ARLECCHINO: dal tedesco Hölle König, “re dell’inferno”, traslato in Helleking, poi divenuto Harlequin. La derivazione infernale del nome rimanda alla ritualità agricola, visto che Arlecchino è anche il nome di un demone sotterraneo, quello spirito della natura mascherato che, ereditato nel Cinquecento dalla Commedia dell’arte italiana, ne conserverà solo il travestimento.
Maschera bergamasca, Arlecchino è diretto discendente dello “Zanni” (Gianni) veneto-lombardo, uno tra i personaggi più antichi della Commedia dell’arte, rappresentante il servo astuto ma anche pasticcione di derivazione plautina. La sua natura di servitore e confidente infido e maldestro viene raccontata al meglio nella commedia di Goldoni “Il servitore di due padroni”, in cui non perde occasione di costruire raggiri che vengono inevitabilmente scoperti e puniti, suscitando l’ilarità generale. Del resto Arlecchino è quello che, di fronte alla possibilità di lavorare per due padroni, dice: “Oh bella! Ghe n’è tanti che cerca un padron, e mi ghe n’ho trovà do. Come diavol oia da far? Tutti do no li posso servir. No? E perché no?“.
Cara Es, non conoscevo l’origine di Arlecchino, se non per quanto concerne la matrice plautina del servus currens e astuto. Di sicuro è una delle maschere più note e amate dall’infanzia, almeno del passato. Tra le commedie di Goldoni che ho visto in scena, Arlecchino servitore di due padroni è quella che preferisco proprio per il modo in cui l’autore ha rappresentato la scaltrezza, la destrezza e l’ingegno della maschera, qualità espresse da un servus, in realtà simbolo dell’intraprendenza della borghesia settecentesca, di cui l’autore fa un affresco straordinario.
Godiamoci queste ultime frange di Carnevale….
Come sempre è molto interessante la tua ricostruzione di una figura che siamo troppo abituati a legare solamente al carnevale, almeno per quel che oggi il carnevale è sentito, rispetto ai tempi passati.
Ma forse è anche il modo di divertirsi, per la voglia di farlo che si può trovare, a non essere più lo stesso, non certo quello di quando le commedie goldoniane andavano per la maggiore.
A me pare che anche simili maschere rischino di diventare anacronistiche, soppiantate da maschere viventi delle quali la società di oggi abbonda!
Ciao cara Ester, un abbraccio e l’augurio di una buona settimana!