“Somalia: uccisi due giornalisti italiani a Mogadiscio – Mogadiscio, 20 marzo – La giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il suo operatore, del quale non si conosce ancora il nome, sono stati uccisi oggi pomeriggio a Mogadiscio nord in circostanze non ancora chiarite. Lo ha reso noto Giancarlo Marocchino, un autotrasportatore italiano che vive a Mogadiscio da dieci anni”.
Con queste prime e frammentarie righe battute dall’agenzia Ansa alle ore 14.43 del 20 marzo 1994 si aveva notizia di questa tragedia ancora avvolta nel mistero a vent’anni di distanza.
Chi e perché ha assassinato i due giornalisti? Forse perché stavano indagando su quei traffici illeciti, armi e rifiuti tossici, per cui la Somalia è da tempo tristemente famosa? E forse per la collusione di apparati politico-diplomatico-militari dello Stato italiano con i soliti servizi segreti a nascondere, coprire, ombreggiare?
La battaglia della famiglia di Ilaria Alpi per ricercare la verità è stata da sempre incessante ma solitaria. Adesso supportata però dalla Rete: oltre trentacinquemila persone hanno aderito all’appello lanciato da “Articolo21” su “Change.org” per chiedere che vengano resi pubblici documenti ancora segreti. “A venti anni di distanza siamo ancora in attesa di conoscere tutta la verità su quella vicenda – scrivono i responsabili dell’associazione – Questa verità potrebbe essere contenuta nella pila di carta (8.000 documenti) che i servizi di sicurezza militare, l’ex Sismi oggi Aise, hanno accumulato su fatti che attengono all’esecuzione dei due giornalisti”.
Queste carte sono state messe sotto chiave negli archivi della Camera a cui sembra essere stato negato l’accesso dall’Agenzia Aise. Forse perché si tratta di documenti fondamentali sui traffici dei rifiuti tossici. Che portano con sé verità scomode, anche sconvolgenti. Eppure, come scriveva Brecht “chi non conosce la verità è solo uno sciocco. Ma chi, conoscendola la chiama bugia, è un malfattore”.
E’ dell’uomo cercare la verità, oggi sempre più nascosta e mascherata.
Grazie, cara Es, per aver recuperato queste cupe informazioni, rimaste nell’archivio della mia memoria, che più che mai oggi, risultano inquietanti, se lette alla luce di fatti attuali, che sembrano offrire la chiave per decifrare il mistero. Che , raggiunti i documenti, mistero non sarebbe più: come fare a raggiungerli?
Sento un brivido di freddo nel riflettere su quanto ci riporti così dettagliatamente. Quanti casi volutamente irrisolti!!
secondo me,il caso è chiarissimo:Sono andati a mettere il naso dove non dovevano.Da noi è successo spesso ed continua a succedere.E non si meraviglia nessuno.E’come per i fili HT : CHI TOCCA MUORE. Euripide dice:μὴ ψαῡʹὧ σε μἠ ψαὐειν χρεών.,non toccare ciò che non va toccato.In quella bolgia ,laggiù,gli assassini non verranno mai trovati. ….e,ONORE AI CADUTI !
Quindi la tua teoria prevede di chiudere gli occhi sulle situazioni non chiare. Chissà se poi è facile chiudere gli occhi la notte…
Es.
Ai due giornalisti si doveva spiegare bene che quello dove si volevano o dovevano recare era il posto più pericoloso e malfido del mondo.Quanto successo era prevedibile. Ed ora è altrettanto pericoloso e malfido,andarvi a fare indagini. Non ci basta la perdita e il dolore per quelle evitabili morti. Solo questa è la mia preoccupazione,gentile Es.
Sarà deformazione personale,ma io come medico mi preoccupo principalmente della salute delle persone.E per il medico è sempre meglio prevenire che curare.
Anche perché chiudere gli occhi ci ha portato alla situazione contemporanea ,in cui domina il silenzio della coscienza . Ma se è coscienza, per definizione deve essere vigile e attenta .Quindi … occhi bene aperti !!
Forse perché il caso è ancora aperto, la morte della Alpi e di Hrovatin continua a “fare notizia”. Ma molti hanno dimenticato che in quello stesso anno, quel maledetto 1994, a Mostar hanno perso la vita il giornalista della Rai Marco Luchetta e due operatori, Alessandro Ota e Dario D’Angelo. Del ventesimo anniversario non è stata data alcuna notizia sulla stampa nazionale, un articoletto soltanto su quella locale (sul quotidiano Il Piccolo di Trieste).
E’ evidente che quel “caso” è concluso: i tre hanno perso la vita per salvare un bambino dall’esplosione di un ordigno. Nessun mistero, nessun giallo. Di fronte a tali tragedie non ci sono, però, vittime di serie A e quelle di serie B.
Tra l’altro, al triestino Milan Hrovatin, che morì assieme a Ilaria Alpi, è intitolata, assieme alle altre vittime citate, la Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo e Hrovatin, da vent’anni attiva a Trieste per aiutare le famiglie dei paesi più poveri del mondo o comunque che vivono in condizioni disagiate a curare i bambini ammalati. Ne ho parlato qui: http://marisamoles.wordpress.com/2014/02/02/ventanni-fa-a-mostar-un-ricordo-di-marco-luchetta-alessandro-ota-e-dario-dangelo/ . Non so se hai letto il post, comunque è stato abbastanza ignorato e mi dispiace molto.
Buona serata, Ester. Un abbraccio.
@ marisamoles
Hai ragione e ben hai fatto a ricordare il giornalista Luchetta e i due operatori. Non si tratta però di casi di diversa “serie”. Il caso Luchetta è stato purtroppo un tragico incidente eroico, il caso Alpi è stato un omicidio-esecuzione che è stato fatto passare prima per un incidente di una giornalista in vacanza in Somalia (leggi Taormina, sob!), poi per effetto collaterale (doppio sob!) di un’indagine sul traffico d’armi, e tutto per nascondere e continuare un traffico di rifiuti tossici che ha molto da spartire col nostro Paese. Ennesima vergogna nazionale.
Un abbraccio, Es.
@ Gilberto Fanfani
Prevenire piuttosto che curare è un ottimo mantra, ma denunciare un traffico di rifiuti tossici forse è un modo di prevenire prima di curare…
A presto, Es.