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Archive for gennaio 2014

Quanto continua ad essere attuale la canzone di Rino Gaetano “Ma il cielo è sempre più blu”.

Si può scegliere a caso una strofa e, pur scritta quasi quarant’anni fa, sembra di leggere i titoli di un quotidiano di questi giorni.

Chi è assunto alla Zecca, chi ha fatto cilecca
chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori
chi legge la mano, chi regna sovrano
chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
chi gli manca la casa, chi vive da solo
chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
chi vive in Calabria, chi vive d’amore
chi ha fatto la guerra, chi prende i sessanta
chi arriva agli ottanta, chi muore al lavoro
na na na na na na na na na
Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
ma il cielo è sempre più blu.

La potenza della poesia! Che rende il cielo di uno, il cielo di tutti.

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Ogni volta che penso a Erto, il mio vecchio paese, quello abbandonato dopo il Vajont, con le vetuste case una attaccata all’altra e le vie di acciottolamento buie e strette, la memoria va verso l’inverno. Il primo ricordo è il tempo degli inverni, la memoria è quella della neve. Notti infinite, silenzi laboriosi, lunghi, pazienti.” – Mauro Corona

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Lascia Auschwitz fuori da questa casa“, è la raccomandazione che viene fatta ad Anita quando, uscita dal lager, viene accolta da parenti.

Ed è ciò che è accaduto allo stesso regista Roberto Faenza al momento della distribuzione del suo ultimo film, Anita B., ispirato al romanzo autobiografico Quanta stella c’è nel cielo di Edith Bruck. “Mi è bastato accennare al fatto che la protagonista del film fosse una giovane sopravvissuta di Auschwitz ed ecco che le porte delle sale cinematografiche si sono rinchiuse”, ha dichiarato il regista alla presentazione alla stampa della sua pellicola, aggiungendo: “Abbiamo trovato difficoltà ad uscire in sala. Non mi è mai accaduto di uscire con 15-20 copie: è offensivo verso il pubblico“.

Auschwitz tabù? Per Roberto Faenza l’Italia continua a restare “in un tranquillizzante oblio, una rimozione tale da impedirle di lavorare sulla memoria come dovrebbe, questo rispetto all’Olocausto ma anche ad altre stragi o fatti atroci. Colpevole a mio avviso è la televisione che è nemica della memoria.

Di fatto il film è il racconto di un ritorno alla vita, accompagnato dalla necessità-dovere di ricordare. Un film sulla memoria, quella traccia mnestica che ci permette poi di lasciare altre successive tracce. Come pensa tra sé e sé Anita nel finale: “Sono serena perché viaggio verso il passato con un solo bagaglio: il futuro“.

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Abbiamo un solo faro, la memoria.

Allora, che luce sia, anche se fioca.

Solo così, nella nebbia dei giorni, non ci perdiamo.

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E’ tutto un circo

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Sono giorni di pagamento. Tanto per cambiare.

Tares, Tasi, Imu, Rai. Sigle per raccontare un mondo.

O forse un circo. Quello in cui siamo costretti a girare in tondo.

Con una penale ad ogni giro del tendone.

Ps: a breve l’uomo sulla sinistra in smoking giallo e cilindro… A ricordarci cosa succede…

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Scompariva 25 anni fa, il 23 gennaio 1989, Salvador Dalì.

Personalità geniale, sempre pronto a stupire con la sua estrosa e creativa capacità di vedere “altro”, spiazzando chi guarda le sue opere.

Anche solo il suo baffo, allungato in modo tale da renderlo infinito, racconta il mondo immaginifico di un artista che ha fatto del Surrealismo il suo manifesto programmatico. Sogno, inconscio e libertà sono infatti le sue parole guida.

Rinomato per i suoi dipinti folli e visionari, Dalì creò le ‘immagini doppie’, cioè un oggetto che può essere visto sia per se stesso che come parte del tutto. Così le farfalle, per esempio, si fanno vele regalando leggerezza all’andare della nave.

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E’ stato uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo, da La Scala di Milano, alla Staatsoper di Vienna, all’Orchestra Filarmonica di Berlino. Ma Claudio Abbado si è caratterizzato per l’opera volta a valorizzare giovani talenti attraverso la creazione di nuove orchestre, come la European Union Youth Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, la Orchestra Mozart.

