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Archive for Maggio 2012

Il Duomo di Mirandola

Che la terra possa tremare fa parte della “natura delle cose”, come diceva Lucrezio.

Quello che non fa parte del corso naturale degli eventi è che andando a lavorare ti crolli mortalmente addosso il capannone in cui vai a svolgere la tua mansione (avranno verificato l’agibilità?, ti sei chiesto stamattina entrando). Non è ammissibile, soprattutto, che la terra d’Italia, che sismica è oltre ogni ragionevole dubbio, non sia ancora stata ripensata alla luce delle ultime e più avanzate tecniche costruttive e conservative. Ancora una volta ci ritroviamo a piangere le vittime e a darci ulteriori e futuribili programmi di riassetto del territorio nazionale, per poi dimenticare in poco tempo i pro-memoria che puntualmente stiliamo per tenere a bada i sensi di colpa.

Forse è questo che chiede il “popolo” quando dà segnali di insofferenza nei confronti della politica. Che finalmente il nostro denaro sia investito per il Paese intero, e non solo per alcuni suoi abitanti. E che le “grandi opere” di rappresentanza si tramutino in “piccole opere” di manutenzione. Con meno promesse e più certezze. Per piangere meno, potendo essere orgogliosi del nostro territorio. Fatto di opere davvero grandi e uomini ricchi di dignità e onestà. Che vanno al lavoro, come sempre, anche quando la terra trema.

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Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno.

Pier Paolo Pasolini, da “Saggi sulla letteratura e sull’arte”.

Ps: voglio continuare a pensare che la maggior parte dei goal che vediamo e partecipiamo siano gesti atletici belli e poetici, come diceva Pasolini. E voglio continuare a pensarlo altrimenti vado nel “pallone”.

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A volte si compiono atti che, ignari, ne anticipano altri.

Ieri sera facendo zapping, cioè surfando tra un canale e l’altro, non mi resi subito conto che “canale” sarebbe stata la cifra delle mie notturne riflessioni.

Scorgo i canali di Venezia su Rai3 e i miei circuiti mentali attivano immediatamente tre movimenti interni: moto affettuoso verso la Serenissima, uno dei miei luoghi dell’anima, moto informativo notando che si tratta di “Report”, moto fastidioso intravvedendo tra riflessi e canali uno di quei “grattacieli di mare” che sono le navi da crociera.

Allora mi fermo sull’ “onda” e scopro nell’ordine, con un’indignazione via via crescente, i seguenti fatti:

– Il bacino di Venezia, nonostante il decreto Monti che vieta i passaggi di navi da crociera sottocosta, continua ad essere oltraggiato da tali colossi. Motivo? Per rendere attuativo il decreto bisogna pensare a soluzioni alternative, tra cui l’apertura di un nuovo canale, soluzione peggiore del problema. Il passo più logico, evitare l’ingresso in laguna, non è neppure considerato. E intanto il moto ondoso erode sempre più velocemente “le pietre di Venezia”. Con buona pace di John Ruskin.

– Le cerniere del tanto discusso Mose, la diga che dovrebbe proteggere Venezia dall’acqua alta, fanno già acqua da tutte le parti. Ma le parti coinvolte fanno finta di nulla.

– Controllori e controllati negli appalti sono un’unica grande famiglia per cui il conflitto di interessi non c’è più, essendo ormai unico.

– Anche per questo motivo l’America’s Cup ha avuto la sua vetrina inaugurale nelle acque di Venezia. Che il comitato organizzatore e il finanziatore siano imparentati al Consorzio che si occupa anche del Mose è un fatto puramente casuale.

E’ così che ieri sera, facendo zapping, mi è venuto il “mal di mare”. A me che piace navigare.

Ps: Un plauso a Claudia Di Pasquale che ha realizzato la sua inchiesta con competenza professionale e chiarezza espositiva.

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Carl Larsson, “Piselli da sgranare” – 1908

Perché i piselli da un po’ di tempo li incontriamo solo più nel liquido della lattina che li contiene oppure freddi freddi a tavoletta surgelata?

Perché il sostantivo “piselli” ha perso di vista il verbo “sgranare” con cui stava in ottima compagnia?

Provo ad immaginarmi un mondo diverso, in cui il tempo stira le proprie lancette perché è senza fretta. E allora il mercato con le bancarelle che cantano odori e colori è lì ad aspettare la nostra passeggiata. I piselli sono finalmente “vestiti” e non li vedo nudi, così che la nostra intimità sarà davvero tale in un momento successivo. A casa, da sola o con persone amiche con cui le chiacchiere sono leggere, profonde e naturali. Seduti tranquilli intorno ad un tavolo cominceremo a sgranare i nostri piselli, facendolo anche coi nostri pensieri.

E pausa sarà. Con l’affettuoso suono dei piselli che si spogliano della loro divisa e che si attuffano lieti nella bacinella. Che silenziosa raccoglie piselli e pensieri di tutti…

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Vanno bene per gli angeli le ali, a un uomo pesano. A un uomo per volare deve bastare la preghiera, quella sale sopra le nuvole e piogge, sopra soffitti e alberi. La nostra mossa di volo è la preghiera.”

Erri De Luca, da “Montedidio”.

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Il 23 maggio 1992 sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci e a pochi chilometri da Palermo, persero la vita in un attentato mafioso il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.

Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini” – Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 – Palermo, 23 maggio 1992).

Francesca Laura Morvillo (Palermo, 14 dicembre 1945 – Palermo, 23 maggio 1992).

