Chissà se Francesco Schettino (non riesco proprio a chiamarlo “comandante”, perché mi sembra che nel comando abbia difettato) ha mai letto del capitano Achab o del capitano Nemo. Temo di no, perché altrimenti saprebbe che certi lavori non sono semplici lavori, ma sono delle missions, a volte anche impossible. Magari durante un’intera carriera non succede mai, ma se avviene la “chiamata” un comandante di nave è colui che, lo sanno anche i bambini, per ultimo lascia la nave. E non perché lo prescriva la legge, bensì perché se lo sente prescritto dentro, e non può fare altrimenti.
Ecco perché penso che Francesco Schettino non abbia letto né “Moby Dick” né “Ventimila leghe sotto i mari”. Perché altrimenti saprebbe che autentico eroe non è colui che compie una manovra azzardata davanti a tutti, come arrivare a 150 metri (!) dalla costa per fare “l’inchino” all’Isola del Giglio, ma colui che la compie in assenza di pubblico e battimani. Come quel capo commissario di bordo, Manrico Giampedroni, che dopo aver posto in sicurezza diversi passeggeri, a corridoi già vuoti ha continuato a controllare le cabine. Fermandosi solo quando purtroppo è stata la sua gamba a rompersi, rischiando così la sua stessa vita.