E aveva un sogno nel cassetto: «Vorrei che si affermassero sempre più le convinzioni che ispirano il nostro modo di lavorare: studiosi, politici, artisti, organizzatori, responsabili e semplici cittadini possono, insieme, determinare una reale collaborazione tra arte, scienza ed etica». Con lui tanti di noi, colpiti dalla sua richiesta di “cachet in natura”: nel 2008 cercò di “scambiare” un suo ritorno a La Scala con 90 mila alberi per Milano. Non se ne fece nulla. Troppo rivoluzionario.

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Ora anche per i giudici il caso peculato e truffa Regione Piemonte è tale da essere rinviato a giudizio con tutte le conseguenze del caso.

Che le spese private siano state pazze a portafoglio pubblico è un fatto difficilmente accettabile né comprensibile, a cui stiamo però facendo l’abitudine. Peggio sono gli oggetti acquistati col bene collettivo. Gli stessi sono ormai entrati nella cronaca e conosciuti dai più.

Un particolare oggetto però è quello che fa urlare di sdegno noi cittadini, pur non smuovendo l’ “acquirente regionale”, o per meglio dire il Presidente regionale. Quell’intimo che, a parte il colore scelto, speriamo più per convenzione/convinzione politica che quale arma di seduzione (anche perché arma sarebbe, ma di distruzione), scardina il comune senso del pudore.

Perché è necessario davvero essere esenti dal sentimento della vergogna per acquistare con soldi di tutti quel capo che più tuo di così, intimo appunto, non potrebbe essere. Mettendolo in nota spese, a rimborso.

Questo è davvero un atto osceno, e come tale andrebbe punito.

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Compiere 50 anni è un evento epocale della vita di ciascuno.

E ognuno a suo modo lo festeggia.

Al di là dell’Oceano la moglie del Presidente Obama, Michelle, per il suo cinquantesimo genetliaco ha pensato di far le cose in grande.

Così in grande che il suo regalo/vacanza alle Hawaii costerà ai contribuenti americani 60.000 dollari suppletivi, avendo la First Lady deciso di proseguire il soggiorno hawaiano di una settimana rispetto al previsto.

Caduta di stile? Chissà. Di soldi pubblici sicuramente.

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Ah, l’amour! Cupido ha fatto irruzione al  55 di rue du Faubourg-Saint-Honoré, in quel di Parigi, mettendo a soqquadro stanze austere e agiate esistenze. Che all’improvviso sembrano divenute disagiate, non tanto per le frecce d’amore, ma per le implicazioni pubbliche e politiche.

Da tempo si sapeva infatti della liaison amoureuse del Presidente francese François Hollande con la talentuosa attrice Julie Gayet.

Il problema è che la notizia è deflagrata uscendo come scoop sulla rivista Closer, che ci ha mostrato un Hollande centauro e ringalluzzito nel raggiungere l’amata/amante Julie. Dietro “casa” peraltro, perché rue du Cirque (nome davvero appropriato) è alle spalle dell’Eliseo. Con pubblica umiliazione della première dame, Valérie Trierweiler, che ha cercato di bypassare questa spiacevole situazione entrando drammaticamente in ospedale per malore, sapendo però di uscirne elegantemente per evitare un allontanamento poco dignitoso dalla residenza presidenziale. Perché in Francia il ruolo della first lady ha una sua consistenza politica, godendo la stessa di un autista, di un suo ufficio e di un capo di gabinetto a spese della presidenza.

Alla conferenza stampa del Presidente sul rilancio del Paese, le attese sulle risposte economiche si sono spostate sul fronte amoroso, ma Hollande ha derubricato il suo love affair a questione privata, lasciando a bocca asciutta chi aspettava ammissioni. Ma, pur calibrato nelle sue risposte, ecco che arriva una sua parola/verbo che odora di chiusura definitiva nei confronti di Valérie. Alla domanda del giornalista sulle condizioni della première dame, il Presidente risponde freddo e conciso: “Riposa“.

Affossando definitivamente quell’amore. Ça va sans dire.

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