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Archive for luglio 2012

Ci piacciono. Perché fanno estate, mare, vacanza, relax.

Suola bassa di gomma e stringa a Y, con i colori a portata di piedi.

Brasiliane nella loro origine di mezzo secolo fa, internazionali nei passi odierni di tutti noi.

Semplici ma geniali. Come tutte le invenzioni di successo. E di durata.

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Meduse, sciagurate teste
dalle capigliature violette,
vi dilettate in seno alle tempeste“.

Guillaume Apollinaire, da “La medusa”.

 

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I Giochi della trentesima Olimpiade si stanno per aprire in una Londra che per l’occasione si è rifatta lo styling, con un occhio di riguardo ai simboli olimpici tradizionali, la fiamma olimpica e i cinque cerchi.

Senza dimenticare il motto latino ufficiale delle Olimpiadi, “Citius!, Altius!, Fortius!”, ovvero “Più veloce!, più in alto!, più forte!”, ideato dal predicatore domenicano Henri Didon, ma proposto dal barone Pierre De Coubertin, divenuto famoso per la frase che è la filosofia stessa del gareggiare, L’importante non è vincere, ma partecipare”.

Quindi “in bocca al lupo” a tutti gli atleti partecipanti e al Comitato organizzatore dei Giochi, sperando che una nuova Swinging London  possa vedere la luce. Per l’Europa intera…

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Quando sono nel mio luogo di mare il passaggio a livello mi costringe, felice collo, a rallentare il tempo, fino a fermarlo.

Per una pausa fuori programma. A risistemare i pensieri.

Osservando con attenzione la fioritura della bouganvillea che guarda con voluttà i binari.

E per tornare a guardare i treni i passare.

Come i bambini. Come l’uomo di Simenon.

Oltre le convenzioni.

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Ode al pomodoro

E’ ora!
andiamo!
e sopra
il tavolo, nel mezzo
dell’estate,
il pomodoro,
astro della terra,
stella
ricorrente
e feconda,
ci mostra
le sue circonvoluzioni,
i suoi canali,
l’insigne pienezza
e l’abbondanza
senza ossa,
senza corazza,
senza squame né spine,
ci offre
il dono
del suo colore focoso
e la totalità della sua freschezza.
Pablo Neruda, da “Ode al pomodoro”.

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Quella voce… Potenza e magia a rincorrersi lungo il guard rail di note e destino.

Quella voce… Inesorabilmente muta nel suo divenire.

Ma, in virtù del tasto play, nelle nostre orecchie ancora. Quasi come allora.

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Il suono dell’estate

Il frinire delle cicale. Per me è questa la colonna sonora dell’estate.

Se non sento il loro chiacchiericcio nell’aria so che una certa temperatura non è ancora stata raggiunta.

Mi piace il suono delle loro confidenze. A volte mi unirei a loro.

Poi scelgo di ascoltarle. In rigoroso silenzio. E in mistica adorazione.

E le cicale, stupite del mio interesse per loro, per un momento tacciono del tutto.

Per poi riprendere il loro racconto fitto fitto.

E io, all’ombra della pineta, riprendo ad origliarle…

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Se tu
chiudi gli occhi
e mi baci,
tu non ci crederai
ma vedo
le mille bolle blu
e vanno leggere, vanno
si rincorrono, salgono
scendono per il ciel.
Blu
le mille bolle blu.

Carlo Alberto Rossi, da “Le mille bolle blu”.

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Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, il giudice antimafia Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove viveva sua madre. Lì una Fiat 126 imbottita di 100 chili di esplosivo salta in aria uccidendo Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Agli inizi di quel tragico luglio, queste le parole del giudice in un’intervista a Lamberto Sposini: “La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro. 

Tutto questo costò la vita a Paolo Borsellino e alla sua scorta. Lo sapeva, lo sapevano a cosa andavano incontro. Continuando a camminare in quella direzione, pur sapendo, ci hanno fatto sentire orgogliosi di essere concittadini di tali uomini giusti e coraggiosi. Ma purtroppo ci hanno anche fatto sentire orfani delle loro persone e di una profonda coscienza civile.

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Finalmente quel caldo di una volta, quello per cui l’estate ci faceva felici. Temperature gradevoli, afa quasi assente, qualche piacevole brivido al mattino, la brezza a spettinarci al pomeriggio e sere dolcissime a renderci il cuore leggero.

Hanno chiamato questo anticiclone “Virgilio”, ma è semplicemente quello che un tempo chiamavamo l’anticiclone delle Azzorre.

I cieli con lui si fanno tersi, come se un immenso tergicristallo ci avesse voluto regalare vetri puliti. Per sognare ancora.

Attraverso “uno strappo nel cielo di carta”, come diceva Mattia Pascal.

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