Scena da un matrimonio: una donna comunica al proprio marito che il loro rapporto è finito e che lei se ne andrà di casa.
Torvald: – Oh, è rivoltante. Così tradisci i tuoi più sacri doveri?
Nora: – Che cosa intendi per i miei più sacri doveri?
Torvald: – E debbo dirtelo? Non sono forse i doveri verso tuo marito e i tuoi bimbi?
Nora: – Ho altri doveri che sono altrettanto sacri.
Torvald: – No, non ne hai. E quali sarebbero?
Nora: – I doveri verso me stessa.
Torvald: – In primo luogo tu sei sposa e madre.
Nora: – Non lo credo più. Credo di essere prima di tutto una creatura umana, come te… o meglio, voglio tentare di divenirlo. So che il mondo darà ragione a te, Torvald, e che nei libri sta scritto qualcosa di simile, ma quel che dice il mondo e quel che è scritto nei libri non può essermi di norma. Debbo riflettere col mio cervello per rendermi chiaramente conto di tutte le cose.
Torvald: – E con questa lucidità e sicurezza tu abbandoni tuo marito e i tuoi figli?
Nora: – Sì.
Torvald: – Allora c’è una sola spiegazione possibile.
Nora: – Qual è ?
Torvald: -Tu non m’ami più.
Nora: – Sì, è proprio questo. […] Cosi come sono ora, non posso essere tua moglie…
Torvald: – Io sento in me la forza di diventare un altro.
Nora: – Forse… se ti portano via la tua bambola.
Da “Casa di bambola” (1879) di Henrik Ibsen, testo inserito dall’Unesco nel 2001 nell’Elenco delle memorie del mondo.
Ps: ogni 60 ore in Italia una donna viene uccisa dal proprio compagno che non si rassegna alla fine della loro relazione. Un dato drammatico, sconvolgente, raccapricciante. Lontano anni luce dall’amore.
Bellissime parole quelle di Ibsen che identificano l’essenza profonda di ogni donna, quella di essere persona in primis.
Incisiva ed eloquente la tua definizione, cara Es, che esprime in tutta la crudezza dell’espressione , la condizione di molte donne su cui gli uomini riversano la bramosia del possesso, conseguenza della loro immaturità, incapacità di diventare,grandi, autonomi, handicap pericoloso, anticamera del delitto. Sarà il risultato di una socioetà basata sul consumo?Chi non riesce a mantenere il dominio sul “suo”, lo elimina!
quando dico che non sono gelosa dei miei affetti, che posso essere “gelosa” solo di un oggetto, come il mio computer, o la mia cucina, i miei conoscenti mi prendono per matta, o nella migliore delle ipotesi se ne escono con un crudelissimo “perche’ non ami abbastanza tuo marito”…
a parte le dissertazioni sulla “quantificabilita’” dell’amore in unita’ di misura chiare, riconosciute e condivise (cosa che mi sembra alquanto ridicola), cio’ che mi da’ piu’ da pensare e’ questa subdola equivalenza tra amore->gelosia->possesso->difesa della “proprieta’” dalle minacce, qualunque esse siano, anche la minaccia che la “proprieta’” decida autonomamente di prendere un’altra strada
come se “mettere in cassaforte” la relazione (o la persona “amata” – o meglio – “posseduta”) fosse in grado di tener vivo un amore spento
l’amore e’ tale solo quando e’ vivo… e l’amore e’ vivo solo quando e’ alimentato di cose buone…
Vero, cara scimmietta rossa! Lasciare gli altri liberi di sceglierci…, anche quando farà male la loro scelta.
Un abbraccio, Es.
L’unico vero grande bene per cui vale la pena di combattere: la libertà .
Scimmietta rossa , le tue parole sono preziose . L’amore si alimenta con piccoli gesti, con piccoli atti di attenzione,l’amore è fatto di piccole cose che lo rendono grande e rispettoso dell’autonomia dell’altro.
Un abbraccio .