letto.” Quasi a suggello di quei tuoi versi, “aspetta la tua impronta / questa palla di cera“.
I miei “Colloqui” divennero poi pubblici e gratificati dal Premio Pannunzio. Ma è un amuleto tuo che porto con me ogni volta che scrivo: “L’angelo della grazia passa mentre dormi“. Così, ricordando il tuo verso, uso la penna di notte, tentando di sorprendere quell’angelo.
Grazie Maria Luisa, “Volpe” cara. Anche un po’ mia.
Questo scritto è la conferma che certe persone lasciano tracce indelebili non solo nella mente ma anche nel cuore delle persone.
R.I.P.
Grazie, Ester, per questo belle parole che ci hanno raccontato anche un po’ di te.
Un abbraccio.
@ marisamoles
Grazie, Marisa. Una “partenza” che mi ha davvero affardellata…
Un abbraccio, Es.
@ Sonia
Oggi i “dadi” non si muovono affatto, “la bussola va impazzita”, e nella “casa dei doganieri” resta solo un filo ad addipanarsi su se stesso…
A presto, Es.
Che bel ricordo, un vero atto d’omaggio a chi ti ha iniziata al verso.
Aveva ragione D’Annunzio: il verso è tutto.
Sono sempre più convinta di quanto sia importante nella vita di ognuno “l’incontro” illuminante che segna e dà la svolta alla nostra esistenza. Nell’ambito artistico-letterario ,poi,è fondamentale .
Leggendo queste tue parole , cara Es, capisco da dove hai tratto l’energia per superare Lo “tsunami” che d’improvviso ci fa perdere la bussola.
Per questo il calcolo dei dadi ” deve” tornare, a differenza di quanto dice Montale. Il passato ci appartiene e ci segue ovunque.
Buona giornata.
Un fresco castagneto
Sarebbe, il mondo, un fresco castagneto
se tutto mi guardasse coi tuoi occhi.
Marroni, intensi, laghetti dorati
ai raggi dolcemente declinanti.
Così gli occhi degli angeli, castagne
che hanno perso il riccio. Il Paradiso
è quella svestizione, ogni segreto
è arrivare al cuore.
Così gli occhi degli angeli, castagne
che hanno perso il riccio. Il Paradiso
è quella svestizione, ogni segreto
è arrivare al cuore.”
“Un fresco castagneto”, in ricordo di Maria Luisa Spaziani
Belle parole quelle che hai dedicato al ricordo della poetessa che tanta parte ha avuto nella tua storia personale, che è poi quella che conta e che ti permette di rendere la scrittura ricca. Parole cercate, studiate e che lasciano intravedere quella immancabile malinconia che accompagna le perdite anche quando ciò che ora perdiamo un tempo ha reso “i giorni lucenti, smaltati”.
@ cristina
Grazie, Cris… Quando le “porte” si chiudono, l’aria sembra mancare…
Un abbraccio, Es.
@ luciabaciocchi
Grazie Lucia, un castagneto in cui sembra abitare la Poesia…
A presto, Es.
Cara Es, la risposta che dai a Cristina mi fa riflettere.
Si apriranno altre porte , guidate da colei che ora è un angelo. Abbi fiducia.
Certo ,è davvero difficile accettare l’assenza , anche se presenza. Si trascorre la vita nel tentativo di costruire equilibri, poi, dopo tante fatiche, questi vengono in un attimo meno. Perché questa catena ?
Perché, come scrive la Volpe, si tratta di un “Transito con catene”…
A presto, Es.