Rocco Dicillo (Triggiano, 13 aprile 1962 – Capaci, 23 maggio 1992).

Antonio Montinaro (Calimera, 1962 – Capaci, 23 maggio 1992).

Vito Schifani (Palermo, 1965 – Capaci, 23 maggio 1992).

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Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,

al registro, all’appello (oh, il nome, il nome

mio nel silenzio!) e mi sentivo come

proteso nell’abisso dell’ignoto…

Marino Moretti, da “Le prime tristezze”.

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Esplode bomba all’ingresso a scuola. Zaini e quaderni sparsi e anneriti, giovani vite spezzate e altre segnate per sempre.

Sento la notizia e la mente raggiunge scenari lontani, le ferite di Beirut, gli strappi della striscia di Gaza, il sangue tra Gerusalemme e Tel Aviv, luoghi e tempi in cui andare a scuola era/è un azzardo quotidiano, una scommessa contro il caso, perché accade che il bus per la scuola sia gonfio non solo di studenti ma anche di tritolo.

Invece oggi si tratta di noi, Italia – Brindisi – Istituto Professionale “Francesca Morvillo Falcone” – maggio 2012. E’ roba di casa nostra, anzi forse di Cosa Nostra.

Incredulità, rabbia, impotenza. Mai si era osato tanto, un attacco bestiale contro ragazzi indifesi in prossimità del loro “posto”, la scuola. O forse è proprio questo luogo, la “scuola”, a far paura ai nuovi barbari. Un luogo simbolo la scuola, il laboratorio in cui i nostri “cuccioli” imparano ad essere donne e uomini onesti, dignitosi e liberi, con la capacità di camminare per il mondo sapendo scegliere. Perché la scuola, nonostante tutto, continua a tentare di consegnare strumenti per decifrare il mondo. Permettendoti, in tal modo, di essere libero. E solo se sei libero puoi costruire un mondo alternativo.

Conosco alquanto i ragazzi, con loro trascorro buona parte del mio tempo, e so che non vogliono farsi sottrarre almeno l’idea dell’orizzonte. E allora penso, non posso farne a meno, a Melissa Bassi e ai suoi sogni d’orizzonte. Spazzati via da un’azione infame. In una mattina come tante, mentre stava entrando a scuola.

                                                                                                                                                                       

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Quanto ho ballato sulle note di Donna Summer.

Dalle feste di liceo ai balli in spiaggia, disco music in corpo, leggerezza euforica in testa. E il cuore che sentiva dentro l’estate. Anche col cielo pesante di nuvole. Passeggero temporale.

Era un riflesso condizionato che mi è rimasto tatuato addosso. Al suono di quelle canzoni continuo ad avere voglia di ballare. Con quell’estate a suggerirmi ancora, come allora, energia, eleganza, sensualità.

Facevamo a gara con mia sorella per ballarle al meglio e registrarle, risentendole all’infinito, ci sembrava il primo fondamentale passo di danza. Nostra mamma, che quella musica amava, ci sorprendeva con qualche nuova registrazione, la sua affettuosa attenzione alle nostre allegrie. E al ritmo di quella musica timbrata di vitalità nascevano i primi flirt con cui scoprivi in te stessa schegge di seduzione, minime ma necessarie alla costruzione di te. Con l’estate, sempre, a riempirci di quella stagione che allora serve per l’ancora, per quando il cielo si fa pesante di nuvole. Oltre il temporale.

Grazie Donna Estate per avermi fatto tanto ballare.


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Ho sentito le loro predilette parole, pontesimpatia, raccontate con quella chiarezza espositiva che ti fa nuotare sotto vedendo alquanto.

Il loro dire si è dipanato all’interno di quel televisivo esperimento (nel senso che dura tre serate consecutive, sovvertendo il consueto/desueto palinsesto) di La7, “Quello che (non) ho“, dal titolo di una canzone di De André, con Fazio e Saviano a guidare gli interventi filologico-sentimentali.

De Luca e La Capria hanno in comune tra loro il ventre che li ha partoriti. Geograficamente Napoli, artisticamente la langue. O meglio, la “parola” è il loro fuoco sacro, amore incondizionato, passione consapevole, matrice prima.

Erri ha dato nuovo fiato alla parola ponte, l’unica opera di muratura, ha ricordato, che non divide ma unisce. Peccato che alcuni uomini distruggano ponti, come quello di Mostar di cui De Luca ha visto tristemente la fine, un ponte che ha sentito su di sé passeggiare secoli di storia e ha visto generazioni di tuffatori librarsi in volo. Ricostruirlo non ci ha ridato quel tempo di cui era testimone l’originale.

Raffaele ha reso giustizia laica e morale alla parola simpatia che è antecedente alla cristiana compassione, e che ti fa sentire il dolore dell’altro che, in questo, è del tutto uguale a ciascuno di noi. La Capria, per spiegarci più forte questo comune sentire, ha fatto sue le parole di Shakespeare nel “Mercante di Venezia”, quando Shylock quasi urla quella completa identificazione di un uomo con un altro, indipendentemente dalla religione. E in fondo, da tutto.

Così, col ponte di Erri e la simpatia di Raffaele, il mio interno vocabolario, sempre in continuo movimento, ieri sera prima di addormentarsi ha sorriso, quasi appagato. Perché ha inscritto in sé nuove sfumature a due parole conosciute.

Ecco perché amo tanto l’essenza delle parole.

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