BURAN: termine di origine russa, indica un vento di aria fredda, spesso molto forte, caratteristico delle steppe della pianura sarmatica, ad ovest degli Urali. Spesso è accompagnato da bufere di neve congelata durante la quale i fiocchi caduti a terra vengono sollevati di nuovo e, mescolandosi alla neve che cade, azzerano quasi la visibilità. Il buran raramente giunge fino a latitudini più basse, come in questi giorni in Italia, causando crolli termici consistenti e improvvisi. Temperature in caduta libera stanno infatti congelando l’intero “Stivale”, già imbiancato per l’abbondante neve degli ultimi giorni.
La radice indoeuropea originaria della parola buran è bhaur, che ha il significato di “ruggire, infuriarsi”, da cui derivano anche le parole italiane borea, il vento freddo di tramontana, bora, il vento impetuoso di nord-est che soprattutto in inverno sferza il golfo di Trieste, burrasca, la tempesta marina, buriana, il temporale breve e violento ma anche lo scoppio improvviso di rabbia.
Ma che freddo fa!
Grazie Es per questi ragguagli lessicali. Davvero interessante e “congelante” l’origine del vocabolo Buran .
Stamane è stata un’impresa raggiungere la “sede di servizio” (immagino la tua!): un paesaggio siberiano davanti agli occhi , la neve ha avuto il potere di trasformare gli edifici più fatiscenti in monumenti di panna montata , in candide torri di ghiaccio , le strade sono piste adatte alle slitte e alle renne!
Qualche sparuto pedone affronta con difficoltà marciapiedi nascosti da cumuli di fiocchi ,rischiando di slittare a capofitto laggiù nel bianco…sempre più bianco….come in Siberia. Comprendo davanti a questo scenario il significato del sublime!
Sul treno quando c’è questo freddo è dura davvero….. nei prossimi giorni sarà ancora peggio.
Ciao
@ Raffaele
Ti ho pensato, caro Raffaele, perché i treni risentono particolarmente di questo freddo. E tanto più chi viaggia e soprattutto chi li guida.
Un abbraccio, Ester.
@ luciabaciocchi
Sempre carina nei tuoi commenti! Grazie, Lucia!
A presto, Es.
@ marisamoles
Anch’io ho pattinato sulle rotelle e non sul ghiaccio! Quante affinità, cara Marisa!
Da triestina doc amerai il nostro Claudio Magris che tante e belle pagine ha scritto su Trieste…
A presto, Es.
Anche oggi leggendo queste righe ho avuto la mia lezione d’italiano, l’etimologia delle parole mi ha sempre incuriosito, grazie per le spiegazioni.
Passerà anche questa buriana, un saluto!
Lucia
Io, da triestina, non ho mai amato la bora. Specialmente quando nevica e poi magari ghiaccia e la strada si trasforma in una pista da pattinaggio. Io, però, ho imparato a pattinare sulle rotelle non sul ghiaccio !
Conosco Claudio Magris e lo vedo qualche volta al mare d’estate (frequentiamo lo stesso stabilimento). Ma, ahimè, trovo la sua scrittura un po’ pesante … insomma, non lo annovero tra i miei autori preferiti.
Quanto al pattinaggio, ricordo ancora, con dolore, le ginocchia e i gomiti sbucciati. Ma era bellissimo, io poi che ero una ballerina, provavo passi di danza, pur non avendo studiato pattinaggio artistico, a costo di fare dei capitomboli indimenticabili. Infatti, non li ho dimenticati.
C’è chi dice che sul ghiaccio sia più facile ma io non ho mai provato così come non ho mai voluto imparare a sciare con sommo dispiacere di mio marito che, per amor mio, ha smesso. Ora non smetterebbe mai di giocare a biliardo per amor mio … 🙂
Ma è per amor tuo che tuo marito continua a giocare a biliardo! Pensa a quanto immaginario collettivo femminile si addensa intorno al tappeto verde… E come dimenticare il film “Io, Chiara e lo Scuro” in cui un ottimo Francesco Nuti, il “Toscano”, sfida la sua ossessione, lo “Scuro”, pur scoprendo essere Chiara la sua vera scommessa per la vita? E poi certi colpi di sponda effettuati al biliardo sembrano pensati da un calcolatore elettronico. Mi torna in mente il periodo liceale, in cui accadeva a noi fanciulle di accompagnare i nostri compagni per sostenerli nelle loro sfide al biliardo.
A presto, Es.