“Perché si lavora? Certo per produrre cose e servizi utili alla società umana, ma anche e soprattutto, per accrescere i bisogni dell’uomo, cioè per ridurre al minimo le ore in cui è più facile che si presenti a noi questo odiato fantasma del tempo. Accrescendo i bisogni inutili si tiene l’uomo occupato anche quando egli suppone di essere libero. Passare il tempo dinanzi al video o assistendo a una partita di calcio non è veramente un ozio, è uno svago, ossia un modo di divagare dal pericoloso mostro, di allontanarsene. Ammazzare il tempo non si può senza riempirlo di occupazioni che colmino quel vuoto e poiché pochi sono gli uomini capaci di guardare con fermo ciglio in quel vuoto, ecco la necessità sociale di fare qualcosa, anche se questo qualcosa serve appena ad anestetizzare la vaga apprensione che quel vuoto si ripresenti in noi“.
Eugenio Montale, da “Ammazzare il tempo” in “Auto da fé. Cronache in due tempi”.
Traccia n.1, tipologia A – analisi del testo, Prova scritta di Italiano, Esame di Stato 2012.
Ps: che dire? L’idea che si lavori per non pensare troppo al nostro umano stato è antica quanto il tempo, eppure quasi sempre la evitiamo perché ci fa perdere tempo. E noi il tempo non lo possiamo perdere perché lo dobbiamo ammazzare. Per sopravvivergli.