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Archive for 18 giugno 2014

quasimodo

Forse è un segno vero della vita:
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
della chiesa. Pietà della sera, ombre
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno:
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
per la prima marea. Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli, forza il puledro sui campi
umidi d’orme di cavalle, apri
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.

Endecasillabi immaginifici quelli di Salvatore Quasimodo, portatori di ricordi che riescono a farsi vivi e pulsanti. E così riaffiora il profumo di zàgare fino a stordire, con l’acqua mossa del pozzo a sottolineare l’onda di marea, nero e arancio a confondersi giocando tra i rami. Una Sicilia fanciulla, mitica, leggera. Un bellissimo “ricordo”, un tassello che “torna al cuore”.

Un “dono” che il Poeta fa al lettore, cioè qualcosa che si consegna all’altro senza il ritorno insito nel “dare”, rimanendo cioè un gesto asimmetrico. Come afferma il priore di Bose Enzo Bianchi, che proprio sul dono tenne qualche tempo fa una Lectio magistralis, “il dono della parola è il sigillo sulla fiducia, sul credere negli altri. Senza fede negli altri non c’è cammino di umanizzazione, ma l’eloquenza della fiducia è proprio il donare la parola, che è promessa e accensione di responsabilità verso l’altro. Nelle più quotidiane e autentiche «storie d’amore», proprio perché l’incontro diventi storia, perché l’attimo diventi tempo, occorre la parola data, la promessa.” Quella promessa che è “ciò che è mandato avanti”. Scommettendo su quei segni di sopravvivenza di cui l’uomo è portatore. E di cui la Poesia è una manifestazione.

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