Reduci da una settimana in cui il Paese Italia ha avuto tra i suoi tags la parola “Sanremo”, indicando con essa non tanto l’amena località di mare quanto la manifestazione canora, viene da chiedersi: ma “Sanremo” è ancora “Sanremo”?
E’ vero che gli ascolti tengono, ma solo con l’effetto Celentano che sfalsa così tutte le possibili comparazioni. Allora cos’è che convince sempre meno, e non solo le ultime tecnologiche generazioni ma anche quelle precedenti che a “Sanremo” erano alquanto fidelizzate? Che sia la “crisi di mezza età”, visto che il “Festival di Sanremo” di “primavere” ne ha viste sessantadue? O forse il “fattore talent” che ormai sta fagocitando qualsiasi nuovo ingresso sulla scena musicale italica?
In effetti cosa ricordiamo di questa edizione se non la “predica” di Adriano con conseguente possibile “commissariamento” della manifestazione, il dubbio sull’intimo esistente o meno della Belen Rodriguez, gli interventi surreali con occhio sgranato del talentuoso Rocco Papaleo, le canzoni difficili da canticchiare sotto la doccia, un Morandi che si adegua ad un linguaggio con un intercalare più moderno (leggi più volgare), il passaggio di alcune leggende della musica mondiale, una per tutte la mitica Patty Smith.
Forse quello che appare sempre più stridente in questa debordante kermesse è da una parte il tentativo di far persistere una gara canora istituzionale con modalità fuori tempo da “messa cantata” con l’artista di turno che in posa “Prima Comunione” si esibisce con canzoni studiate ad hoc per “Sanremo”, quindi per definizione destinate ormai a vita effimera, e dall’altra il tentativo di rompere definitivamente la “quarta parete” che divide lo spettatore dal palcoscenico per creare un gigantesco happening colto nel suo divenire, anche se in piena ed evidente e voluta finzione.
Insomma una “contaminazione” in cui “Il blu dipinto di blu” rischia di diventare un logo di manifestazione.
Ma Sanremo è mai più stata ‘Sanremo’?
Un uomo era seduto in una stazione della metropolitana di Washington DC e iniziò a suonare il violino, era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti. Durante questo lasso di tempo, poiché era l’ora di punta, è stato calcolato che 1.100 persone sarebbero passate per la stazione, la maggior parte di loro con l’intento di andare a lavorare. Passarono tre minuti e un uomo di mezza età notò che c’era un musicista che suonava. Rallentò il passo, si fermò per alcuni secondi, e poi si affrettò per riprendere il tempo perso. Un minuto dopo il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna lanciò il denaro nella cassettina e, senza neanche fermarsi, continuò a camminare.
Pochi minuti dopo qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma poi guardò l’orologio e ricominciò a camminare. Chiaramente era in ritardo per il lavoro. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni. Sua madre lo invitava a sbrigarsi, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista. Infine la madre lo trascinò via ma il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini. Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi. Nei 45 minuti che il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un po ‘. Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Tirò su $ 32. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento.
Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei musicisti più talentuosi del mondo. Aveva appena eseguito uno dei pezzi più complessi mai scritti, su un violino del valore di $ 3.5 milioni di dollari. Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston, dove i post in media costavano $ 100. Questa è una storia vera. Joshua Bell era in incognito nella stazione della metro, il tutto organizzato dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La prova era: in un ambiente comune ad un’ora inappropriata percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?
Una delle possibili conclusioni di questa esperienza potrebbe essere:
Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo.
@ claudio
Non è un caso che siano stati i bambini quelli attenti alla melodia, perché loro decontestualizzano, nel bene e nel male. Altri esperimenti hanno dato esiti simili, dimostrando che l’uomo è un animale che ha necessità di selezionare gli imput in arrivo, quindi usa il “contorno” come filtro primario. Il rischio di perdere qualcosa c’è, e non per nulla i maestri orientali insistono sulla necessità di essere “svegli”. Sono però convinta che l’arte abbia bisogno di essere fruita con alcuni parametri di “contorno” ad essa necessari, primo tra tutti il silenzio, soprattutto nel caso della musica e della poesia. Così come quando ci poniamo in ascolto profondo ed autentico di qualcuno.
