“Poi la temperatura comincia a calare. A un certo punto la superficie del mare raggiunge 1,8 gradi Celsius sotto zero e si formano i primi cristalli, una membrana di breve durata che il vento e le onde rompono in ghiaccio frazil, che si trasforma poi nella saponosa poltiglia chiamata grease ice; questa a poco a poco forma lastroni che galleggiano liberamente, il pancake ice, quello che in una fredda domenica a mezzogiorno si congela trasformandosi in un unico strato compatto.“
Peter Høeg, da “Il senso di Smilla per la neve”.
Quasi quasi fa voglia di farci un salto a vederla!
Mi ricorda quand’ero piccolo, che allagavano un campo per poi lasciarlo ghiacciare, quanto era divertente poi andarci con lo slittino, anche se era uno slittino molto rudimentale, ma allora ci si divertiva con molto poco.
Anzi, dalle situazioni che oggi creano difficoltà e preoccupazioni, spesso si trovava il lato positivo, ma forse lo fanno anche i bambini d’oggi!
Ciao Ester, un abbraccio, il treno prosegue sempre!
Cara Es, sono contenta che non hai abbandonato il tema del “freddo”,proponendoci questo gelido post. Sai , mi sono crogiolata nelle parole e nelle immagini che hai proposto in questi frangenti sulla neve , apprezzando molto l’esortazione di assaporare con calma i lenti ritmi della natura, facendoli nostri, a passi lievi e attenti …alle scivolate! ( Ampiamente sperimentata)
Bellissima descrizione di questo fenomeno atmosferico così poco frequente in Italia.
Un saluto
Lucia