Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, il giudice antimafia Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove viveva sua madre. Lì una Fiat 126 imbottita di 100 chili di esplosivo salta in aria uccidendo Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Agli inizi di quel tragico luglio, queste le parole del giudice in un’intervista a Lamberto Sposini: “La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro.“
Tutto questo costò la vita a Paolo Borsellino e alla sua scorta. Lo sapeva, lo sapevano a cosa andavano incontro. Continuando a camminare in quella direzione, pur sapendo, ci hanno fatto sentire orgogliosi di essere concittadini di tali uomini giusti e coraggiosi. Ma purtroppo ci hanno anche fatto sentire orfani delle loro persone e di una profonda coscienza civile.
Probabilmente anche orfani di un certo tipo di lavoro, dato che oggi appare sempre più l’evidenza che gli obiettivi siano cambiati ed i metodi portino troppo spesso conflitti fra vari organismi e figure istituzionali!
Ma coloro che Borsellino e quelli come lui combattevano, sono stati sconfitti, oppure oggi dormono sonni tranquilli?
Ciao cara Ester, il mio affettuoso augurio per una buona giornata!
Credevo non ci fossero parole per commentare ancora, dopo vent’anni, questo vile atto compiuto contro un uomo scomodo che sapeva del destino che l’attendeva. Tu le hai trovate, cara Ester.
Grazie.
Un abbraccio.
Grazie a te, cara Marisa… Certo che vedendo i veleni che serpeggiano tra poteri dello Stato sembra che quasi tutto sia successo invano. Ma resistere è importante, perché come diceva Sciascia “solo quando tutto sarà mafia più nulla sarà mafia”. E i giovani intorno all’albero Falcone Borsellino, all’epoca delle stragi neppure nati, lo dimostrano: buone radici fanno buoni alberi.
Un abbraccio, Ester.
La fotografia che hai scelto , cara Es, ritrae Il volto del giudice in uno dei suoi atteggiamenti più noti: serio e concentrato; uno sguardo profondo , acuto, sincero.
In questi giorni di commemorazione della strage coincidono notizie che riguardano per l’ennesima volta sporcizie politiche., a testimonianza del fatto che esistono due Italie: quella dei fedeli seguaci del giudice e quella che continua a vivere nel buio, nella menzogna e nella corruzione /collusione, a conferma della vera origine della nostra catastrofica situazione , da nord a sud.In queste vicende l’Italia non è divisa per nulla!Ciao Es, che di lassù il buon giudice , insieme al suo grande amico Falcone possano illuminare molta gente!