A presto, Es.
@ sonia
Davvero strideva solo il linguaggio? Comunque una preghiera laica e delicata come quella di Eugenio Finardi ha confermato, almeno a me, l’esistenza di qualche elemento “extraterrestre”…
Un abbraccio, Es.
tutto è diventato business non c’è più niente che valga la pena di percorrere.. pessimismo? no realismo continuiamo a far finta che tutto è ok che sanremo è ok la trasmissione che dovrebbe essere nazional popolare, anche se vista in tutta europa, diventa l’ennesima noia della vita consumistica buon week end a tutti
Nel tuo pezzo da vera critica televisiva colgo questa commistione di vecchio e di nuovo; Sanremo 2012 risulta un tentativo mal riuscito, secondo me, a causa del forzato adattamento ad una manifestazione tradizionale, parte integrante dl un costume tutto italiano, un tempo elegante, fioreggiata (ora la crisi ha colpito anche i fiori – pochi e neppure così belli- ) di elementi del reality show e del talent show, con l’intento di fare anche della satira politica in un’atmosfera pseudoteatrale e/o da cabaret. Il classico è e rimane tale , deve rimanere tale, altrimenti rischia di diventare “stridente”, snaturandosi. Ciò non significa che Sanremo non debba esprimere la contemporaneità ma lo deve fare con eleganza , moderazione e soprattutto con le parole , parole adeguate a presentare l’arte, in ogni caso arte, seppur di effimere canzonette.
E’ il linguaggio che fa scadere la manifestazione. Lo sproloquio non è un bel modo per presentare uno spettacolo canoro in uno scenario così ameno di mare e di fiori che esige , anzi pretende, rispetto ed eleganza.Dire che Sanremo va bene così perchè aggiornatao , sarebbe come confermare che va bene il cattivo gusto, la scemenza, la superficalità, salvaguardando in ogni caso un tocco di comicità e di ironia.
E comunque tra qualche giorno le ariette delle canzoni accompagneranno i primi respiri della primavera.
Ciao Es, il tuo post è degno di una testata giornalistica.
ciao sonia.
sono d’accordo al 1000 per 1000 con te, ma non credo che la mancanza di fiori e quant’altro sia attribuito alla crisi, io penso che la volgarità e il pessimo gusto su tutte le trasmissioni televisive tranne qualche eccellenti come tv talk, piero e figlio Angela, e qualche divertente intervista di David Letterman il resto sono viste proprio per le volgarità ma cosa succede allora ??
buon WE a tutti
Cari Es e Claudio, avete ragione. Bellissima la storia vera che ha raccontato Claudio.Penso seriamente che la vera arte necessiti di un contorno adeguato, ma sono anche convinta che non tutti siano in grado di “auscultare ” e di cogliere la bellezza. Solo gli eletti riescono , quegli esseri che lasciano agire il loro “fanciullino”, quella parte infantile che rimane in ogni uomo, ma che i più ricoprono con strati e strati di sovrastrutture e di condizionamenti. Lasciamo vivere il bambino che è in noi per scoprire la meraviglia della vita e delle sue più alte manifestazioni.
Ho avuto modo di seguire la puntata conclusiva del Festival, che pare un pò più in riga delle precedenti. Forse i protagonisti, rivedendosi, si sono resi conto del cattivo gusto.Comunque rimane valido quanto detto, caro Claudio.
Buona domenica.
Il tiro peggiore che la fortuna possa giocare ad un uomo di spirito è metterlo alle dipendenze di uno sciocco.
Valutazioni mie di inizio settimana buona vita a tutti.
il pensare divide, il sentire unisce…
se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto e di essere capace di fare tutto,non potrai sbagliare,costui è un imbecille (confucio)
Belle le tue parole, caro Claudio, che condivido in pieno .Oggi infatti siamo circondati da presunzione, assai negativa, mentre la parte vera dell’uomo è quella infantile, umile, capace di “sentire” gli altri e di entrare all’unisono con l’umanità, quella “humanitas” tanto evocata dagli antichi.
Buona vita anche a te .