“Per le scale, 1. Sì, tutto potrebbe iniziare così, qui, in questo modo, una maniera un po’ pesante e lenta, nel luogo neutro che appartiene a tutti e a nessuno, dove la gente s’incontra quasi senza vedersi, in cui la vita dell’edificio si ripercuote, lontana e regolare. Di quello che succede dietro le pesanti porte degli appartamenti, spesso se non sempre si avvertono solo quegli echi esplosi, quei brani, quei brandelli, quegli schizzi, quegli abbozzi, quegl’incidenti o accidenti che si svolgono in quelle che si chiamano le parti comuni, i piccoli rumori felpati che la passatoia di lana rossa attutisce, gli embrioni di vita comunitaria che sempre si fermano sul pianerottolo. Gli abitanti di uno stesso edificio vivono a pochi centimetri di distanza, separati da un semplice tramezzo, e condividono gli stessi spazi ripetuti di piano in piano, fanno gli stessi gesti nello stesso tempo, aprire il rubinetto, tirare la catena dello sciacquone, accendere la luce, preparare la tavola, qualche decina di esistenze simultanee che si ripetono da un piano all’altro, da un edificio all’altro, da una via all’altra.”
“La vita, istruzioni per l’uso” di Georges Perec
Sembra una buona lettura, la scrittura è scorrevole…
Un grande classico, omaggio al mitico Queneau di cui ti suggerisco “Esercizi di stile”.
A presto, Es.
Ciao Es, di ritorno dalla Valleè , da cui vi porto saluti innevati ed una ventata di aria pulita , l’incipit del libro di Georges Perec non può che capitare a pennello a sottolineare la vita in cattività che si svolge all’interno degli “alveari”, succubi di gesti meccanici e ripetitivi fino all’alienazione di persone che vivono nello stesso edificio , vicini eppur lontani , talvolta lontani per una vita intera. Eppur siamo uomini, ma le differenze che si costruiscono con il tempo, con i singoli percorsi, talvolta creano separazioni drastiche, divisioni tali che pare di girare a vuoto in un castello di Atlante dove quasi non ci si riconosce….
L’incipit mi richiama molto il Marcovaldo di Calvino, personaggio alle prese con la vita cittadina che cambia l’indole dell’uomo.
L’alienazione è il male della civiltà contemporanea fatta di città ormai informatizzate, che diventeranno nel giro di qualche anno le “smart city
” ma forse sempre più umanamente divise